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Torna Giuseppe Doria e piovono missili sul Pd comasco. Le accuse, il documento integrale

Se, a livello nazionale, Matteo Renzi – pur avendo appena lasciato la segreteria del Pd – non è propriamente un campione dell’autocritica, anche a Como e provincia non abbondano in queste ore post plurima sconfitta elettorale (fatta eccezione per il capoluogo) le analisi di cause, origini, ragioni e prospettive di quanto accaduto. Ci prova, allora, l’ex segretario della Uil comasca, nonché presidente del circolo di ispirazione socialista “Willy Brandt” e tesserato dem, Giuseppe Doria. Lo fa in due modi: con una garbata lettera di introduzione che parte dalla considerazione che “l’esito elettorale del 4 marzo, purtroppo, ha confermato in toto la condizione di difficoltà che attraversiamo e la necessità, ormai inderogabile, di ritrovare una forte coesione al nostro interno cominciando a definire proposte politiche che siano in linea con quanto il Paese esige”. E poi affermando che “oggi la nostra coscienza ci chiede la capacità di ripartire dalla pesante sconfitta, penso da imputare a larghissima parte del gruppo dirigente, avviando al più presto una fase di ascolto, a cominciare dall’insieme dei nostri iscritti, per l’elaborazione e la costruzione di una forte proposta politica”. Premesse da cui nasce l’invito al Pd a “convocare al più presto un attivo di dirigenti e iscritti del PD a Como che avvii quel percorso di vera e propria rinascita che oggi ci si chiede a gran voce”.

Poi, però, arriva la parte “strong” dell’intervento di Doria, con un documento più generale intitolato “La Rinascita” (che in fondo all’articolo troverete integralmente), preparato dallo stesso in occasione del recente rinnovamento della segreteria cittadina dei democratici, in cui non mancano affondi anche pesantissimi sui vertici attuali provinciali e cittadini del Pd.

Tanto che nello scritto si leggono passaggi quali: “Non possiamo ignorare, al contempo, la grave carenza di direzione politica nella gestione del partito sia a livello provinciale (coordinatore è Angelo Orsenigo, ndr) sia nella Segreteria Cittadina (prima guidata da Stefano Fanetti, ora da Legnani ndr). Una prova evidente, quanto non esaustiva, è il dimezzamento del tesseramento“; o ancora “è venuta a mancare una effettiva costante attenzione alle vicende politico amministrative della Città di Como e anche l’iniziativa propositiva, di traino e di stimolo del PD”; o ancora sintesi del tipo “quindi, se responsabilità qualcuno ha avuto (nelle sconfitte dalle comunali a oggi ndr), è quella di non aver compreso per tempo le difficoltà che il nostro partito stava incontrando nei quartieri periferici“.

Seguono poi passaggi che suonano come una critica anche all’ex candidato sindaco sostenuto dal Pd nel 2017, Maurizio Traglio, e al suo ruolo nel consiglio comunale, come ad esempio il seguente: “Serve un soggetto che assuma autorevolmente la guida dell’opposizione in questa città“, ritenuta evidentemente mancante a livello di singoli e gruppi in Comune e fuori, per tornare a guidare in futuro “una città oggi in balia dell’insipienza e dell’approssimazione, con una giunta quasi inesistente e un sindaco miope rispetto alle proposte di grande respiro che a Como molti sollecitano”. E ancora: “Dobbiamo scrollarci di dosso questo abito mentale di rassegnazione e, o peggio, di resa dei conti (…) Quello che serve è dare una guida stabile al Partito in città. Guida che sia chiaramente espressione di una volontà, largamente condivisa, di discontinuità rispetto al passato”. Passaggio quest’ultimo preceduto da un richiamo forte allo spirito che portò nel 2012 Mario Lucini a diventare sindaco di Como.

Infine, ancora “bastonate” al gruppo dirigente dem: “Una discontinuità va resa evidente nell’individuazione del gruppo dirigente. Purtroppo negli ultimi anni la capacità di iniziativa del partito in città ed in provincia è stata “ingessata” da sterili (e note) contrapposizioni (che si ritiene qui superfluo richiamare), spesso informate non già ad una capacità “egemonica” di allargamento del consenso e di promozione di tutte le risorse umane a disposizione (sia interne che esterne al PD), così provocando paralisi politica ed incapacità di guida, tra l’altro, delle dinamiche amministrative. Dal 2012, anno che ha segnato la vittoria alle elezioni comunali, il partito, anche (ma non solo) per tali ragioni, ha gradualmente perso quella capacità di costituire un punto di riferimento e di orientamento per amministratori, categorie sociali e professionali nonché per le altre forze politiche”.

I passaggi “incisivi” sono molti altri: qui trovate il documento “La Rinascita” in formato integrale

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