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Punti di vista

No alla chiusura dei nidi: 100 firme, flash mob il 26 marzo e gli interventi di Bernard, Pirotta e Marzorati

Dopo la partecipatissima assemblea di ieri sera, il Comitato genitori, che si sta battendo contro la decisione del Comune di Como di chiudere due asili nido, raccoglie i primi frutti e guarda avanti. Ieri infatti è stata lanciata la raccolta firme contro la chiusura dei nidi Magnolia (in via Borgovico) e Coccinella (a Monte Olimpino) e nella sola serata pubblica sono state raccolte più di 100 firme. In più è stato proposto un flash mob che si terrà il 26 Marzo dalle ore 17 in piazza Verdi a Como. Il Comitato ha anche diffuso alcuni interventi pronunciati dall’assemblea. Pubblichiamo integralmente di seguito quelli di Paola Bernard e Nicoletta Pirotta e poi, a seguire, quello di Roberta Marzorati.

Intervento Assemblea Cittadina “Per crescere un bimbo ci vuole un quartiere”
di Paola Bernard e Nicoletta Pirotta

La storia degli asili nido viene da lontano. Una storia fatta di trasformazioni portentose a riprova della loro capacità di sintonizzarsi con i cambiamenti sociali e culturali delle differenti epoche che hanno attraversato. Da opera assistenziale per la maternità ed infanzia a servizio educativo di qualità in grado di rispondere non solo ai bisogni dei genitori, specie delle madri lavoratrici, ma anche e soprattutto ai bisogni (e ai diritti) delle e dei bambini.

Gli asili nidi pubblici (nati è bene ricordarlo con la legge 1044 del 1971) hanno altresì arricchito le conoscenza sulla primissima infanzia perché hanno consentito, per la prima volta, di osservare i bambini piccolissimi in un contesto differente da quello famigliare, rendendo evidenti competenze sociali e relazioni fino ad allora sconosciute. Anche gli asili nido di Como hanno avuto una storia gloriosa che speriamo venga potenziata e non demolita. Grazie all’impulso offerto dalle rinnovate conoscenze sull’infanzia e grazie all’impegno, e alle lotte è bene sottolinearlo, del personale, educativo e non, in sintonia con le famiglie utenti del servizio e in presenza di amministratori illuminati, gli asili nido comaschi sono diventati un “fiore all’occhiello” dell’Amministrazione e un valido luogo di crescita per bambini e famiglie.

Ma fiori all’occhiello non si nasce, lo si diventa con l’adeguatezza delle piante organiche, con la cura degli spazi, con la programmazione pedagogica, con la formazione permanente, con l’aggiornamento, con il coinvolgimento delle famiglie nella gestione e programmazione del servizio, con il sostegno convinto di chi governa la città.

E’ grazie a tutto ciò che essi sono diventati luoghi dove in cui si è fatta cultura sull’infanzia, si sono offerti ai bimbi strumenti per crescere in modo armonico, si sono sostenute mamme e papà nel trovare il modo migliore di essere genitori, si è cercato di diffondere la consapevolezza che il bambino, seppur piccolissimo, sia una persona con personalità e desideri e diritti propri, non più dunque appendice dei genitori.

La scelta delle Amministrazioni del passato (remoto) di investire sugli asili nido pubblici ha avuto ricadute sociali positive anche in relazione alla possibilità data in particolare alle donne di conciliare lavoro e famiglia. In un momento storico come quello che stiamo vivendo nel quale si sottolinea molto, almeno a parole, l’importanza del lavoro femminile, converrebbe tenere presente quanto gli asili nidi siano importanti per poterlo garantire, quando le donne decidono di avere un figlio. Queste positive ricadute sociali dovrebbero essere considerate quando si affronta il problema dei costi. Perché è innegabile che un asilo nido pubblico di qualità sia costoso ed è comprensibile che in anni di politiche restrittive che tagliano le risorse economiche a disposizione degli Enti Locali il problema dei costi si ponga.

Ma un’amministrazione saggia dovrebbe mettere a confronto costi e benefici per scegliere quel che è meglio per garantire diritti, rispondere ai bisogni, promuovere benessere. Sembra invece di capire che a Como, e non da ora, si preferisca disinvestire sugli asili nido pubblici: una per volta si chiudono strutture, cancellando così, chiusura dopo chiusura, un patrimonio prezioso per la città. Ma, viene detto, ci sono i nidi privati che possono sostituire quelli pubblici. Non è così. Un nido privato, anche nel migliore dei casi, può integrare l’offerta pubblica ma non sostituirsi a essa. Per sua natura un nido privato non può che rispondere alle leggi di mercato piegando le scelte educative a quelle economiche.

Alla luce di quanto detto ci auguriamo che chi governa oggi la città sappia tornare sulle proprie decisioni in modo responsabile, dimostrando capace di ascoltare e rispettare i bisogni che le famiglie utenti del servizio esprimono. E’ stato detto dall’attuale Sindaco che è piacevole vedere il cortile di Palazzo Cernezzi pieno di persone che protestano perché sarebbe questa la politica. Ci permettiamo di sottolineare che se conflitto e protesta sono utili a sollevare problemi la Politica, quella con la P maiuscola è la capacità di risolvere collettivamente i problemi, con pazienza, ascolto, rispetto reciproco e competenza.

Intervento Assemblea Cittadina “Per crescere un bimbo ci vuole un quartiere”
di Roberta Marzorati

Se è vero che un genitore può anche alzarsi un quarto d’ora prima, per un piccolo nell’età più delicata (tra i 6 mesi e i 2 anni), che già in genere non dorme tutta notte, e spesso tende a dormire un po’ di più il mattino, come fai a chiedere di svegliarlo ancora prima? Molti genitori non hanno due macchine e, a volte, anche nessuna.

I piccoli di oggi sono già sottoposti a ritmi frenetici e stressanti, questo sarebbe un ulteriore motivo di stress. Se poi si pensa agli edifici, pur rispettando le norme, non sempre hanno ambienti idonei, ad accogliere un grande numero di bambini, con zone ben separate che consentano la giusta dimensione di “nido” per i nostri piccoli.

L’asilo di via Italia Libera, per esempio, è stato il primo asilo nido nato a Como, nato con una concezione diversa rispetto alla distribuzione corretta degli spazi che consenta tranquillità, con ha zone spesso ricavate da pareti fatte di mobiletti. I bambini hanno bisogno di spazi che li proteggano e contagano i rumori: basti pensare che quando un piccolo piange, gli altri lo seguono.

I piccoli già separati da una famiglia circoscritta, la loro piccola comunità, si ritrovano in contesti molto più ampi ed esposti ad un maggior rumore, si spaventano, sentendosi minacciati. Con un concentrato di bambini, in spazi non adeguati per quella che è la funzione c’è il rischio di una maggiore esposizione di patologie…

E’ sì possibile ricavare più posti, ma in situazioni meno favorevoli. E’ necessario creare situazioni in cui il bambino venga stimolato e sia tranquillo e sicuro nel suo posto giusto. Si parla di crescita dei nostri bambini, non dobbiamo fare solo ragionamenti numerici. Aumentiamo i numeri e dobbiamo essere tutti contenti? NO! Noi siamo contenti se i nostri bambini crescono tranquilli. Questa decisione dovrebbe essere rivalutata. Cambiare idea è un segno di forza e non di debolezza!

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Un commento

  1. Ecco, il sindaco legga gli interventi e provi a comprenderli.
    Poi riveda le sue decisioni e chieda scusa agli oltre 300 genitori, nonni, cittadini sbeffeggiati

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