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Como e la crisi del commercio al dettaglio, sempre meno negozi: crescono bar, ristoranti e alberghi

Il TradeTalk, realizzato in occasione della settima edizione dell’Osservatorio sulla demografia d’impresa nelle città italiane e nei centri storici, iniziativa promossa da Confcommercio Imprese per l’Italia, è dedicato ad un’analisi del tessuto commerciale nelle città.

Questo video racconta in sintesi il quadro della riduzione progressiva delle imprese commerciali nelle città negli ultimi dieci anni, con un’attenzione particolare alla situazione dei centri storici:

In particolare cala del -5% il numero di imprese del terziario nel comune di Como nel 2021 rispetto a quelle del 2012. L’iniziativa, su dati del Centro Studi delle Camere di Commercio G. Tagliacarne, ha preso in esame 120 comuni italiani medio-grandi, compresi 110 capoluoghi di provincia fra cui il nostro.

Sempre per la città di Como, lo studio di Confcommercio segnala una pressoché invariata proporzione fra imprese nel centro storico (50% nel 2012 contro 51% nel 2021) e al di fuori di questo (50% contro 49%). Per il comparto alberghi, alloggi, bar e ristoranti si assiste, anzi, a una lieve crescita percentuale delle attività in centro, passando dal 51% di 10 anni fa al 54% dell’anno scorso.

È ancora una volta, poi, il comparto degli alloggi e dei locali pubblici a guidare la crescita numerica delle imprese nel centro storico: dalle 324 imprese del 2021 si passa alle 353 del 2021, corrispondente a un +9%. A livello nazionale, invece, l’aumento di questa categoria è stato di oltre il 46%.

Diversa è la situazione per quanto riguarda il commercio al dettaglio, che include attività dalla vendita di alimentari e bevande, ai tabaccai e distributori di carburante fino alle farmacie. In questo caso, infatti, a livello nazionale si registra un calo del -15,3% nel numero di imprese in centro città, mentre il dato per il capoluogo lariano ferma il trend negativo al -12%.

Oltre al calo numerico delle imprese a Como, però, occorre considerare anche il giro d’affari delle attività stesse, elemento che serve a inquadrare meglio il fenomeno e su cui hanno pesato diversi fattori soprattutto negli ultimi anni. Non hanno inciso e incidono, infatti, solo pandemia e lavoro a distanza ma anche aumento del costo delle materie prime, incrementi nel costo di fornitura energetica e gas prima per ragioni di mercato e poi geopolitiche, come anche una crisi endemica dei consumi reali in Italia, che sono ancora inferiori a quelli registrati nel 1999.

Per un’azione di nuova crescita nelle città e nell’interesse di chi vi abita e lavora, dunque, Confcommercio auspica modelli di sviluppo urbani orientati al medio-lungo periodo, il rafforzamento di partenariati locali e una maggiore integrazione progettuale tra i temi urbani e quelli economici, puntando ad un utilizzo efficace dei finanziamenti nazionali ed europei.

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