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Punti di vista

Como, il turismo di massa è realtà. Bisogna capire chi l’ha voluto e chi lo governa

Dunque va in archivio una doppietta Pasqua-Pasquetta 2018 che per certi aspetti si può considerare come memorabile (aggettivo da prendere alla lettera, senza accezioni: da ricordare). Non serve nemmeno il classico elenco dei biglietti staccati da Navigazione, Funicolare e altri servizi simili per capire la portata enorme, forse immensa di questo fine settimana pasquale per il turismo a Como. Le code infinite di persone in attesa di salire a Brunate da piazza De Gasperi, i serpentoni (quasi pericolosi per il confine con la strada) sul lungolago, i ristoranti pieni, i bar gremiti, le vie e le piazze del centro traboccanti di folla erano già una dichiarazione spontanea su un afflusso di visitatori – esteri o “locali” poco cambia – veramente gigantesco.

Appurata la pacifica invasione, però, una piccola riflessione a margine si può tentare di innescare. Partendo da un presupposto che deve essere chiaro da subito: nessuno – o almeno chi scrive – evoca o invoca selezioni turistiche per “censo” o “classe” (pensiero che nello stesso tempo non è così alieno da una fetta della popolazione e anche delle teoriche classi dirigenti del territorio e della città in particolare). D’altronde, è difficile dare un senso diverso alle numerose affermazioni contrariate – quando non “schifate” – rispetto al turismo di massa che ha ormai preso piede a Como negli ultimi anni.

Per dare qualche numero piuttosto aggiornato (fonti Regione Lombardia e Camera di Commercio), sul Lago di Como in termini di presenze il turismo è cresciuto del 23,6% nel periodo 2007-2016 e in termini assoluti potrebbe arrivare a circa 3 milioni per il 2017.

Turisti a Como

Inutile dire che la città di Como in particolare sta vivendo un boom enorme: nel periodo 2012-2016 ha registrato una crescita delle presenze del 35.5% e degli arrivi del 40.2%. Sui 7 anni (2009 – 2016) sempre le presenze in città sono cresciute del 57.6%, mentre gli arrivi sono cresciuti del 61.5%. E se ci spostiamo ai dati già disponibili per il 2017, tra gennaio e luglio dello scorso anno è arrivato un più 10.2% di arrivi ed un +12.8% di presenze rispetto allo stesso periodo del 2016.

I numeri di un’esplosione, insomma, testimoniata anche dal crescere ovunque di strutture ricettive (in particolare bed and breakfast e case vacanze, ma anche di hotel come l’Hilton di recente apertura in via Borgovico a Como e a breve delle 18 suites a 5 stelle in piazza Cavour).Fin qui, dunque, tutto bene o quasi. Bisogna però avere il coraggio di addentrarsi anche su un sentiero spinoso, per il quale mettiamo già le mani avanti per manifesta incompetenza ma che giriamo volentieri agli addetti ai lavori (assessori comunali, provinciali, regionali, rappresentanti di categoria e istituzionali, imprenditori del ramo, c’è una mail per voi: redazionecomozero@gmail.com). In particolare per la città di Como, quale turismo “vogliamo” o comunque “stiamo” ospitando?

Per meglio dire: davanti a una città stracolma di persone, quale fotografia fanno gli osservatori privilegiati del settore? E’ la giusta direzione quella delle masse sconfinate, delle code mostruose, delle variopinte e pacifiche “invasioni”, che però pur sempre “invasioni” sono? E’ Como una città adatta ad accogliere (e ad accogliere bene, dignitosamente, con i servizi adeguati e moderni del caso) le masse di migliaia e/o centinaia di migliaia di persone? E se questa fosse la direzione che le varie cabine di regia istituzionali, politiche, economiche vogliono dare al turismo del capoluogo, chi spiega quali sono gli investimenti previsti, quanti sono i fondi a disposizione, per quali prospettive? Quando sarà realizzata la serie di strutture e infrastrutture oggi palesemente mancanti ma non più rinviabili per gestire queste enormi moltitudini e non far sì che tutto il movimento si trasformi in un boomerang?

Perché se dal Comune, dalla Provincia, dalla Regione, dalla Camera di Commercio, dai vertici associativi non arriveranno risposte a queste più o meno precise domande, allora dovranno arrivarne altre sulle questioni opposte: nel caso si obiettasse che quella attuale – quella vista in questa Pasqua – non è la forma adatta a Como, e una volta spiegato questo ai bar, ai ristoranti, ai bed and breakfast ecc, in che modo si pensa di evitare l’effetto-Venezia che da tempo dibatte persino sulla necessità di introdurre il numero chiuso di accessi? In quale modo  si pensa di agire sulle leve a disposizione per imbrigliare o contenere l’afflusso del turismo di massa a favore di una eventuale selezione ancora tutta capire?

Sono questioni fondamentali, che il mondo politico ed economico non può più delegare ai titoli del giorno dopo con il “boom di presenze”. Quello lo abbiamo capito tutti. Ora che dite, lo governiamo il fenomeno in qualche modo o no?

 

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