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Ciceri (Confcommercio): “Sui tavolini in piazza Mazzini e sulla movida accuse eccessive. Nessun caos”

Arriva il bel tempo e la città si anima. Piazze e stradine del centro si popolano e i turisti prendono d’assalto bar e ristoranti. Pressoché ovunque i tavolini all’aperto sono ormai terra ambita di conquista per i visitatori tanto sono affollati i locali. E proprio sull’estensione degli spazi concessi a bar e ristoranti per posizionare, appunto, i posti riservati ai clienti, si dibatte ormai da tempo in città. L’argomento infatti non è nuovo e la pandemia lo ha in parte aggravato, o meglio ha fatto emergere un altro aspetto.

Questo perché, quando si è lentamente iniziata a intravedere l’uscita dal virus, i Comuni, compreso quello di Como, hanno voluto agevolare la ripresa dell’economia concedendo più spazi, in certe zone della città, e prevedendo dei canoni agevolati. Una misura necessaria per dare slancio a un settore che per due lunghi anni ha dovuto tenere le serrande pressoché sempre abbassate.

“Piazza Mazzini ostaggio di tavolini, sedie, ombrelloni. Como è anche dei residenti o solo dei locali?”

Ma, a parte questo aspetto, da tempo l’ampliamento degli spazi ha spinto a più riprese molti residenti a domandarsi se Como debba continuare la sua mutazione inevitabile in polo turistico e quindi dare spazio a quanto piace ai visitatori, a partire appunto da un posto dove sorseggiare un cocktail vista lago, oppure debba conservare anche la sua anima di città dove è possibile passeggiare in tranquillità e magari rientrare a casa senza dover schivare distese di sedie o orde di giovani in giro fino a tarda ora impegnati nell’oramai celeberrima movida, che assume poi nomi diversi in base alle fasce d’età che coinvolge.

Proprio nel numero scorso di ComoZero abbiamo raccontato delle proteste di un residente di piazza Mazzini, che denunciava di essere praticamente assediato dai tavolini dei bar, e delle successive repliche degli esercenti. Adesso tocca al presidente di Confcommercio Como, l’avvocato Giovanni Ciceri, intervenire sul tema.

Presidente, che città sta diventando Como? La denuncia dei lettori di ritrovarsi spesso a vivere in un luogo “preda” dei locali come può essere valutata?

Il tema è delicato. In conseguenza dell’emergenza Covid la decisione di ampliare in certi casi gli spazi è stata molto saggia. Ora ovviamente i vari soggetti coinvolti si potranno tranquillamente confrontare di nuovo per fare delle valutazioni, vista l’attualità. Ma la situazione di Como non mi pare, sinceramente, così caotica. Sono stato a Milano e in effetti lì, in certi punti, non si passa. Non è a mio avviso il caso della realtà comasca. Ma ribadisco, per far rivivere una città occupare gli spazi vuoti è stato positivo. Sottrarre magari alcuni parcheggi per dei tavoli non può che aver giovato e lo dico pensando non solo agli esercenti ma anche alle persone che sono tornate a vivere.

Dunque era un passaggio inevitabile, sebbene forse si tratti di un procedimento da controllare?

Ovvio. Ma vorrei anche aggiungere un altro elemento. Questa maggior apertura, senza pensare solo a Como, ha giovato tantissimo anche ai paesi più piccoli. Molti centri si sono così rivitalizzati, aprendosi alla gente. Naturalmente devono essere rispettate le regole e fatti i dovuti controlli. Indubbiamente, dal punto di vista sanitario, è meglio disporre di spazi all’aperto. Lo stesso assessore al Commercio (Marco Butti, Ndr) ha ribadito come, nel caso di piazza Mazzini, non siano stati assegnati ulteriori posti. Fondamentale la programmazione e il controllo.

Ma come valuta le reazioni, in certi casi anche molto dure, in arrivo dai residenti?

Sinceramente comprendo ci sia la necessità di confrontarsi, e noi siamo pronti, ma in certi casi le accuse mi sono sembrate eccessive. Non mi sembra giusto condannare la movida senza appello. Quello magari, a prescindere dalla confusione intorno ai locali, mi sembra piuttosto un fenomeno sociale da gestire. Non mi pare inoltre ragionevole, come suggeriva qualcuno, andare con il metro a misurare centimetro per centimetro l’occupazione del suolo pubblico. Detto questo, lo ribadisco, parliamone. Confrontiamoci, valutiamo magari il rapporto tra spazi interni ed esterni e tutto il resto. Insomma non siamo chiusi ma vogliosi di lavorare nella stessa direzione. La città è di tutti e anche a noi, anzi soprattutto a noi, giova se i residenti, oltre che i turisti, ci considerano una risorsa e non un ostacolo.

Intanto va ricordato che dal governo è arrivata la proroga – fino al prossimo 30 settembre – per i dehors e i tavolini di bar e ristoranti in regola con il pagamento dei canoni, anche se senza lo sconto sul pagamento delle relative imposte. Insieme a questo provvedimento, che nel concreto elimina le pratiche burocratiche e allunga il periodo di occupazione del suolo pubblico già ottenuto dal Comune senza nuovi passaggi intermedi, c’è anche il via libera – tra il 1° luglio e il 30 settembre – alle nuove richieste di occupazione di suolo pubblico (o di ampliamento di quello già concesso) in via telematica e con allegata la sola planimetria.

L’ARTICOLO CHE HAI APPENA LETTO E’ USCITO SU COMOZERO SETTIMANALE: ECCO DOVE PUOI TROVARLO

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6 Commenti

  1. Tornate nelle vostre proprietà, le piazze ed i marciapiedi sono di TUTTI ! Questa categoria NON è la padrona del suolo pubblico. E basta con la “pandemia” e “ristori” , state facendo soldi a palate da mesi.

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