Forse è tardi. Ma in una ribollente provincia di Como (e, pare, in gran parte della base di Forza Italia) spira aria di rivolta e rabbia contro la probabilissima esclusione di Alessandro Fermi dalla giunta regionale. E quando arriva ad esporsi Andrea Camesasca, uno degli albergatori più importanti del territorio, nonché delegato al Turismo nella giunta della Camera di Commercio, vuol dire davvero che sotto di lui – e sotto il tono calmo solo in apparenza delle sue parole – un intero sistema economico si sta ribellando all’ennesimo schiaffo.
“Partiamo da un presupposto – dice Camesasca – Negli ultimi anni non abbiamo mai visto un assessore regionale al Turismo che non venisse da Brescia (il feudo della coordinatrice regionale di Forza Italia, Mariastella Gelmini ndr) o da Milano. Como mai nemmeno presa in considerazione. Mi chiedo: è mai possibile che non ci sia mai un ricambio, che si ripeta sempre e soltanto lo stesso schema e soprattutto che l’intero territorio del Lago di Como, includendo anche il versante lecchese, non possa ambire ad esprimere una propria personalità per quel settore?”.
In effetti da Massimo Zanello (milanese) a Margherita Peroni (bresciana), da Giovanni Bozzetti (milanese) a Pier Gianni Prosperini (milanese), da Stefano Maullu (milanese) ai bresciani Alberto Cavalli e Mauro Parolini, il Turismo – che pure fa di Como una meta di livello mondiale con 3 milioni di presenze – ha sempre e solo fatto ping-pong tra due sponde. “Eppure mi dicevano che in politica dovrebbe esistere principi come quelli della sussidiarietà e dell’alternanza – sottolinea Camesasca – Invece prosegue un gioco che non riesco a capire e che non rende merito a un Lago di Como che in questi anni è cresciuto tantissimo, ha saputo inventarsi e rilanciarsi diventando un motore economico formidabile. Eppure, chi decide pensa sempre e solo a Brescia o Milano. Mah…”.
L’ampia anteprima prelude all’affondo vero e proprio. “Questa volta sembrava proprio che il territorio, con l’affermazione di Alessandro Fermi, avesse l’opportunità di poter esprimere legittimamente l’assessore al Turismo e invece vedo ancora che giochi politici e altre manovre sembrano chiudere questa prospettiva – afferma il proprietario dell’Hotel Corazziere di Merone – Io non ho tessere, sono un imprenditore libero che crede nelle potenzialità di un territorio. Certo, sarebbe bello e giusto, finalmente, che un rappresentante istituzionale potesse esserci vicino, potesse aiutare a completare la crescita turistica ed economica della provincia. Il Lago di Como è la prima destinazione turistica del Grand Tour, prima del Garda che pure ha goduto di attenzioni enormi negli anni. Qui sono arrivati grandi brand, l’Hilton, il Sereno. Le grandi famiglie hanno investito nelle strutture, gli arrivi sono cresciuti enormemente. E se Como avesse avuto un decimo delle risorse andate a Milano, non oso immaginare cosa avremmo potuto fare. E allora perché non cambiare, non premiare il lago di Como con un assessorato regionale? Non si capisce”.
Il finale è tagliente: “Forse come sistema economico e turistico potevamo fare di più per ottenere l’assessorato regionale dopo 13 anni. Ma la partita non è ancora chiusa ufficialmente. E allora io dico, chi ha un cognome che conta, una storia, un peso, ora abbia il coraggio e la forza di buttarlo sul tavolo. Si esponga. Io lo faccio, perché credo sia giusto, non certo per obiettivi personali. Servirà protestare, far arrivare il malcontento nelle segreteria di partito o in Regione? Facciamolo. Probabilmente in troppi hanno ritenuto cosa fatta l’assessorato a Como dopo il risultato delle regionali. Non è stato così ma sarebbe ora davvero di cambiare le cose”.
Tra Milano e Brescia, è sicuro, fischierà più di qualche orecchio. E’ una Breva delusa e arrabbiata quella che spira fino a là.
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