Come sempre l’Osservatorio Congiunturale della Camera di Commercio comasca, relativo al primo semestre 2023, porta un’enorme mole di dati. Tra questi ne evidenziamo prima di tutto uno poiché riguarda oltre la metà delle imprese lariane. E’ il presidente di Confindustria, Gianluca Brenna, a sottolineare in un passaggio del discorso introduttivo come: “Sul lato occupazionale, la propensione all’espansione di gran parte delle imprese si trova a dover fare i conti con la difficoltà nel reperimento di nuovi collaboratori riscontrato da oltre la metà delle aziende. In questo senso, l’impegno di Confindustria Como sarà, nei prossimi mesi e anni, sempre più forte per favorire un efficace orientamento dei giovani e supportare una formazione, anche di alto profilo, professionalizzante che riesca a diminuire l’eccessivo mismatch che rappresenta la vera emergenza di questi anni”. Tema che peraltro investe anche altri segmenti del tessuto economico, come commercio e ristorazione. Tornando all’industria, vediamo il dettaglio:
OCCUPAZIONE
Lo scenario occupazionale delle imprese di Lecco, Sondrio e Como evidenzia, per i primi sei mesi del 2023, una generale tendenza al mantenimento dei livelli, così come confermato da oltre sette realtà su dieci (70,8%). In caso di variazione, le indicazioni di aumento (19,9%) sono risultate più diffuse rispetto a quelle di diminuzione (9,3%). Oltre una realtà su due (55,2%) ha segnalato di affrontare difficoltà nel reperire sul mercato personale con competenze specifiche e necessarie per le attività aziendali. Le previsioni per il secondo semestre confermano sostanzialmente il permanere del quadro delineato per la prima parte dell’anno: per circa due imprese su tre (65%) è attesa stabilità, per il 22,6% i livelli occupazionali dovrebbero espandersi e, infine, per il rimanente 12,4% le aspettative sono di diminuzione.
IL DISCORSO INTEGRALE DEL PRESIDENTE BRENNA
“Il confronto del primo semestre di quest’anno rispetto alla seconda parte del 2022 fa emergere una dinamica leggermente favorevole, seppur di entità contenuta, con un piccolo miglioramento nei principali indicatori in termini di ordini, produzione e vendite. In confronto, però, allo stesso periodo dell’anno precedente si riscontra un segno negativo rispetto, in particolare, a domanda e fatturato. Sottesi a questa fotografia in chiaroscuro permangono alcuni punti critici a partire dalla contrazione dei margini di profitto, causata dai maggiori costi operativi, e dall’incremento dei costi dell’accesso al credito, generati dall’innalzamento dei tassi di interesse. Sul lato occupazionale, la propensione all’espansione di gran parte delle imprese si trova a dover fare i conti con la difficoltà nel reperimento di nuovi collaboratori riscontrato da oltre la metà delle aziende. In questo senso, l’impegno di Confindustria Como sarà, nei prossimi mesi e anni, sempre più forte per favorire un efficace orientamento dei giovani e supportare una formazione, anche di alto profilo, professionalizzante che riesca a diminuire l’eccessivo mismatch che rappresenta la vera emergenza di questi anni”.
L’ANALISI COMPLETA – I dati delle aziende di Como
I primi sei mesi del 2023 evidenziano, per le imprese di Como, uno scenario differenziato in base all’orizzonte temporale di analisi considerato, in sostanziale coerenza con quanto esaminato per il campione dei tre territori globalmente considerato: il confronto congiunturale indica variazioni positive per i tre indicatori associai ordini, produzione e vendite mentre le dinamiche tendenziali sono in rallentamento per domanda e fatturato. Da segnalare che, in tutti i casi, le variazioni assumono entità contenute. Il confronto con i primi sei mesi del 2022 rivela una diminuzione per la domanda e fatturato (rispettivamente -3,2% e -0,6%) mentre l’attività produttiva è in crescita (+2,1%). Il raffronto congiunturale con il semestre luglio-dicembre 2022, periodo per il quale domanda e fatturato erano risultati pressoché stabili mentre la produzione aveva registrato +1,2% rispetto ai sei mesi precedenti, evidenzia invece un incremento medio pari al +2,1% per i tre indicatori.
