Il caso non è comasco ma comunque parla di una situazione generale.
E’ stato processato con l’accusa di aver mentito compilando l’autocertificazione.
Lo racconta Repubblica: durante un controllo a Milano, era marzo 2020 cioè lockdown, un 24enne aveva sostenuto di essere di ritorno dal lavoro. Non era vero.
E’ stato assolto, su richiesta della procura di Milano, poiché “un simile obbligo di riferire la verità non è previsto da alcuna norma di legge” e pure fosse sarebbe “in palese contrasto con il diritto di difesa del singolo” sancito dalla Costituzione della Repubblica Italiana.
La decisione del Giudice dell’Udienza Preliminare, alla fine del rito abbreviata, è arrivata “perché il fatto non sussiste”.
Le motivazioni della sentenza sono chiare: “è evidente come non sussista alcun obbligo giuridico, per il privato che si trovi sottoposto a controllo nelle circostanze indicate, di ‘dire la verità’ sui fatti oggetto dell’autodichiarazione sottoscritta, proprio perché non è rinvenibile nel sistema una norma giuridica”.
Nello specifico il ragazzo, controllato alla stazione di Cardorna il 14 marzo 2020, aveva spiegato di essere appena uscito dal lavoro in un negozio della zona. A una verifica delle forze dell’ordine il titolare aveva spiegato come quel giorno, viceversa, il 24enne fosse di riposo.
Il giudice, come riportato, specifica che non ci sono norme sull’obbligo di dire la verità nelle autocertificazioni legate alla pandemia e sottolinea come sia non costituzionale sanzionare chi ha deciso “”legittimamente di mentire per non incorrere in sanzioni penali o amministrative”.
Diversa decisione dall’ufficio Gip di Milano per chi vìola la quarantena con tampone positivo: in questo caso è reato.