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L’archistar di Como risponde al micio da tastiera: “Orgoglioso dei commenti negativi. Volevano abbattere anche la Torre Eiffel”. E cosa c’entra la ciambella dei Simpson

Come spesso accade sono i commenti, nel bene e nel male, a definire un’importante parte della natura di questo giornale. Creano dibattito e confronto, certo a volte partendo da presupposti non completamente corretti, quanto non totalmente disinformati o in malafede. Ma la grandezza (pur negli oggettivi limiti, talora morali) della Rete sta proprio in questo: “Tu dici, io ti rispondo”. E entrano in contatto persone che mai si sarebbero incrociate (anche per fortuna). Così avviene anche oggi. Il punto di partenza? Questa bella intervista di Paolo Annoni all’archistar Joseph Di Pasquale, comasco celebrato nel mondo:

L’archistar del Cerchio che ha incantato il mondo: “Il progetto Ticosa? Un vuoto senza bordi ma piuttosto che niente…”

All’articolo seguirono appunto commenti di varia natura, come detto non di rado fuoricentro rispetto al senso stesso dell’intervista. E’ il caso di un intervento nello specifico, un commentatore seriale su ComoZero che spesso pare più provare gusto nella provocazione sterile, il consueto micio da tastiera, che nell’analisi di quanto letto (sempre che abbia effettivamente letto) e/o compreso oggettivamente del testo. Dunque ha offerto alle platee questa expertise (?!) sul lavoro dell’architetto: “Sono molto felice che quell’archistar se ne rimanga in Cina a combinare danni piuttosto che rovinare il bellissimo paese che è l’Italia con quella ciambella dei Simpson”. Così oggi Di Pasquale ha risposto, sempre in calce all’articolo di qualche tempo fa, e lo ha fatto molto bene. Soprattutto con grazia e gentilezza, virtù ormai fin troppo sottovalutate. E lo ha fatto anche con grande precisione e intelligenza:

Sono davvero onorato dei commenti che sono stati fatti al mio edificio in Cina, e ho deciso di intervenire per spiegare il perché. Premetto che ogni opera va vista nel suo contesto e quindi ovviamente non avrei mai progettato un edificio come quello cinese in un contesto diverso da quello cinese, ad esempio in Italia. i miei progetti italiani lo dimostrano. Per la stessa ragione è sbagliato applicare delle categorie culturali occidentali ad un progetto che invece interpreta la cultura e le tradizioni locali, in questo caso cinesi. La realtà è che dopo dieci anni questo edificio è amato e preso come icona urbana da una città oltre venti milioni di persone ed è noto in tutta la Cina (1,3 miliardi di persone).

Vorrei però riportare qui alcuni commenti fatti ad un’altra opera che ha dovuto affrontare forti critiche ma che anch’essa col tempo è diventata una icona di una grande città:

1887 – Il settimanale L’illustration, quando la torre iniziò a dotarsi di una propria fisionomia, tuonò sul progetto ritenendolo «un faro, un chiodo, un candelabro […] la cui costruzione non avrebbe mai dovuto essere permessa, ma che per i politici che ne hanno concepito l’idea rappresenta “il simbolo della civiltà industriale”».

Il 14 febbraio 1887 venne sottoscritta una lettera traboccante d’ira, pubblicata sul giornale Les Temps e indirizzata al funzionario della municipalità di Parigi Adolphe Alphand, nella quale si chiedeva di bloccare immediatamente la costruzione di quella «torre ridicola e vertiginosa che sovrasta Parigi come la gigantesca ciminiera di una qualsiasi fabbrica, schiacciando ogni cosa con la sua massa barbara e sinistra»

Ci fu anche una petizione degli uomini di cultura: “Noi scrittori, pittori, scultori e architetti, a nome del buon gusto e di questa minaccia alla storia francese, veniamo a esprimere la nostra profonda indignazione perché nel cuore della nostra capitale si debba innalzare questa superflua e mostruosa Torre, che lo spirito ironico dell’anima popolare, ispirata da un sano buon senso e da un principio di giustizia, ha già battezzato la Torre di Babele”

E ancora: “Quando gli stranieri visiteranno la nostra Esposizione protesteranno energicamente: “È dunque questo l’orrore che hanno creato i francesi per darci un’idea del loro gusto tanto magnificato?”

Stiamo parlando ovviamente della Torre Eiffel. Dopo vent’anni una commissione composta da esperti votò per decidere se demolire la torre oppure no. Vinsero i si per un solo voto e la torre si salvò…. per nostra fortuna !!! Oggi è il simbolo non solo di Parigi ma della Francia intera ed è visitata e fotografata da milioni di turisti ogni anno.

Ecco perché sono orgoglioso dei commenti negativi al mio edificio Cinese che ho letto su questa pagina !