La capacità produttiva mediamente impiegata tra gennaio e giugno 2023 dalle realtà comasche si attesta al 68,8%. All’interno del campione sono riscontrabili differenze che assumono entità limitate nel caso della dimensione, le realtà con oltre 50 occupati indicano in media un tasso di utilizzo degli impianti (66,4%) inferiore a quello comunicato dalle imprese più piccole (69,7%), mentre sono più accentuate rispetto al comparto di attività considerato; nel dettaglio le realtà metalmeccaniche rivelano un impiego medio pari al 73,8%, le tessili del 70,5% ed infine quelle degli altri settori del 63,9%. La produzione non realizzata internamente ma gestita tramite il ricorso a pratiche di subfornitura determina un contributo del 2,5% che si aggiunge all’attività interna. Nella scelta dei partner a cui riferirsi per l’outsourcing le imprese di Como indicano di preferire soggetti italiani (2,1%) rispetto a quelli esteri (0,4%).
Sul fronte delle previsioni è rilevabile un elemento di distinzione rispetto a quanto esaminato per il campione delle aziende dei tre territori globalmente considerato.
Mentre a livello generale le aspettative non confermano la fiducia sulla continuità della fase di espansione, seppur modesta, riscontrata a livello congiunturale per la prima metà del 2023, le ipotesi formulate dalle aziende comasche indicano una diminuzione per la domanda (-1,6%), una sostanziale stabilità per la produzione (0%) mentre un lieve incremento per il fatturato (+1,4%).
A livello generale sulle aspettative influiscono anche l’ancora elevata inflazione, i tassi di interesse che continuano ad essere alti, il permanere delle distorsioni sul mercato anche dovute alle tensioni dello scontro armato tra Russia e Ucraina e alle conseguenti sanzioni internazionali, nonché il rallentamento dell’economia internazionale che negli ultimi mesi ha già determinato effetti sull’export nazionale.
La struttura dei mercati serviti dalle aziende comasche conferma, anche per il primo semestre 2023, una forte presenza sui mercati internazionali; il 30,2% del fatturato realizzato dalle imprese del campione nella prima metà dell’anno in corso è infatti determinato attraverso l’export dei prodotti realizzati dalle realtà del territorio.
Gli stati dell’Europa Occidentale rappresentano la principale area di destinazione delle merci al di fuori dell’Italia e assorbono una quota pari al 15,7% delle vendite complessive del campione.
Ulteriori mercati di particolare interesse per le aziende di Como sono rappresentati dagli Stati Uniti (3,4%), dall’Europa dell’Est (3,2%), dai BRICS (1,9%), dall’Asia Occidentale (1,4%) e dall’America Centro-Meridionale (0,8%). La quota di fatturato assorbito dai clienti domestici è pari al 69,8% mentre nei restanti paesi del mondo non precedentemente citati è determinato complessivamente il rimanente 3,7%.
Secondo i giudizi formulati dalle imprese comasche riguardo l’andamento delle vendite nella seconda parte del primo semestre, in particolare tra aprile e giugno 2023, è delineabile un quadro principalmente orientato alla stabilità; come visto per il campione dei tre territori a livello congiunto, in caso di variazione le indicazioni di diminuzione incidono maggiormente rispetto a quelle di diminuzione, sia a livello domestico, sia per l’export. Il fatturato in Italia è considerato stabile da oltre due realtà su cinque (40,8%), è in aumento per il 21,8% mentre in diminuzione per il 37,4%.
Le vendite oltre confine sono giudicate invece in mantenimento per il 55,2% del campione, in riduzione per il 27,0% e in espansione per il restante 17,8%.
Coerentemente con quanto rilevato per il campione delle aziende dei tre territori riguardo all’approvvigionamento delle materie prime e alle criticità esistenti lungo le catene di fornitura, si riscontra, anche per le aziende di Como, il permanere delle problematiche ma altresì una minor impatto negativo delle stesse sulle imprese. Per quanto concerne i costi di acquisto delle commodities necessarie all’attività delle aziende, tra gennaio e marzo 2023 l’apprezzamento dei listini ha riguardato il 26,6% del campione mentre nei tre mesi successivi, tra aprile e giugno, la quota di soggetti che ha indicato un maggior costo si è attestata al 23%; nel secondo semestre 2022 le quote di imprese che avevano dovuto far fronte ad aumenti del listini dei propri fornitori si erano attestata al 60,2% tra luglio e settembre e al 49,4% tra ottobre e dicembre. Interessante notare inoltre che, sempre riferendosi al primo semestre 2023, la quota di aziende che ha comunicato diminuzioni dei costi di acquisto si è attestata al 26,5% tra gennaio e marzo e al 28% tra aprile e giugno.
