Partendo dal fondo, la paura è che la famiglia Hartono – se non lo aveste già capito stiamo parlando del futuro stadio Sinigaglia – visti i diversi problemi sorti sulla strada che dovrebbe condurre alla realizzazione del nuovo impianto “possa domandarsi se sia utile proseguire o se forse sarebbe meglio abbandonare il lago di Como. Diciamo che le risorse economiche non gli mancano e, facendo una provocazione, potrebbero decidere, perché stufi di questo tira e molla, di andare a comprarsi una squadra altrove”.
A dirlo è l’architetto Davide Mantero che già avevamo ospitato sulle pagine del nostro giornale con una riflessione sul futuro dello stadio Sinigaglia.
E adesso, dopo l’acceso dibattito sviluppatosi nelle ultime settimane ma soprattutto dopo la conferenza dei servizi che ha di fatto imposto una serie di vincoli che rimettono in discussione la proposta progettuale presentata dallo studio di architettura Populus, (va ricordato come sia stata avanzata una doppia allerta sia sul fronte del piano economico che delle dimensioni), “ecco che si impone un ulteriore analisi di quanto sta accadendo”. [Qui il parere della Soprintendenza anticipato da questo giornale].
“Un ragionamento che nasce dal mio amore per la città, per lo stadio e per la Squadra e anche per il fatto che (se nessuno se lo ricordasse) io sono stato nel Comitato collettivo della Fossa Lariana per 6 anni negli anni ’80 quindi i tifosi sappiano che non sono solo un architetto”, dice Mantero.
E tra i vari dubbi messi nero su bianco dalla Soprintendenza ecco cosa si scriveva: “Il fatto che per la tribuna est: la nuova costruzione dovrà limitarsi a contenere la sola tribuna e gli eventuali spazi di distribuzione e accesso per i tifosi; il limite del sedime della nuova tribuna dovrà essere compreso entro l’impianto al suolo della curva esistente, in modo da lasciare integro il viale esistente, compresi gli esemplari arborei esistenti sul lato ovest che dovranno essere conservati ed eventualmente integrati con altri esemplari simili per specie. L’arretramento del nuovo corpo di fabbrica dovrà essere pari ad almeno 15 metri dal bordo del marciapiede esistente; l’altezza della copertura dovrà essere contenuta entro i 16 metri, riducendo quella prevista in progetto pari a circa 22 metri; per la tribuna nord: le nuove costruzioni dovranno avere una unica copertura complanare (alla quota massima di 16 metri dalla quota stradale) che eviti le scalettature previste dal progetto; lungo viale Puecher dovrà essere previsto un viale alberato con esemplari di grandezza almeno secondaria; per la tribuna nord: le nuove costruzioni dovranno avere una unica copertura complanare (alla quota massima di 16 metri dalla quota stradale) che eviti le scalettature previste dal progetto; lungo viale Puecher dovrà essere previsto un viale alberato con esemplari di grandezza almeno secondaria; per la tribuna sud: il limite della nuova costruzione prevista dal progetto è ammissibile ad eccezione dell’altezza della copertura che dovrà essere, come per le altre, pari a circa 16 metri dalla quota stradale”.
“Sedici metri non sono un numero a caso, è di fatto l’altezza attuale della tribuna coperta, e questo prova il fatto che la Soprintendenza ha dato indicazioni coerenti sia con la realtà normativa, culturale e ambientale del comparto, che con le esigenze di uno stadio contemporaneo: ha concesso quello che aveva senso e coerenza concedere” dice Mantero.
Alla luce di tutto ciò, “la prima domanda che mi pongo e che sottopongo anche alle tantissime persone interessate al futuro di Como è: come si è potuti arrivare a questa situazione? Come è possibile che i soggetti interessati non fossero consci di limiti architettonici, storici, culturali e ambientali in essere sull’area? E soprattutto il primo cittadino non ha fornito tutte le indicazioni necessarie? Me lo chiedo perché mi sembra incredibile che si siano ignorati certi passaggi e non si sia analizzato nel dettaglio il quadro normativo di riferimento. È vero che quanto presentato non è un vero e proprio progetto ma è in altresì’ in evidente contrasto con quanto era logico aspettarsi dalle indicazioni normative, quindi perché presentarlo?”.
