Nulla da abbattere perché non vi è alcun abuso edilizio. Sono tre le sentenze – risposta a altrettanti ricorsi, due del comune di Como e uno di Sacaim, azienda che vinse l’appalto per il cantiere – pronunciate oggi dal Tar sul cantiere delle paratie. Secondo il Tribunale Amministrativo Regionale le opere messe in discussione dall’Amministrazione Provinciale e realizzate dopo la Terza Perizia di Variante non rappresentano una violazione, pertanto non devono essere demolite. Si tratta di opere minori, provvisionali (provvisorie) che per definizione non devono passare per un’autorizzazione paesaggistica e che comunque potevano essere sottoposte a sanatoria.
Erano tre in particolare le opere contestate dalla Provincia, oltre diversi interventi minori. La prime due, le cosiddette “palancole antiscalzamento” e le attigue “scalette laterali”. Si tratta di enormi pali subacquei, per cui, si legge nella sentenza “il Comune sostiene (…) che sono degli elementi strutturali d’acciaio che fungono da sbarramento idraulico (…) e che, in ogni caso, (si) trovano perennemente sotto il livello del lago” risultando quindi “del tutto irrilevanti ai fini ambientali e paesaggistici”. Così i giudici decidono: “Poiché le opere sono state realizzate sotto il livello delle acque (…) e non oltre la linea di battigia deve escludersi che si tratti di aree soggette ad autorizzazione“.
La terza opera è il terrapieno adiacente a piazza Cavour per cui, scrivono al Tar, “occorre premettere che non può ritenersi che tale opera sia sottratta al regime autorizzatorio in quanto genericamente precaria”.
E’ vero che la costruzione di “opere precarie” su aree sottoposte a vincolo, secondo la giurisprudenza precedente il Codice dei beni culturali, è soggetta a un’autorizzazione paesaggistice, situazione che, peraltro, non cambia con il nuovo Codice. Tuttavia, si legge nella sentenza “a diverso risultato si deve invece giungere nel caso in cui la precarietà sia legata allo stato di cantiere in cui si trovano le opere, in cui alla precarietà si aggiunge l’impossibilità di utilizzo e la chiusura dell’area perché in tal caso l’impatto paesaggistico è dato non tanto dalle opere realizzate nel cantiere ma dal cantiere stesso, per cui le opere precarie realizzate al suo interno e da questo coperte diventano paesaggisticamente irrilevanti”.
E qui i giudici si concendono pure un passaggio conclusivo che strappa un sorriso. “E’ il caso del terrapieno adiacente piazza Cavour, che risulta intercluso, tanto che le rilevazioni della Provincia sono state effettuate sbirciando dalla recinzione del cantiere“.
Tra le righe dei documenti non manca una stoccata anche all’amministrazione Comunale: “’L’accoglimento nel merito del ricorso – si legge – giustifica l’assorbimento del motivo relativo alla violazione del principio di leale collaborazione tra pubbliche amministrazioni appartenenti ad un diverso livello di governo (…) non senza però evidenziare Comune in quanto stazione appaltante al quale vanno addebitati i profili di illegittimità rilevati da ANAC relativi alla legittimità della terza perizia variante dal punto di vista della disciplina degli appalti, ha la sua parte di responsabilità per aver esposto le altre amministrazioni a controlli che vanno ben oltre l’ordinario, con aggravio di costi, impegno e responsabilità dei funzionari”.
Link ai documenti del Tar:
Sentenza sul primo ricorso del Comune di Como
Sentenza sul secondo ricorso del Comune di Como
Sentenza sul ricorso di Sacaim