Sul fronte delle problematiche inerenti le catene di fornitura, il 27,4% delle imprese comasche aderenti all’Osservatorio ha segnalato nel primo semestre 2023 un’estensione delle tempistiche necessarie ad ottenere le merci (era il 54,5% nella seconda metà del 2022), il 15,5% ha indicato di aver ricevuto quantità di beni inferiori ai fabbisogni (il 37,5% in precedenza) ed infine il 16,7% ha comunicato di aver riscontrato un peggioramento della qualità delle forniture (il 18,6% tra luglio e dicembre 2022).
I fattori fin qui elencati hanno determinato effetti sulle imprese comasche aderenti alle rilevazioni: il 7% delle realtà ha dovuto limitare parte dell’attività aziendale, il 16,4% è stato costretto a riorganizzare il lavoro e/o l’attività produttiva, il 46,2% ha segnalato marcati impatti sui costi di produzione mentre quasi tre realtà su cinque (59,5%) hanno indicato una contrazione dei propri margini di profitto.
Nonostante le problematiche ancora presenti, le imprese comasche hanno confermato di essere attive, nella prima metà dell’anno, su progetti e investimenti. Circa un’azienda su due ha segnalato di aver realizzato o di stare realizzando interventi legati alla sostenibilità ambientale (48,9% del campione) e risparmio energetico (51,1%). Le iniziative in ambito innovazione hanno riguardato la digitalizzazione per circa sei realtà su dieci (58,5%), la ricerca e sviluppo per il 51,7%. Alle precedenti si sono aggiunti inoltre investimenti per la patrimonializzazione delle aziende tramite l’acquisto di capannoni, impianti e macchinari, ecc. per il 51,1% nonché interventi per l’internazionalizzazione (27,0%).
Con riferimento ai rapporti tra le imprese di Como e gli Istituti di credito i primi sei mesi del 2023 hanno delineato un quadro di peggioramento dei giudizi riguardanti le condizioni praticate, in sostanziale continuità con quanto era stato rilevato nella precedente edizione dell’Osservatorio. Oltre una realtà su tre (35,6%) ha indicato un aggravio delle spese e delle commissioni bancarie, delle garanzie e dei tassi, il 64,4% ha comunicato stabilità mentre non sono state rilevate segnalazioni di miglioramento. Per quanto riguarda la disponibilità degli Istituti ad espandere le linee di credito esistenti o ad attivarne di nuove, la situazione è stata valutata nella norma per oltre quattro realtà su cinque (84,2%), in miglioramento per il 7,5% mentre in peggioramento per il restante 8,3%. Esaminando i pareri espressi riguardo la propria liquidità aziendale, il 71,3% del campione ha indicato un quadro nella norma, oltre una realtà su cinque (21,3%) ha rivelato di ritenersi soddisfatta mentre il rimanente 7,4% ha giudicato la propria situazione come migliorabile.
I primi sei mesi del 2023 sono risultati caratterizzati, sul versante dell’occupazione, da una generale tenuta dei livelli, così come comunicato da quasi otto realtà su dieci (78,9%). Nei casi di variazione, le indicazioni di aumento (15,1%) sono risultate più diffuse di quelle di diminuzione (6%). Al pari di quanto esaminato per il campione dei tre territori complessivamente considerato, oltre un’azienda comasca su due (54,1%) tra quelle aderenti all’Osservatorio ha segnalato la difficoltà di reperire sul mercato personale con esperienza necessaria ai fabbisogni aziendali.
Le aspettative occupazionali per la seconda metà dell’anno confermano sostanzialmente il quadro tracciato per il semestre gennaio-giugno; per circa due realtà su tre (65,4%) le attese riguardano la stabilità, per il 25,0% l’espansione mentre per il rimanente 9,6% la riduzione.