E ancora, sempre sull’atteggiamento del Comune e sullo stato dell’arte la riflessione che si impone è: “Come si arrivati a una ipotesi progettuale fuori scala, fatto sotto gli occhi di tutti. Uno stadio così immaginato, attraverso quanto tutti abbiamo visto, in riva al lago, non ci sta. E’ più o meno quello che la Soprintendenza ha definito, con i limiti che ha imposto. Dal mio punto di vista invece la ritengo una bocciatura del progetto.”
Ma ancora più incomprensibile è “l’atteggiamento del Comune che si è forse reso garante di un’operazione così complessa senza pensare, in apparenza, che ci sono anche altri autorevoli soggetti coinvolti e chiamati a dire la loro. Dalla Soprintendenza, alla Commissione Provinciale di Vigilanza, ai Vigili fuoco, alla Federcalcio, al Coni. Non si può prescindere dal confronto con gli altri Enti preposti, il Comune e il suo ufficio tecnico e dirigenziale sono, nel loro insieme, uno dei sette attori che prendono la decisione finale”, spiega sempre Mantero.
Un insieme di valutazioni che sono fatte, va ricordato da Davide Mantero ultimo progettista che ha effettivamente messo mano all’impianto: nel 2002 si occupò dell’intera ricostruzione della curva Est (ospiti) insieme con lo studio Te.co di Bergamo. Da ricordare che Mantero è figlio e nipote di architetti, il nonno Gianni fu il primo a ristrutturare in modo radicale il Sinigaglia realizzato appena una decina di anni prima da Giovanni Greppi; negli anni ’80/’90 il papà Enrico è intervenuto sulla tribuna coperta che aveva problemi di visibilità, poi ristrutturò il settore distinti e quindi contribuì prima della morte al lavoro del figlio sulla curva. Insomma, Mantero ha certamente una conoscenza profonda del tema.
Messi sul piatto dubbi e timori, come andare avanti? “Domanda cruciale perché sarebbe un disastro se gli Hartono decidessero di rinunciare. Allora si deve partire, a mio avviso, da un elemento chiaro: questa società sta spendendo milioni per il brand e si stanno impegnando a fondo per la squadra di calcio. Opera lodevolissima. Auspico pertanto che dopo questo passaggio ci sia da parte dei progettisti una maggiore attenzione al luogo e che vengano mantenute e rispettate le indicazioni di tutela e quelle economico – finanziarie che sono emerse dalla Conferenza dei Servizi. Inoltre, sarebbe davvero utile capire cosa ne pensa la società di quanto sta accadendo”.
“Da ultimo, anche se mi rendo conto che si tratta più di una visione romantica e meno aderente agli interessi privati, vorrei comunque fare una proposta idealista ma, come dicevo, romantica. Perché non pensare di investire per un impianto fuori dal centro e invece trasformare il Sinigaglia in una vetrina nel cuore di Como? Farne la sede della società, il campo di allenamento e preparazione atletica con la possibilità di assistere da parte delle persone agli allenamenti, farci magari delle amichevoli, organizzare eventi”.
E ancora “ripristinare il velodromo, cosa da sempre nei desideri della Soprintendenza e farci arrivare la tappa finale del giro di Lombardia? Cosa avvenuta molte volte in passato. E, in questo caso, senza tutti i problemi e limitazioni connessi al calcio professionistico, sarebbe molto più fattibile realizzare hotel, spazi commerciali e attività di ristorazione”.
Una visione del futuro “che sarebbe doppiamente vantaggiosa sia per la squadra, per la Società che per il vecchio Sinigaglia restaurato a dovere e valorizzato”, conclude Mantero.