“Chiedo sia messo a verbale: questa delibera è demenziale”. Alessandro Rapinese ha concluso così una seduta di Commissione comunale piuttosto tesa e nella quale è stato largamente protagonista. Ma non soltanto per la boutade conclusiva, bensì per aver lungamente battagliato nel merito della delibera sul futuro di Villa Erba. Controparte quasi esclusiva, tra sorrisi tirati e cortesia reciproca calorosa come un iceberg, il presidente di Villa Erba Filippo Arcioni (presente assieme al direttore Piero Bonasegale e al consigliere Fulvio Alvisi).
Al centro del duello, l’ormai arcinota proposta di modifica dello statuto di Villa Erba con l’obiettivo di reperire un nuovo socio privato industriale sul mercato e l’inevitabile conseguenza di far scendere i 4 soci pubblici (Comuni di Como e di Cernobbio, Provincia e Camera di Commercio) sotto il 50%, perdendo il controllo della società di gestione.
La delibera è stata illustrata con la solita dovizia tecnica dall’assessore alle Partecipate, Adriano Caldara. Poi è iniziato il match Rapinese-Arcioni.
“Questa delibera è demenziale e va contro gli interessi dei cittadini di Como – ha ripetuto più volte il consigliere comunale – Innanzitutto perché se arrivasse il nuovo socio privato a sottoscrivere l’aumento di capitale, i privati nel complesso avrebbero 3 rappresentanti su 5 nel cda e la città di Como, che ha soltanto il 7%, sarebbe esclusa per sempre dal consiglio a favore di Camera di Commercio e Provincia. Peraltro, penso anche alla beffa per Cernobbio: ospita Villa Erba ma non sarebbe nel cda, una follia”.
Altro tema toccato da Rapinese – praticamente l’unico a intervenire – è stato quello della futura impossibilità per i soci pubblici, Palazzo Cernezzi in primis, di modificare la concessione con cui Villa Erba è poi gestita dalla società.
“Finora – ha detto – per quanto fosse una cifra assolutamente ridicola, i soci pubblici intascavano ognuno per la sua parte i 18mila euro annui di canone. Pochissimo, ma tutto era controbilanciato dall’avere la maggioranza e il controllo. Ora invece succederà questo: la maggioranza e la governance saranno sostanzialmente regalate ai privati e i pubblici, senza più alcun potere reale, continueranno a introitare una miseria”.
Arcioni, però, su questo punto ha ribadito che “non è mai stato l’obiettivo iniziale dei soci pubblici realizzare Villa Erba per poi fare cassa con la concessione”.
Infine, Rapinese ha contestato il fatto che “il pubblico non potrà più modificare in autonomia gli elementi della convenzione, che però varrà ancora per decine d’anni; confermo che si tratta di una delibera lesiva degli interessi dei cittadini comaschi”.
Il presidente di Villa Erba, dal canto suo, ha risposto che “per qualsiasi modifica della convenzione anche oggi serve l’assenso di entrambe le parti; non cambia nulla”.
“Questa operazione – ha ribadito Arcioni – non è affatto il cavallo di Troia che qualcuno vuol far passare per regalare Villa Erba ai privati. Tramite la concessione e numerose clausole di salvaguardia i pubblici saranno decisamente tutelati. Inoltre, non cerchiamo finanziamenti per coprire buchi o dissesti, anzi il pareggio di bilancio è a portata di mano. L’obiettivo è il rilancio del polo, con benefici a ricaduta per tutto il territorio. Dal 2015 a oggi il fatturato è passato da 5 milioni a 7, con un partner industriale che possa portare nuovi eventi e know how oltre al capitale, potremmo aggiungerne altri 2-3 e fare veramente il salto definitivo di qualità”.
Alla fine, si è votato: di fatto, la Commissione ha approvato con i soli 2 voti della Lega (il presidente Giampero Ajani e Ivan Noseda) la delibera. Contrario ovviamente Rapinese, astenuto Sergio De Santis di Fratelli d’Italia e Stefano Fanetti del Pd. Assenti entrambi i consiglieri di Forza Italia, Enrico Cenetiempo e Tony Tufano, come Maurizio Traglio di Svolta Civica.
La settimana prossima la palla passerà al “vero giudice”, il consiglio comunale.