I DATI CONGIUNTI DELLE TRE PROVINCE
I dati dell’Osservatorio Congiunturale realizzato dai Centro Studi di Confindustria Lecco e Sondrio e Confindustria Como per i primi sei mesi del 2023 tratteggiano, per gli indicatori associati a domanda, produzione e fatturato, uno scenario caratterizzato da un incremento congiunturale a fronte di una lieve diminuzione tendenziale.
Rispetto allo scorso semestre luglio-dicembre i tre indicatori registrano in media una variazione del +2,5%; nel confronto risulta maggiormente favorita la domanda (+4,8%) rispetto ad attività produttiva e fatturato (rispettivamente +0,8% e +1,9%). Il dato tendenziale misurato attraverso il raffronto con i livelli della prima metà del 2022 si attesta invece mediamente al -1,5%.
Le previsioni per il semestre luglio-dicembre 2023 risultano in lieve rallentamento, con una variazione media attesa che si attesta al -1,6%.
Il tasso di utilizzo degli impianti produttivi delle imprese dei tre territori tra gennaio e giugno 2023 si attesta in media al 77,7%, dato superiore rispetto a quanto esaminato per la precedente edizione dell’Osservatorio (72,8%). Tra le realtà del campione sono riscontrabili differenze rispetto all’impiego della capacità produttiva: le imprese fino a 50 occupati rivelano, in media, un utilizzo maggiore (80,7%) rispetto a quanto comunicato dalle aziende di medie dimensioni (71,9%). Con riferimento ai comparti di attività, si registra invece un tasso medio del 82,3% per le aziende metalmeccaniche, del 74,4% per quelle tessili mentre si attesta al 71,8% il dato per le realtà di tutti gli altri settori.
Il contributo dell’attività non realizzata direttamente dalle imprese lecchesi, sondriesi e comasche ma affidato a pratiche di outsourcing è pari a circa quattro punti percentuali (3,8%); la subfornitura coinvolge prevalentemente soggetti italiani (3%) e, in misura minore, partner esteri (0,8%). Circa un terzo (31,5%) del fatturato realizzato dalle imprese del campione è legato a clienti oltre i confini nazionali, a conferma della forte vocazione internazionale che caratterizza le realtà dei tre territori, apprezzate per il proprio know-how e l’elevata qualità delle produzioni e dei servizi offerti. L’export supera ampiamente la metà del fatturato nel caso delle imprese di medie dimensioni (54,8%) mentre incide per una quota pari a circa un quinto (19,5%) nel caso delle realtà fino a 50 occupati. Il principale mercato di riferimento al di fuori dell’Italia è rappresentato dall’Europa Occidentale, area che assorbe circa la metà dell’export e una quota pari al 15,9% delle vendite complessive.
Ulteriori zone di interesse per le imprese lecchesi, sondriesi e comasche sono gli Stati Uniti (3,3%), l’Est Europa (2,9%), i BRICS (2,2%), l’Asia Occidentale (1,9%) e l’America Centro-Meridionale (1,5%). I pareri qualitativi riguardo all’andamento del fatturato nella seconda metà del semestre, in particolare tra aprile e giugno 2023, delineano un quadro in cui risulta prevalente la stabilità; in caso di variazione, tuttavia, si rileva una maggior incidenza dei giudizi di diminuzione rispetto a quelli di aumento, sia per quanto riguarda le vendite in Italia, sia per l’export. Esaminando nel dettaglio, il fatturato domestico risulta in mantenimento per il 38,7% del campione, in diminuzione per il 37,2% e in aumento per il 24,1%. Le esportazioni sono considerate invece stabili per una realtà su due (49,9%), in diminuzione per il 32,7% e in crescita per il rimanente 17,4%. La prima metà del 2023 mostra sul versante dell’approvvigionamento delle materie prime alcune dinamiche di miglioramento rispetto a quanto esaminato per i precedenti semestri, nonostante per il campione generale sia confermata la presenza di criticità.
Per quanto riguarda i costi di acquisto, tra gennaio e marzo sono stati indicati aumenti per il 24,4% del campione, mentre tra aprile e giugno la quota di soggetti che ha registrato un apprezzamento dei listini dei fornitori è stata pari al 16,5% (nel precedente Osservatorio le quote di aumento si erano attestate al 63,9% tra luglio e settembre 2022 e al 49,7% tra ottobre e dicembre 2022). Per gli stessi periodi sono state registrate invece segnalazioni di diminuzione dei prezzi rispettivamente dal 32,4% (gennaio -marzo) e dal 36,9% (aprile-giugno).
