Le analisi e gli studi si sono conclusi e a breve dovrebbe anche essere reso noto il cronoprogramma per la sistemazione dello spazio espositivo che lo ospiterà (l’ex-chiesa delle Orfanelle annessa al Museo Archeologico, oggi in pessime condizioni).
Insomma, questione di mesi e il “Tesoro del Cressoni” potrà fare ritorno a Como risollevando le sorti di un museo in agonia – o, sarebbe meglio dire, lasciato morire d’inedia – e di un’intera città orfana da troppo tempo di eventi culturali di grande respiro.
O forse no.
Perché leggendo la convenzione tra Comune e Soprintendenza stipulata pochi giorni fa, si scopre infatti che a Como non tornerà l’intero tesoro (ohibò), e neppure una parte significativa (in termini numerici, sia chiaro) delle monete ritrovate bensì “40-50 solidi rappresentativi delle differenti emissioni ed esemplificativi per tematiche”.
“Distacchi, cadute, grave degrado”: ecco perché le monete d’oro non sono al Museo
In pratica un pugno di monetine delle dimensioni degli attuali 5 centesimi che oltretutto, stando alle linee guida per l’esposizione indicate dalla stessa Soprintendenza, dovrà essere “ripartito in più vetrine”.
A onor del vero va anche detto che l’accordo prevede che, oltre alle monete, siano esposti anche il contenitore in pietra in cui sono state ritrovate, orecchini, anelli, frammenti di varia natura, un capitello, eccetera.
Martedì, pioggia, vento, una sala stracolma: Como chiede con amore le sue monete d’oro
Tutti reperti che permetteranno di raccontare la storia di questo ritrovamento e di questo pezzo di città.
Ma l’effetto tesoro, la cascata di monete luccicanti capace di lasciare senza fiato i visitatori? Niente, dimenticatela.
La responsabilità di stupire (oltre che, ovviamente, di raccontare) sarà interamente demandata, si legge nella convenzione, a “pannelli didattici e didascalie bilingui a stampa” ma anche, fortunatamente, alla “realizzazione di un allestimento che consenta di presentare in modo originale ed innovativo, eventualmente (eventualmente?) facendo ricorso a tecnologie digitali, la selezione dei reperti”.
Tutto giusto, per carità, ma vuoi mettere fare la fila per fare ooooh davanti a una vetrina traboccante di monete d’oro (poi raccontate e spiegate per bene da tutti gli apparati didattici possibili e immaginabili) rispetto a trovarsi 40 monetine in fila per sei col resto di due? Pago il biglietto per vedere un video, in pratica.
Rischio delusione altissimo.
E a chi chiedere le ragioni di questa scelta che sembra, a una prima lettura, un suicidio, se non all’assessore alla Cultura Carola Gentilini? “La ragione è principalmente assicurativa – spiega – portare a Como mille monete sarebbe impossibile, dovremmo predisporre un caveau e, oltretutto, non è neanche quello l’obiettivo della Soprintendenza che non punta sulla quantità ma sulla qualità dell’esposizione”.
Dopo il tesoro ritrovato, intervista al direttore scientifico: “L’ex Cressoni non potrà diventare un museo”
Passando poi all’apparato didattico e multimediale: “La ragione di questa scelta è anche di valorizzazione – continua l’assessore – esponendone mille si sminuirebbe il valore dello studio che la Soprintendenza sta facendo di ogni singola moneta che invece, nel futuro allestimento, verrà raccontato”.
E sul rischio delusione, Gentilini sembra serena: “Quello che vogliamo proporre non sarà una mera esposizione di monete e spetterà all’apparato multimediale e all’allestimento rendere l’atmosfera e costruire un racconto. Oltretutto, tengo a sottolineare che l’accordo prevede la possibilità di cambiare nel tempo le monete esposte rinnovando l’esposizione e proponendo nuovi spunti”.
Non resta che aspettare di vedere l’allestimento completo, quindi. Speriamo non troppo tempo.
Il presidente dell’Archegoloica: “Cinquanta Monete non sono poche”
“Cinquanta monete non sono poche, ci sarà comunque l’idea di ‘andare a vedere il tesoro’”.
Anche il presidente della Società Archeologica Comense Giancarlo Frigerio sembra tranquillo parlando del ritorno in città soltanto di una piccola parte del cosiddetto Tesoro del Cressoni.
“Al di là dei problemi assicurativi, non avrebbe avuto senso esporle tutte perché si tratta di monete piccolissime. In questo modo verranno esposte le più significative e l’apparato multimediale permetterà di vederle ingrandite e raccontate”.
Ma ‘l’effetto tesoro’, probabilmente filologicamente poco corretto ma capace di attirare anche i visitatori meno appassionati di archeologia? “Nel caso di ritrovamenti di questo tipo, la prassi è sempre esporne una selezione, per motivi di sicurezza.
Si pensi al furto, pochi mesi fa, dal museo di Sovana di 60 monete d’oro del cosiddetto Tesoro di San Mamiliano, composto da quasi 500 pezzi.
Fortunatamente non erano tutti esposti altrimenti il danno sarebbe stato incalcolabile. Occorre tenere presente prima di tutto la sicurezza dei beni e sicuramente l’apparato multimediale compenserà benissimo l’assenza dell’intero tesoro”.