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Como, l’ufficiale e gentiluomo in pensione: “Come era questa città, come non sarà mai più. Il centro, lo stadio, le campane. Ricordi di una vita”

NOTA: ecco l’intervista integrale pubblicata su ComoZero Settimanale a Luciano Campagnoli, mitico vicecomandante della Polizia Locale appena andato in pensione (qui il racconto). Pubblichiamo l’articolo completo, senza i tagli dovuti agli spazi concessi dal cartaceo.

L’Italia è campione del mondo da un paio di giorni, ma non quella di Zambrotta del 2006, quella dell’82 di Rossi, Tardelli, Gentile e Bearzot. Il 16 luglio 1982 Luciano Campagnoli, comasco cresciuto in centro storico, oratorio della Città Murata, San Fedele mette la divisa da agente della polizia locale. Allora si diceva vigile urbano. Dieci giorni prima aveva svestito quella di militare per il servizio di leva. In divisa sarebbe rimasto 42 anni, fino al 1° maggio di quest’anno, quando da vicecomandante, commissario capo coordinatore è andato ufficialmente “a riposo”. Campagnoli a Palazzo Cernezzi è stato un’istituzione. Uomo di relazioni e di soluzioni, professionista preparato e rigoroso sulle regole, ma anche in grado di aiutare le amministrazioni, i colleghi, i cittadini e le associazioni difronte a intricate questioni burocratiche. Ha sicuramente lasciato un vuoto al Comando di viale Innocenzo, il vicecomandante pluridecorato (qui abbiamo raccontato il giorno del pensionamento con festa e video).

Non parlate però di vacanze al 64enne Campagnoli, almeno per ora. “Cerco di mantenere gli orari di sempre, ad iniziare dalla sveglia molto presto e, devo ancora curarmi dai postumi dell’ictus, ho seri problemi di vista, ho fatto il trapianto della cornea, ma dovrò essere operato di cataratta. Al momento ho pure la patente sospesa, ma questo non mi ferma certo. Ho già preso l’impegno per il prossimo Grest in parrocchia, la domenica non manco in San Fedele a suonare l’organo, ci sono la famiglia, gli amici, i cani, il giardino…”.

Come è cambiata la sua Como in questi quarant’anni e passa in cui l’ha osservata da sotto il cappello da vigile?
Tanto, anzi tantissimo. Dal 1982 a oggi siamo in un’altra città. E anche il servizio di polizia urbana o polizia locale, si è rivoluzionato. Ci sono stati momenti in cui eravamo 120 uomini e donne per esigenze minori, oggi si è in un’ottantina, che vuol dire 70 in servizio effettivo.

Il traffico dei veicoli è stato rivoluzionato?
Quando ho iniziato non c’era il Girone, ma io mi ricordo anche quando in centro passavano le auto. Ho la foto della mia prima comunione, con piazza San Fedele che è un parcheggio. In via Indipendenza c’era il doppio senso di marcia e il vigile faceva attraversare i bambini in via Vittorio Emanuele, davanti alle Poste, per farli arrivare in sicurezza alla scuola di via Perti. Sembra incredibile.

E’ vero che oggi non esistono più le ore di punta?
Proprio così, fino a una ventina di anni fa sapevi che i problemi viabilistici a Como si creavano dalle 7.30 alle 9 e dalle 12 alle 13, poi e dalle 17 alle 19. Andavano presidiati tutti gli incroci, ci sono dei nodi irrisolti, come quello di San Bartolomeo. Una volta, parliamo di prima del girone, c’era anche la famosa pedana mercato, un posto fisso con un agente che si occupava di viabilità. Poi arrivavano però i periodi di calma piatta. Ad agosto le strade della città sembravano il deserto del Sahara, anche a luglio. Adesso è un continuo flusso, 365 giorni l’anno. A me spiace tanto che si sia snaturato il centro storico.

Non si riconosce più nel suo quartiere nativo?
Era davvero un altro mondo, con tanti residenti e una serie di piccoli negozi al servizio dei cittadini e non solo dei turisti. Dai macellai ai postai, ai panettieri. Vi racconto un aneddoto, che riguarda il mio primo intervento in divisa. Una signora chiamò al comando per lamentarsi per dei bambini che giocavano a pallone sul sagrato di San Fedele. Arrivai da giovane viabilista, la signora era alla finestra ed esclamò “ecco… hann mandà quel giust”. Fino a qualche anno prima ero anch’io tra quei ragazzini che giocavano e a quel tempo ero il loro catechista. Oggi sarebbe impensabile vedere dei bambini, figli di residenti scendere in piazza e giocare. Per noi era una cosa naturale. Negli anni Sessanta in quattro parrocchie del centro si contavano 8mila residenti, San Fedele ne aveva 4mila da sola. Sono gli attuali abitanti del centro storico circa 4mila. Mia nonna abitava in via Rovelli, nel suo palazzo, una casa di ringhiera, vivevano 48 persone, oggi sono rimasti in 5. Tanti edifici sono stati ristrutturati, si sono create splendide residenze di lusso, uffici, gli affitti sono lievitati in modo esponenziale. I proprietari, se non puoi pagare, trasformano gli appartamenti in case vacanze, ma così si è spopolato il centro. Si passa da situazioni in cui è difficile camminare per il flusso di turisti al deserto della sera. Da bambino, le racconto un altro aneddoto, dopo il rosario di maggio si stava a giocare in centro. L’accordo con la mamma è che si rientrava al suono della campana delle 21. Ma noi ci accordavamo con il sacrestano, Virginio, affinché suonasse un po’ più tardi, e si stava fuori a giocare, eravamo bambini delle elementari. Oggi sarebbe impossibile pensare di lasciare dei bambini in giro la sera da soli.