Anche rispetto alle inefficienze lungo le catene di fornitura sono state rilevate incidenze inferiori a quanto esaminato per il precedente Osservatorio: il 28,2% delle imprese ha indicato un allungamento dei tempi necessari ad ottenere le merci (era il 54,2% per il semestre luglio-dicembre 2022), il 15,3% ha segnalato di aver ricevuto quantitativi di merci inferiori a quanto ordinato (era il 33,8% in precedenza) e, infine, il 14,8% ha indicato un peggioramento della qualità delle materie prime e dei materiali approvvigionati (era il 14,9% in precedenza).
Gli elementi fin qui esaminati hanno determinato una limitazione dell’attività aziendale per circa una realtà su dieci (9,5%), la necessità di riorganizzare parte del lavoro e dell’attività produttiva per il 23,4% del campione, impatti significativi sui costi di produzione per oltre due realtà su cinque (44,8%) e una contrazione dei margini di profitto per il 63,9%.
I giudizi espressi dalle imprese lecchesi, sondriesi e comasche riguardo i rapporti con gli Istituti di credito indicano un peggioramento delle condizioni praticate in termini di spese e commissioni bancarie, richiesta di garanzie e tassi per il 47,1% a fronte della stabilità indicata dal restante 52,9% del campione.
Con riferimento alla disponibilità delle banche a concedere credito tramite l’attivazione di nuove linee di credito, o l’espansione di quelle esistenti, il 13,3% delle aziende del campione segnala una minor propensione ad esaudire le richieste, l’81% non indica variazioni e il restante 5,7% comunica una maggior disponibilità. Per quanto attiene il giudizio espresso riguardo la liquidità aziendale, il 62,9% delle imprese segnala un quadro nella norma, il 26,3% indica di ritenersi soddisfatto e il rimanente 10,8% considera la propria situazione come migliorabile. Nei primi sei mesi del 2023 l’occupazione delle imprese di Lecco, Sondrio e Como risulta principalmente caratterizzata da una conservazione dei livelli, così come indicato dal 70,8% del campione. In caso di variazioni, le realtà aderenti all’Osservatorio hanno segnalato prevalentemente una crescita (19,9%) a fronte della diminuzione (9,3%). Da segnalare che il 55,2% delle imprese comunica una difficoltà ad individuare sul mercato del lavoro personale con competenze necessarie per rispondere alle esigenze aziendali. Le aspettative occupazionali per la seconda parte del 2023 confermano sostanzialmente il quadro delineato per il primo semestre: nel 65% dei casi è ipotizzata la stabilità, nel 22,6% i livelli sono previsti in crescita e nel restante 12,4% è attesa una diminuzione.
TRANSIZIONE GREEN, SOSTENIBILITA’ D’IMPRESA E INVESTIMENTI
Tra gennaio e giugno 2023 le aziende aderenti all’Osservatorio sono risultate attive su progetti di sviluppo e investimenti che hanno riguardato la sostenibilità ambientale (47% del campione), il risparmio energetico (58,2%), la ricerca e sviluppo (48,1%), le tecnologie per la digitalizzazione (55,2%), il capitale fisico (57,6%) e iniziative di internazionalizzazione (20,8%).
DOMANDA
L’indicatore associato agli ordini rivela per le imprese dei tre territori una diminuzione sul confronto tendenziale a fronte di un incremento nel raffronto congiunturale. L’analisi con i livelli dei primi sei mesi del 2022 evidenzia una variazione del -2,5%. Il dato misurato rispetto a quanto registrato nel semestre luglio-dicembre 2022, periodo per il quale era stata riscontrata una diminuzione di circa due punti percentuali (-1,7%) rispetto ai precedenti sei mesi, si attesta invece al +4,8%, confermando al rialzo le previsioni formulate in occasione dello scorso Osservatorio (+3,2%). Per la seconda metà del 2023 le realtà del campione indicano di attendere una diminuzione, seppur lieve, della domanda (-2,3%).
