Dopo 13 anni in Canada, a Toronto, Mario Cagnetta, prima giornalista, ora sommelier manager in una nota catena di ristoranti canadesi, ha deciso di tornare a vivere in Italia, a Como. Almeno temporaneamente.
“Ho deciso di tornare in Italia quando ho capito che la situazione stava nuovamente peggiorando, a fine ottobre – spiega Mario – ho preso questa decisione perché durante il primo lockdown, in primavera, i miei genitori, che sono anziani, sono rimasti da soli, isolati. Non volevo che accadesse di nuovo”.
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Una scelta presa anche in virtù del fatto che il settore della ristorazione, nel quale Mario lavora in Canada, anche oltreoceano è fermo. “Sono sommelier manager per questa catena da cinque anni – spiega il comasco – che al momento sta tenendo chiusi i suoi ristoranti. In teoria lo Stato dà la possibilità di aprire, però si può mangiare solo fuori, non nel locale e i gestori in questo modo hanno più costi che guadagni così hanno deciso di aspettare”.
Tornato a casa ha rispettato la quarantena prevista per legge ma ha qualche critica nei confronti di chi l’ha organizzata sul nostro territorio. “Sono stato in isolamento per 14 giorni per il mio senso di responsabilità – racconta – ma nessuno da Ats Insubria ha mai controllato che io rispettassi veramente la quarantena. Conosco italiani che sono tornati dall’estero e non l’hanno rispettata senza alcuna conseguenza. E’ assurdo”.
Ad ogni modo, almeno sotto alcuni punti di vista, il Canada non si è comportato in modo molto diverso sulla gestione della pandemia.
“Tutti i Paesi stanno facendo errori di gestione – spiega Mario – il Canada ha attuato un piano molto prudente, soprattutto perché doveva far fronte alla cattiva gestione degli Stati Uniti. I numeri attualmente non sono alti, circa 1800 casi giornalieri in Ontario, ma il Governo non è indebitato come quello italiano e può essere prudente, chiudere e portare avanti politiche di sostegno più importanti. Ad esempio nei mesi del primo lockdown sono stati dati a tutti coloro che avevano perso il lavoro, senza differenze, 2mila dollari al mese, ovvero circa 700/800 euro se si paragona il costo della vita nei due Paesi. Inoltre sono state fatte politiche di sostegno per gli affitti che sono molto cari: per una stanza in città si pagano fino a 2mila dollari”.
E il futuro? “Al momento in Canada ristorazione e cultura sono bloccate – conclude – è chiaro che vorrei lavorare, nei mesi scorsi mi sono arrangiato facendo le consegne, ma la situazione è quella che è. Staremo a vedere”.