Un anno fa Mario Landriscina diventava sindaco di Como e il centrodestra tornava al governo della città dopo la parentesi della giunta Lucini.
Non si può dire che sia stata un’affermazione a sorpresa quella del medico del 118, poiché già 12 mesi fa gli elementi che facevano presagire un “ritorno all’antico” per il capoluogo erano molti (le avvisaglie della crisi del Pd e del centrosinistra dopo il referendum del 4 dicembre 2016, il soffiare impetuoso del vento leghista, la sorpresa di un Alessandro Rapinese fuori dal ballottaggio a favore del candidato atipico dei democratici Maurizio Traglio, la debolezza storica dei Cinque Stelle, per citarne alcuni).
Da quell’11 giugno 2017 (giorno del primo turno) a questo 11 giugno 2018, molte cose sono accadute al livello politico nazionale. Le più importanti per tratteggiare il quadro di riferimento su cui innestare e valutare la situazione comasca sono certamente le elezioni politiche e regionali dello scorso 4 marzo.
Una data che ha segnato alcuni punti cardinali tuttora validi: l’ulteriore ascesa del partito di Matteo Salvini, la nascita del governo Lega-Cinque Stelle e infine l’affermazione al Pirellone (parallela allo scenario locale) del centrodestra storico con Attilio Fontana e il classico schema – benché un po’ usurato – Lega/Forza Italia/Fratelli d’Italia.
In questo quadro d’insieme, benché tratteggiato per sommi capi, che giudizio si può dare oggi dell’operato di Mario Landriscina, della sua giunta e – in forma residuale – del consiglio comunale? Andando per sintesi: poche luci, poche ombre vere, moltissimi chiaroscuri tendenti al grigiore.
L’impronta conservatrice nel governo della città – dove per conservatrice si intende mancanza di novità – è, a oggi, assolutamente prevalente con alcune tendenze all’eccessiva staticità. Di sicuro, in un parallelo Como-Roma, a 12 mesi dalle comunali tutto si può dire della giunta Landriscina tranne che a Palazzo Cernezzi sia insediato un “governo del cambiamento”.
Piuttosto, un piccolo regno della restaurazione (vedi politiche su sosta, parcheggi e questione immigrazione), talvolta persino al limite della reazione (l’ordinanza che, per certi versi persino casualmente, arrivò a produrre le colazione negate ai senzatetto resta il caso più lampante: isolato ma comunque portato da una filosofia politica di base rispetto al tema generale).
Difficile, ovviamente, poter tracciare un bilancio politico-amministrativo oggettivo in assoluto, basato su ogni singolo atto adottato fino a oggi. Ma, nel contempo – e siamo a ripeterci – l’elemento dominante dell’azione sviluppata dal trio sindaco-giunta-maggioranza negli ultimi 12 mesi è certamente lontana da parole quali rivoluzione, cambiamento, innovazione.
Ai molti – troppi? – annunci registrati in 365 giorni sono corrisposti davvero pochi esiti materiali (basti scorrere il programma elettorale e alcune dichiarazioni della campagna relativa, rimasti lettera morta: piazza Roma riaperta al traffico, mezz’ora di sosta gratis in centro e nei quartieri, rotonda in piazza San Rocco, nuovi parcheggi di cintura, promozione dei trasporti alternativi all’auto, riproposizione delle grandi mostre, maggiore valorizzazione dei musei, nuovi parcheggi, riqualificazione dei quartieri, rilancio del parco al San Martino, il ricorso ai vigili di quartiere, maggiore impegno sulla sicurezza, rilancio del Mercato Coperto, realizzazione del nuovo forno crematorio ancora vergognosamente chiuso e altri ancora).
Non si sono citati i nodi storici di Ticosa e lungolago perché la prima vicenda parrebbe vicina allo sblocco nel senso di addio consensuale con Multi ed eventuale realizzazione di un parcheggio ma di concreto c’è poco o nulla; il tema paratie è invece interamente in mano alla Regione, Palazzo Cernezzi assiste e attende.
I più critici parleranno probabilmente di “zero assoluto”, nella realtà è difficile sposare un giudizio così drastico. Se si vuole, anche per il più banale dei motivi: molta parte delle promesse elencate prima sono effettivamente realizzabili nei prossimi 4 anni, il che non toglie che a oggi del 90% e oltre dei cavalli di battaglia di un anno fa non si sia visto praticamente nulla. Il tempo dirà come e quando articolare un giudizio finale, ora però conta la realtà.
E cose buone, ne ha realizzate il centrodestra cittadino?
Qui, naturalmente a opinione di chi scrive, si è in presenza della classica medaglia a due facce (opposte). Ce ne saranno sicuramente, ma in tutta franchezza nulla viene in mente di dirimente. Si è piuttosto di fronte ad alcuni risultati minimi tassativi per un’amministrazione, rispetto a qualcosa di paragonabile a un segno reale lasciato nelle carni e nella vita della città. E scambiare l’ordinaria amministrazione per un successo, onestamente, non sarebbe corretto.