PRODUZIONE
L’attività produttiva delle imprese lecchesi, sondriesi e comasche evidenza dinamiche in linea con quanto esaminato per la domanda, rivelando entità contenute in aumento a livello congiunturale e in calo a livello tendenziale. Il confronto con il corrispondente semestre 2022 indica una diminuzione che sia attesta in media a circa un punto e mezzo percentuale (-1,3%). La variazione congiunturale misurata rispetto alla seconda metà del 2022, quando la produzione era calata del -1,2% sui livelli di gennaio-giugno 2022, si attesta invece al +0,8%, al di sotto delle previsioni formulate in occasione della precedente edizione dell’Osservatorio (+3,0%). Anche in questo caso, le aspettative per l’andamento dell’attività nella seconda metà dell’anno in corso sono negative, seppur con entità di diminuzione contenuta (-1,7%). La capacità produttiva mediamente impiegata dalle aziende del campione tra gennaio e giugno 2023 si attesta al 77,7%, rivelando un incremento di circa cinque punti percentuali rispetto a quanto registrato per la seconda metà del 2022 (72,8%). Rispetto al precedente semestre, risulta per contro in diminuzione la quota di produzione realizzata tramite il ricorso alla subfornitura che determina un contributo del 3,8% all’attività totale (era il 7% tra luglio e dicembre 2022).
Nella scelta dei soggetti ai quali affidare l’outsourcing produttivo le imprese di Lecco, Sondrio e Como rivelano di preferire soggetti italiani (3%), mentre il coinvolgimento di realtà estere è più limitato (0,8%). All’interno del campione sono individuabili alcune differenze riguardo l’utilizzo degli impianti, sia distinguendo le aziende sulla base della dimensione, sia in relazione all’attività realizzata. Le imprese fino a 50 occupati rivelano un tasso di impiego (80,7%) superiore a quanto esaminato per le imprese medie (71,9%). Con riferimento ai comparti di attività, la capacità produttiva risulta decrescente passando da realtà metalmeccaniche (82,3%), tessili (74,4%) e degli altri settori (71,8%).
FATTURATO
Sul fronte delle vendite imprese indicano evoluzioni coerenti con quelle rilevate per la domanda e la produzione; seppur con entità limitate. Si registrano infatti una decelerazione tendenziale a fronte di un incremento congiunturale. Il confronto con il semestre gennaio-giugno 2022 evidenzia una variazione del -0,8%. Il fatturato aumenta invece di circa due punti percentuali (+1,9%) rispetto ai livelli del semestre luglio-dicembre 2022, periodo per il quale era stata rilevata una variazione del -0,7% sui precedenti sei mesi; il dato congiunturale, seppur positivo, soddisfa solo in parte le previsioni formulate in occasione della scorsa edizione dell’Osservatorio (+3,8%).
Per la seconda metà del 2023 è attesa una lieve contrazione delle vendite. Le realtà del campione indicano infatti di attendere mediamente una variazione del -0,7%. I giudizi formulati dalle aziende rispetto all’evoluzione delle vendite nella seconda parte del semestre, nello specifico nel trimestre aprile-giugno 2023, delineano un quadro nel quale, a fianco della prevalente indicazione di stabilità, si evince una maggior incidenza di pareri di riduzione rispetto a quelli di aumento con un quadro che vale sia per il mercato domestico, sia per l’export. Esaminando nel dettaglio, il fatturato in Italia è considerato in mantenimento sui livelli dei precedenti mesi dal 38,7% delle imprese, in contrazione dal 37,2% e in aumento dal rimanente 24,1%. Le esportazioni sono ritenute invariate da una realtà su due (49,9%), in riduzione dal 32,7% e in espansione dal restante 17,4%.
L’elevata presenza delle imprese aderenti all’Osservatorio sui mercati internazionali si conferma uno dei principali fattori di successo del tessuto imprenditoriale dei tre territori. Tra gennaio e giugno 2023 la quota di fatturato realizzato al di fuori dell’Italia risulta poco al di sotto di un terzo (31,5%) del totale. Oltre la metà dell’export, pari ad una quota del 15,9% delle vendite complessive, è generato in Europa Occidentale, area che continua a detenere il primo posto nella classifica dei mercati serviti. Seguono per importanza gli scambi diretti verso gli Stati Uniti (3,3% del fatturato), l’Europa dell’Est (2,9%), i BRICS (2,2%), l’Asia Occidentale (1,9%) e l’America Centro-Meridionale (1,5%). A livello domestico è generato il 68,5% delle vendite complessive.
