Era lo scorso febbraio quando il neo responsabile della Comunità Pastorale “San Giovanni Battista Scalabrini” don Enzo Ravelli annunciava con una lettera ai parrocchiani la vendita dell’oratorio di San Rocco a un’impresa immobiliare Como House che, si legge, “ permetterebbe alla Parrocchia di San Rocco di poter ristrutturare la casa parrocchiale e lo stabile detto ‘vecchio oratorio’ ormai fatiscenti, e di fare alcuni interventi urgenti in chiesa parrocchiale come l’adeguamento dell’impianto di riscaldamento, vecchio e malfunzionante, e la sistemazione di alcuni muri perimetrali soggetti a continue infiltrazioni d’acqua”. “Ovviamente – prosegue la lettera – per la ristrutturazione della casa parrocchiale e dello stabile detto “vecchio oratorio” si terrà conto delle necessità pastorali della Comunità Pastorale San Giovanni Battista Scalabrini e della vocazione alla carità che San Rocco ha ricevuto in questi anni, grazie alla testimonianza di don Roberto e di tante persone che si sono dedicate e si dedicano ai poveri”.
Una promessa che, però, evidentemente non è bastata a rassicurare chi, in quegli spazi e non solo, prosegue da anni l’opera di accoglienza di don Roberto Malgesini, il sacerdote ucciso il 15 settembre 2020 proprio da una delle persone cui forniva ogni giorno aiuto.
Alla comparsa dei muri, legittimamente costruiti dall’impresa incaricata dei lavori, che hanno chiuso il portico sotto il quale venivano distribuite le colazioni da i volontari e dopo le prime reazioni di Como Senza Frontiere, di Luigi Nessi, anima del volontariato comasco e Abbondino d’Oro 2018, che su Ecoinformazioni si è chiesto se la gente, oltre a domandarsi cosa stanno facendo lì (richiamando lo striscione appeso dall’impresa a chiusura del cantiere con la scritta “Cusa l’è che in dré a fa?”) si domanderà mai cosa faranno ora le persone che trovavano un punto di riferimento in quel lupgo, e di don Giusto Della Valle che ha proposto alla Parrocchia di accogliere in servizio di colazioni all’interno della chiesa trasformando la casa di don Malgesini “in un garage in cui riparare i motori di umanità che non passano la revisione secondo i nostri calcoli”, ecco un ultimo segnale che è impossibile ignorare.
Da qualche ora, infatti, su quei muri destinati a chiudere per sempre uno spazio di accoglienza fondamentale per la città, per quanto spesso contestato, è apparsa una scritta a vernice bianca accompagnata da un grande cuore rosso: “Invece di scrivere un epitaffio ce la metteremo tutta perché vinca l’amore. Don Roberto vive”, a ricordare che si può perdere un luogo ma non la voglia di accogliere chi è meno fortunato di noi.
5 Commenti
Sicuramente verrà a mancare un luogo che dava speranza agli ultimi
Speriamo che con la stessa sollecitudine con cui è stato eretto il muro partano i lavori di sistemazione della casa parrocchiale e del “vecchio oratorio”.
Una sola domanda: chi ha autorizzato il muro?
Il muro è autorizzato dalla nuova proprietà dell’edificio, è spiegato nell’articolo che la parrocchia ha venduto l’oratorio e la nuova proprietà lo ristruttura… saranno liberi di tirare su un muro visto che hanno acquistato l’edificio.
* PERCHÉ