Per il Guanzgou Circle ci sono voluti meno di vent’anni per diventare il simbolo di una città. Questo edificio interpreta la tradizione millenaria dei dischi di giada che per i cinesi rappresenta l’identità stessa e l’essenza della loro cultura: il cielo e l’eternità. Quindi in questo edificio i cinesi vedono la propria identità culturale. Ci sono milioni di foto e di video in rete di persone che si fotografano e celebrano il Guangzhou Circle. Nessuno di coloro che hanno lasciato un commento negativo in questo sito dimostra né di conoscere la cultura cinese e né di avere la curiosità di conoscerla. Certo se gli strumenti culturali che si hanno a disposizione sono “i Simpson” (ognuno usa ciò di cui dispone) sarebbe inutile qualsiasi replica.

In ogni caso grazie di cuore a tutti !

Joseph di Pasquale

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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8 Commenti

  1. 1. Libeskind: quando fu proposta ero decisamente contrario; ora, invece, la trovo adatta al luogo e bella (e non è assuefazione). 2. Un geometra o un ingegnere (con tutto il rispetto che si deve a entrambe le categorie) costruiscono edifici semplici e, spesso, funzionali. L’architetto dovrebbe aggiungere alla funzionalità la bellezza e l’inventività di soluzioni nuove, la creatività che distingue un edificio in un’opera architettonica. Non sempre ci riesce. Ma il lavoro dell’architetto va valutato anche nel contesto e nella storia, e non bastano le categorie soggettive del bello o del brutto. Può piacere o no, ma il suo eventuale valore è al di là di questo. Ricordiamo la storia del Novocomum di Terragni, di fatto frutto di una truffa, perché il progetto presentato era diverso da quello realizzato, altrimenti non sarebbe mai stato costruito: e qualcuno, infatti, avrebbe voluto abbatterlo, perché giudicato brutto e certamente non consono ai normali canoni architettonici dell’epoca.

  2. Deduco che il commento sia del commentatore a raffica Marco Gatti, che ho da tempo bloccato per non leggere i continui approfondimenti dello spessore di una pozzanghera.

  3. Ho già scritto in merito alla scultura di Libeskind è proprio brutta infatti allora non la voleva nessuno Il suo posto sarebbe in fondo al lago

    E.V.

  4. Buongiorno, quello che Lei cita è uno degli esempi a cui facevo riferimento: opere autoreferenziali. Nel caso del “monumento” in mezzo al primo bacino del lago, si dice che si trovasse abbandonato in un cassetto della sopracitata “archistar”. Ma è sempre così, quando trovi chi lo sa eseguire e soprattutto chi te lo sponsorizza, verrà sicuramente fatto.
    In questo caso, ritengo che nella sua assoluta inadeguatezza come “monumento a Volta”(?), sia invece rappresentativo della competenza e maestria degli artigiani canturini che l’hanno realizzato: complimenti a loro.

  5. Ma sarebbe questa la nuova modernità? Ricerca formale ormai fine a se stessa.
    Lascerei perdere comunque il confronto con la Torre Eiffel, per il semplice motivo che (in quel caso) il progetto aveva come motivazione le potenzialità tecnico-esecutive dell’utilizzo del ferro in una costruzione di quelle enormi dimensioni.
    Non credo (spiace per lui!) che questa “ciambella”, così come una quantità di altre costruzioni di questo genere (ormai ne è pieno il mondo! sigh!), potrà mai entrare nella storia dell’architettura.
    Ormai, per diventare (come dicono) “archistar” c’è la gara a fare progetti di edifici sempre più assurdi e illogici, finalizzati forse a una mera ambizione di “visibilità” personale.

  6. “Ognuno usa gli strumenti culturali di cui dispone.”

    In effetti…

    “Il monumento di Libeskind sarà molto più alto del punto più alto del lampione. Sarà molte volte più largo. Sarà molte volte più spesso.

    Un sindaco è l’amministratore “pro tempore” di una città e non ne è il proprietario.

    Se io fossi stato il sindaco di Como, prima di accettare un regalo che andava a modificare così pesantemente il primo bacino del lago di Como, lago comunemente definito il più bello del mondo, avrei sicuramente contattato e ascoltato degli esperti. Avrei sentito il mondo della cultura. Avrei consultato attentamente l’ordine degli ingegneri, degli architetti e chiunque potesse essermi utile. Avrei consultato ed ascoltato con molta attenzione anche i proprietari dei luoghi ove la struttura sarebbe andata ad impattare: i cittadini comaschi.

    C’è chi dice che sono contrario al ricevere in regalo un’opera di Libeskind. No. Non lo sono. Sono contrario al fatto che venga posizionato al centro di quella cosa stupenda che è il primo bacino del lago di Como. Si dia mandato alle associazioni competenti di trovare, per mezzo di un bel dibattito aperto anche alla cittadinanza, un luogo alternativo e sarò felicissimo di avere un’opera, seppur comunque discutibile, di una nota ArchiStar nella mia città.”

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