MATERIE PRIME
Le criticità ampiamente esaminate nel corso delle precedenti edizioni dell’Osservatorio Congiunturale riguardo l’approvvigionamento delle materie prime e le condizioni di fornitura sono rilevabili anche per i primi sei mesi del 2023. Tuttavia, rispetto alla seconda metà del 2022 è riscontrabile una minor diffusione degli effetti sulle imprese dei tre territori. Riferendosi alle dinamiche dei prezzi, tra gennaio e marzo circa una realtà su quattro (24,4%) ha registrato un incremento dei listini dei fornitori, mentre nei successivi tre mesi, tra aprile e giugno, la quota di realtà che ha sostenuto maggiori costi per l’approvvigionamento delle materie prime necessarie è stata pari al 16,5%. Nella precedente edizione dell’Osservatorio le percentuali indicanti l’aumento dei listini di acquisto si erano invece attestate al 63,9% tra luglio e settembre 2022 e al 49,7% tra ottobre e dicembre 2022.
Per quanto riguarda le distorsioni esistenti lungo le catene di fornitura, l’estensione dei tempi di consegna per ottenere le merci è stata segnalata dal 28,2% (era il 54,2% nella seconda metà del 2022), la minor disponibilità di materiale sul mercato rispetto a quanto effettivamente richiesto e necessario per l’attività è stata indicata dal 15,3% (33,8% nella precedente edizione dell’Osservatorio), mentre il peggioramento della qualità delle forniture ha riguardato il 14,8% (pressoché stabile rispetto al 14,9% registrato in precedenza). La combinazione tra le criticità sopra citate e i prezzi legati all’energia elettrica e al gas, fortunatamente inferiori ai picchi dello scorso agosto 2022 ma ancora elevati rispetto alle media antecedente il 2021, ha continuato a determinare difficoltà di gestione dell’attività per alcune imprese. Quasi due realtà su tre (63,9%) hanno indicato una contrazione della propria marginalità, il 44,8% ha segnalato significativi impatti sui costi di produzione, il 23,4% ha comunicato di aver effettuato riorganizzazioni del lavoro e dell’attività produttiva mentre circa una realtà su dieci (9,5%) ha evidenziato una limitazione di parte dell’attività aziendale.
3 Commenti
Il problema sono gli stipendi fermi da 20 anni.
Per quale motivo un giovane deve lavorare nelle vostre aziende per il favoloso stipendio di 700 euro al mese?
Per quale motivo un lavoratore formato deve lavorare per 1500 _ 1700 euro al mese ? Meglio che facciano altro
Dott. Brenna, p,f, mi dica dove cercano che mando mio figlio-
Il problema non è la mancanza di lavoratori o la voglia di lavorare. Il problema è il sempre maggiore gap di competenze tra domanda e offerta di lavoro. Le imprese puntano sempre di più alla qualificazione professionale per stare al passo dell’innovazione mentre molti lavoratori sono totalmente sprovvisti di qualificazioni utili al mondo del lavoro. Un interessantissimo studio del Centro Studi di Assolombarda (maggio 2023) ha stimato in Lombardia nel 2022 la presenza di NEET (giovani che non studiano, non lavorano e non svolgono corsi di formazione) nel 12% della popolazione tra i 15-24anni. Anche se il dato è in diminuzione rispetto al 2021, rispetto alle zone industriali di Catalogna (Spagna) e Baden (Germania) il dato è molto più alto. Inoltre, se si dividono i NEET tra quelli che cercano lavoro (attivi) da quelli che non cercano lavoro (inattivi) il dato è ancora più preoccupante: i primi sono il 4,1% i secondi sono quasi il doppio, il 7,9%. In altri termini rinunciano a cercarsi un’occupazione stabile e soprattutto a imparare un mestiere.
Il problema è la sempre più debole formazione professionale che dovrebbe accompagnare i giovani nel mondo del lavoro. È un problema annoso, causato anche dalle diverse riforme della scuola che hanno ridotto il peso degli istituti tecnici e professionali rispetto ai licei, ma causato soprattutto da una sistematica disattenzione che la Regione Lombardia, che ha la delega sulla formazione professionale, ha di questo problema.