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Punti di vista

“I 3 no al nuovo stadio di Como. Alla città quei volumi enormi, alla società guadagni per un secolo”

Nel solco dell’ampio dibattito sul nuovo stadio di Como che da settimane stiamo ospitando su queste pagine – dando rigorosamente voce a tutte le voci, sovente opposte, del confronto – pubblichiamo in forma integrale l’intervento dell’architetto comasco Ado Franchini, anche esponente dell’associazione Civitas. Il suo testo di seguito (per interventi, repliche scrivere a redazionecomozero@gmail.com).

Como, Stadio e Ticosa: decisioni aliene sul futuro della città

Anche se gli strumenti legislativi e amministrativi oggi vigenti consentissero a questa Amministrazione comunale di consegnare per un secolo lo Stadio Sinigaglia ai promotori del progetto presentato, ritengo sia necessario intervenire nell’attuale dibattito, che poi dibattito non è, perché non ha una controparte, né pubblica né privata.

E’ necessario per dichiarare il diritto dei cittadini alla partecipazione, e il diritto al dissenso verso una operazione che ha un carattere esplicitamente finanziario e immobiliare, su una area pubblica così speciale: un dissenso che è espressione razionale di cittadini, di tecnici e urbanisti competenti in pianificazione, in mobilità urbana e in ambiente e paesaggio.

La scelta di trasformare lo “stadio più bello del mondo” in una nuova attrazione turistico-sportiva-commerciale di grandi dimensioni volumetriche, in cambio di una sistemata pedonale (e parziale) di via Puecher e di un po’ di arredo urbano qua e là, non è uno scambio equilibrato e conveniente per la città e per l’interesse collettivo.

Mentre, per chi ancora non lo avesse capito, è molto conveniente per chi investirà su questa area urbana di pregio. Perché è di questo che si tratta, non solo dell’ampliamento dello stadio; e se un giorno i proprietari della squadra dovessero ridurre il loro interesse per il Calcio Como, – cosa assolutamente possibile -, il complesso immobiliare proposto resterebbe loro per quasi un secolo, con un alto rendimento economico privato, lasciando alla città solo la presenza dei volumi costruiti sullo stadio stesso.

Non entro nel merito del progetto architettonico, presentato alla città solo per immagini preliminari: a mio avviso non è questo il tema, perché discuterne ora comporta una sua implicita accettazione, come se la cosa fosse ineluttabile. Non bisogna farsi distrarre da giudizi formali, per non allontanarci dalle questioni di fondo della sua inadeguatezza urbana.

I temi principali che sostengono il nostro dissenso dal procedere su questa strada sono tre:

1 – la dimensione volumetrica eccessiva, la posizione e le proporzioni stesse dei nuovi edifici “complementari”, nella loro relazione col paesaggio naturale e urbano, che ha una sua misura urbana dettata dal progetto della Cittadella dello Sport degli anni ’30, e che va rispettata. Il progetto così concepito stravolge per sempre gli equilibri dell’area sportiva esistente: vedremo se la Soprintendenza ai Beni Architettonici e Ambientali e gli altri Enti di tutela ambientale sapranno prendere posizione di fronte a questa proposta fuori scala.

2 – la realizzazione di funzioni diverse da quelle sportive (hotel 5 stelle, commercio, volumi edilizi in affitto per aziende private), che poco hanno a che vedere con quelle “complementari” ammesse dalla legge “Salva-Stadi”, che renderà quotidiano il problema del traffico nella compressa situazione viabilistica della zona e della città intera.

3 – La sicura mancanza di parcheggi per Stadio-Hotel ecc. e per i residenti, che ha già portato a parlare di uso di spazi esterni con proposte di nuovi autosilos ad hoc nel quartiere Stadio-Borgo Vico (a discapito di edifici pubblici esistenti, con soluzioni paradossali come la demolizione di scuole pubbliche e l’utilizzo dell’ area “Pulesin” per autosilos dello stadio, che bloccherebbe definitivamente la possibilità di realizzare il tunnel stradale verso Rebbio).

