Termometro già abbondantemente sotto lo zero e pedoni convertiti allo sci di fondo che utilizzano i marciapiedi come fossero piste. Il lockdown in Kazakistan visto attraverso gli occhi dell’architetto comasco Sergio Beretta è una scoperta tutto sommato inaspettatamente piacevole.
“Mi sono trasferito a Almaty a inizio novembre chiamato dal collega Riccardo Marini, ex direttore dello studio Gehl a Copenaghen, a collaborare come consulente tecnico a un importante progetto di una grossa società di investimenti – racconta – un salto nel buio, mi sto ancora organizzando ma diciamo che, vedendo quello che sta succedendo lì, mi sa che ho fatto la scelta giusta”.
La città in cui si trova Beretta, infatti, è in una sorta di “zona gialla” molto simile alla nostra ma con una differenza sostanziale: “Le restrizioni sono molto simili a quelle che ci sono a Como in questi giorni e cioè mascherina obbligatoria, bar e ristoranti chiusi alle 22 e misurazione della temperatura all’ingresso di uffici e centri commerciali – spiega – ma qui hanno il terrore del Covid e il lockdown è scattato subito, con appena 50 casi su quasi 2 milioni di abitanti”.
Quindi via libera al sacro rito della settimana bianca e persino a quello della “vasca” senza mascherina, praticamente ancora dei miraggi per noi italiani: “Le piste da sci sono aperte e anche in città c’è molto movimento – racconta – e nel weekend inspiegabilmente scatta una sorta di ‘liberi tutti’ non autorizzato e sono tutti in giro senza mascherina. Io invece ormai ci ho fatto l’abitudine e uso sempre la mia portata da Como, del bar Krudo naturalmente”.
Ma in questa metropoli, più simile a una capitale nordeuropea che alla grigia città in stile Soviet battuta dal vento della steppa che imporrebbe l’immaginario collettivo, come sta vivendo il suo lockdown kazako il “re di piazza Volta”?
“Mi mancano il Campari shakerato e un Negroni fatto come Dio comanda – ammette ridendo – sono sempre chiuso in studio tra una riunione e l’altra e sto ancora organizzando la vita qui, quindi non ho molto tempo per la vita ‘mondana’. Però ne approfitto per studiare: a casa sto imparando il cirillico su Babbel, se non lo sai leggere è un disastro orientarsi in città”.
E di tornare a Como a breve non se ne parla: “Anche volendo farlo non potrei perché dal giorno prima che arrivassi qui è entrata in vigore la norma che impedisce agli stranieri di entrare nel Paese più di una volta in novanta giorni, quindi la mia possibilità me la sono già giocata appena atterrato – spiega – e poi, oggettivamente, cosa verrei a fare? Tornerò sì, ma quando potrò di nuovo abbracciarvi”.
Un commento
Ma alla fine cosa ha detto ???
Nessuno gli ha chiesto di tornare qui mi pare !!??????