Poi, certo, alcuni assessori – che piacciano o meno – hanno dato qualche segnale, condivisibile o no (Alessandra Locatelli sul fronte della gestione quotidiana dei servizi sociali, Marco Galli nell’ambito della promozione sportiva, Marco Butti nella gestione pur ancora infruttuosa della pratica Ticosa e – tra le polemiche – sul progetto per i posteggi in viale Varese, Simona Rossotti più per l’innato attivismo turistico-politico che per risultati misurabili, Amelia Locatelli con la decisione obbligata ma finalmente realizzata di esternalizzare i pasti scolastici).
Però, in questo senso, si torna al paragrafo precedente: si tratta di ordinaria amministrazione per chi siede nella stanza dei bottoni del palazzo più importante della città. E si converrà che, senza nulla togliere a temi quali le buche o le fioriere, non possono essere quelli i metri di giudizio per una valutazione più approfondita.
Il sindaco? Così così.
Molti slanci personali, un’innegabile abnegazione, ma sovente la sensazione di essere ancora troppo lontano – per formazione e mentalità – dai processi (pur sfiancanti) dell’amministrazione pubblica e ancora più di quelli della politica (anzi, l’aspetto politico – che in un capoluogo, volenti o nolenti, è essenziale dentro e fuori la città – è ancora davvero lacunoso).
Innegabile che abbia dovuto affrontare guai notevoli (Ponte dei Lavatoi, carenza estrema di personale, le lontanissime eredità di Ticosa, lungolago e Politeama per citarne 3) ma il segno proprio di Landriscina in città ancora non si vede, non si coglie.
In ultima analisi, questi 12 mesi trascorsi dal centrodestra alla guida della città per ora sono scivolati via in maniera sostanzialmente trascurabile. Come per ogni giunta, anche per questa si può avere gioco facile nel ribattere che il primo anno serve necessariamente per prendere confidenza con la macchina e per gettare i semi del futuro. Possibile, forse probabile. Ma questa non è la sede per l’astrologia. Quando e se le rose fioriranno, saremo lì a vedere.
Oggi, in conclusione, l’azione del governo cittadino vista da fuori appare più come un grande freezer che, più che capace di modificare assetti e situazioni, ne ha laboriosamente cristallizzato in maniera neutra l’esistenza. Non la famosa notte dove tutte le mucche sembrano grigie, le tenebre mancano.
Eppure la città analizzata con i parametri dell’amministrazione e della politica appare effettivamente un quadro a tinte (troppo) sfuggenti, prive di lampi, senza contrasti. Una vasta tinta opaca che non si capisce nemmeno bene a che colore associare.
Potrebbe non essere necessariamente un male, in prospettiva. Potrebbe voler dire che danni di più o meno grave entità – pensiamo alle paratie – questa amministrazione non ne ha creati o prodotti, inducendo a un moderato ottimismo per il prossimo quadriennio. Un prossimo futuro che però dovrà necessariamente assumere qualche colorazione più viva della smunta tonalità attuale.
Altrimenti – e basta chiedere ai predecessori degli ultimi 10 anni – le mucche grigie di oggi avranno anche la loro notte nera di contorno. E, si sa, Como – in casi simili – alle urne non perdona facilmente.
3 Commenti
Articolo che ha fotografato esattamente la situazione in città.
Personalmente mi aspettavo molta più energia nel affrontare i problemi, iniziando dai piccoli, ma importanti per la cittadinanza.
Strade, segnaletica stradale, pulizia, manutenzione verde, degrado urbano ecce cc..
Complimenti sinceri ad Emanuele Caso, ha perfettamente fotografato questo deludente anno della giunta Landriscina.
I profeti del cambiamento si sono in effetti dimostrati incapaci e ibernati, probabilmente é una fortuna per la città, perché temo fortemente che se faranno qualcosa di significativo saranno dolori.
L’auspicio é arrivare RAPIdamente alla prossima giunta RAPInese
PS esilarante seguire su Instagram il futuro sindaco nel suo RAPInews24
“Marco Galli nell’ambito della promozione sportiva”
Al di là dell’indubbia simpatia dell’assessore, e della sua natura di sportivo vero e appassionato, da esponente dell’associazionismo sportivo vi chiedo, quali sarebbero le cose fatte? Per dire:
– consulta dello sport: inattiva;
– progetto per nuovo palazzetto: ancora fermo allo studio di fattibilità presentato dal precedente Coni Provinciale alla precedente amministrazione comunale;
– notte bianca dello sport: ereditata dalla giunta precedente;
– campo Coni: ad oggi, chiuso. Non per colpa di Galli probabilmente, ma comunque chiuso, e la delibera sul rifacimento è della precedente amministrazione;
– contributi per ore di ginnastica nelle scuole primarie comunali: pressoché inesistenti.
Uniche cose fatte: tolleranza verso il Calcio Como che per tutto l’anno non ha pagato l’affitto dello stadio. Lo facesse una qualsiasi delle nostre associazioni, ci avrebbero già revocato la concessione.
Unico vero intervento, quello sul campo di ghiaccio di Casate, ma sostanzialmente in continuità con quanto già pianificato dalla precedente amministrazione.