Se l’incuria delle Amministrazioni comunali ha trascurato per decenni il patrimonio edilizio pubblico, una buona Amministrazione – prima di accettare supinamente proposte fuori scala – si mette a lavorare a progetti sensati e realistici per trovare i fondi necessari (si, anche questo è il lavoro di un Sindaco avveduto, e i fondi pubblici e privati non mancano) per restituire alla città ciò che è in abbandono: dialogando certamente con tutti, ma dettando le regole e gli indirizzi di interesse pubblico, senza farsi condizionare da altri su cosa è meglio e cosa è giusto fare per la comunità.

Invece pare oggi evidente la tendenza di questa Amministrazione a liberarsi dei problemi urbani nel modo più comodo: vendere, vendere, e liberarsi dei problemi accettando soluzioni di altri soggetti privati e assecondandole. Ma il patrimonio della città non è in vendita, e invece di sottomettersi alle volontà di interessi alieni, il Comune deve dirigerli verso un maggiore equilibrio tra pubblico e privato.

Io penso che lo stadio Sinigaglia, in una misurata riqualificazione che includa anche alcune funzioni complementari (spazi commerciali, parcheggi interrati, servizi pubblici di zona, e non altri volumi estranei a questi) debba tornare alla città, all’uso dei cittadini e delle attività sportive per le quali era stato creato (pensate al il velodromo demolito per il calcio!), per ospitare eventi culturali e musicali, per le associazioni sportive cittadine, e non mi pare che questa misura sia garantita da chi ora vuole ora trasformarlo.

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Gli altri progetti urbani

A lato di questa vicenda immobiliare pseudo-calcistica, il mio timore è che il clamore “da stadio” che circonda il Sinigaglia possa favorire in silenzio l’iter analogo di altre operazioni (ex-Ticosa, Politeama, San Martino), che sono le ultime aree strategiche per il futuro della città. L’errore macroscopico della loro svendita o utilizzo sbagliato sta silenziosamente procedendo, anche in questi casi senza alcuna possibilità di discussione, di ascolto, di opposizione politica e civile.

Il progetto del parcheggio in Ticosa, urbanisticamente e finanziariamente sbagliato, sta per essere silenziosamente avviato dalla Giunta comunale, regalando l’area per 30 anni a una società che la gestirà a suo vantaggio, invece di restituirla ai cittadini per creare quei servizi mancanti da decenni in tutta la città:

  • un centro multifunzionale urbano di servizi e attività per i giovani e per gli anziani, sempre più numerosi
  • spazi di lavoro per aziende innovative in relazione a ComoNext
  • aree per le attività culturali e pubbliche (mercato,
  • verde pubblico di zona per il tempo libero
  • campi gioco per attività quotidiane in città
  • parcheggi necessari per queste funzioni
  • e perché no, anche una quota di residenza temporanea per chi vuole lavorare e vivere a Como, e non trova più un alloggio a prezzi accettabili

Un progetto per la vita e per il futuro delle persone, non per ammassare automobili in città. Un programma da realizzare insieme a investitori privati, sponsor e finanziamenti europei e pubblici. Questi sarebbero gli obiettivi centrali a breve, medio e lungo termine di una Amministrazione avveduta.

Penso che comunque valga ancora e sempre il principio che un bene di proprietà pubblica debba per forza rinascere e trasformarsi, (abbiamo lo Stadio, l’ ex-Ticosa, il Politeama, l’ asilo Sant’Elia, le scuole pubbliche in degrado, il Centro di Accoglienza Richiedenti Asilo in abbandono, ecc), ma continuando a essere al servizio della città, senza demandare alla volontà e al vantaggio altrui le decisioni su cosa è meglio per il nostro futuro.
Ado Franchini
29 marzo 2025

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