Lei – fedele a una certa eleganza innata – il nome non l’ha fatto, presumibilmente per pura delicatezza; di certo non per paura o chissà quale timore. Eppure, si tengano forti i deboli di cuore politico, quel nome è aleggiato. Per qualche istante è stato tangibile. E quel nome era Fulvio Caradonna, nientemeno. Esattamente, lui: l’assessore ai Lavori pubblici per 12 anni filati, oscurato dalla famigerata vicenda del muro sul lungolago.
Fulvio Caradonna. Al quale – la storia, in fondo, sa essere meno crudele della cronaca – si è accennato in termini positivi. Piccolo momento storico: a Palazzo Cernezzi, in una seduta ufficiale, non accadeva dai moti di piazza dell’autunno 2009.
Ma torniamo all’inizio, all’ultimo consiglio comunale di Como.
La discussione verteva sulle barriere architettoniche, ma è stata lei – ora si può dire: Ada Mantovani, della lista “Rapinese Sindaco” – ad allargare il tema. E in particolare a parlare della sparizione, o almeno alla forte riduzione, della figura dell’assessore-umarell. Ovvero del politico, in special modo quello che ha deleghe relative ai cantieri e ai lavori pubblici, che gira fisicamente per seguire scavi, demolizioni e inghippi. E poi, di tanto in tanto, si ferma a parlare (o a prendersi gli improperi) dei cittadini di passaggio.
“Io penso – ha detto Mantovani – che un buon assessore deve lavorare qui (in Comune, ndr). Ma soprattutto sui lavori pubblici, un occhio della persona che segua i cantieri, e ci fu un assessore poi molto criticato al quale si riconobbe sempre che era presente su tutti i cantieri, sarebbe importante. Sarebbe un momento di controllo e di vicinanza rispetto al cantiere e al cittadino che passa e fa una domanda”.
Eccola, la frase: “Ci fu un assessore poi molto criticato al quale si riconobbe sempre che era presente su tutti i cantieri”. Il non-citato-ma evocato Caradonna, l’ex mister lavori pubblici che con qualche grado di ingiustificata ed eccessiva damnatio memoriae si può ancora solo abbozzare, tratteggiare, pubblicare ma “pecettato” sugli occhi, come esempio di assessore presente, percepibile. A meno che, naturalmente, la furia iconoclasta dei tempi andati non voglia ancora negargli quella dote, in un’eterna piazzale Loreto vista lago.
Partendo da quel tacito microtributo, comunque, Mantovani ha allargato la visione: “Forse il grosso problema della politica oggi è che ci si sta allontanando sempre di più da questo contatto importante con i cittadini e con i lavori. So che il lavoro è tanto, che gli impegni sono tanti. Ma oggi è difficile vedere un politico che osserva la sua città. Il contatto con la realtà è fondamentale. Sicuramente l’assessore non può conoscere la parte tecnica di tutto e deve affidarsi agli uffici, è innegabile. Ma io penso che una maggiore presenza, un maggiore presidio per i lavori più importanti anche da parte della parte politica sia fondamentale”.
Chissà, se oltre alla breve evocazione del “Babau Caradonna” con quel riconoscimento politicamente postumo, in quelle parole non vi fosse anche una frecciatina soft proprio all’attuale assessore ai Lavori pubblici, Vincenzo Bella, come noto diviso per lavoro tra Como e l’importante incarico dirigenziale all’Aeroporto di Orio al Serio.
Algido e imperturbabile, Bella ha replicato: “I decreti Bassanini hanno seperato da tempo le competenze: il controllo delle esecuzioni deve essere compito dei dirigenti e dei funzionari. Altra cosa è raccogliere segnalazione dei problemi e verificare che vengano risolti, quello è un mio compito ed è giusto così”.
Chissà come la pensa, oggi, il Babau.
2 Commenti
Comprensibile, ai tempi Mantovani e Caradonna appartenevano alla stessa parte politica.
nessuno si chiede come mai non compare in nessuna inchiesta relativa al lungo lago?