Campane dopo le 21, oggi sarebbe vietato, c’erano anche altri rumori che non si sentono più vero?
D’estate, all’una di notte, si sentiva la serranda del Bar Ariston, l’ultimo locale che chiudeva e qualche volta, se le finestre erano aperte, si percepiva anche il rumore delle bocce sul tavolo da biliardo. Poi c’era il triplice fischio dei treni merci… ma pure i rintocchi dei campanili si avvertivano a tutte le ore, è una città che non esiste più, ma che non è neppure a misura di turista.

I mezzi pubblici non tengono il passo con questi flussi?
Io, per i miei problemi di salute, mi sto muovendo spesso in autobus da Cernobbio, dove vivo da trent’anni. I mezzi arrivano di continuo in ritardo, le corse sono soppresse. Chi usa l’autobus per lavorare è sempre a rischio sull’orario. Pensare di prendere un battello in certi momenti della giornata è impossibile, anche fare il biglietto. Domenica l’altra ero in piazza Cavour, alle 10.30 l’altoparlante della Navigazione ha comunicato che il battello delle 12 era già completo e non si potevano più acquistare biglietti. Ma basta vedere, ogni giorno il flusso di turisti che scendono dalla stagione di San Giovanni in via Gallio, verso il centro storico. Una fiumana continua.

Un giovanissimo Luciano Campagnoli (a sinistra) quando piazza San Fedele era ancora il centro della comunità

Anche fare l’agente di polizia locale è cambiato tanto immagino.
Fino agli anni Novanta si lavorava h 24, anche con il servizio notturno. In Lombardia riuscivamo a garantire il notturno soltanto noi di Como e i colleghi di Milano. Adesso si stacca all’una di notte e si riprende alle 5. Ricordo bene le notti passate a Ponte Chiasso a causa delle problematiche legate ai mezzi pesanti, con la dogana chiusa, o anche a Como Sud. I colleghi della Stradale facevano uscire i Tir dall’autostrada e questi invadevano i campi. Poi venne realizzato LarioTir, ma all’inizio non era asfaltato e qualche camion restava impantanato…

Avrà rilevato anche tanti sinistri stradali.
Sì, ma se parliamo di feriti gravi, io ho un grosso problema, da sempre sono molto sensibile al sangue. Ricordo un drammatico investimento in via Nazario Sauro, dovevo segnare le tracce ematiche sul terreno con gesso. Mi risvegliai al comando, mi avevano portato i colleghi perché ero svenuto. Altre volte non mi facevano neppure scendere dall’auto per evitare che stessi male.

Servizi per le partite del Como allo Stadio Sinigaglia, quanti ne ha fatti?
Ho perso il conto. Anche qui i miei ricordi partono dagli anni Ottanta, il Como in serie A, contro il Napoli di Maradona, la Juve, la Roma, io sotto lo stadio a fare le multe e prendere gli insulti dalla curva, tra gli ultras c’era anche mio fratello. Non venivano emanate però ordinanze particolari. Lo stadio aveva una capienza di quasi 25mila spettatori, c’erano auto ovunque. Da Villa Olmo a Tavernola sui marciapiedi, la via Bixio e la 27 Maggio diventavano a una corsia. Ricordo anche un altro episodio, un incontro ravvicinato con dei tifosi del Verona. Arrivavano dalla stazione, scortati a piedi dalla polizia, io ero all’incrocio tra via Recchi e via Sant’Elia, da solo, poco più che ventenne. Mi accerchiarono e mi costrinsero a bere del vino che avevano portato. Io però non reggevo il vino. Dei passanti mi videro seduto a terra con la camicia sporca di rosso semi incosciente. Scattò l’allarme per il pestaggio di un vigile. In realtà non riuscivo soltanto a reggermi in piedi. Il discorso dello stadio è un tema delicato. Oggi le tifoserie sono più violente, una volta noi agenti in servizio, entravamo anche a vedere la partita, si usciva un quarto d’ora prima della fine. Pensare a una cosa simile in questo momento sarebbe impossibile, poi c’è il discorso della chiusura del lungolago, si dovrà gestire la viabilità con molta attenzione e i disagi non mancheranno certo. Le strade di Como sono quelle. Basta mettere un birillo in viale Lecco per creare coda fino a Camerlata.

Con quanti sindaci ha lavorato?
Sono entrato con Antonio Spallino, Felice Bernasconi mi nominò sottufficiale, poi ho lavorato con Meda, Simone, Pigni, il commissario Levante, i dieci anni di Botta e di Bruni, infine con Lucini, Landriscina e ora con Rapinese. Ricordo benissimo tanti assessori, decine e decine di dipendenti comunali. Da agente i rapporti con la giunta in pratica non ci sono, ma già con Bruni ero vicecomandante e anche con le amministrazioni successive credo di aver sempre instaurato un buon rapporto. Non chiedetemi però di dare giudizi. Mi spiace che con l’attuale sindaco Rapinese, per i miei motivi di salute, ho potuto collaborare ben poco.

Per quasi sei anni è stato al comando della polizia locale di Lurate Caccivio, che ricordi ha del periodo?
Era un Comune che in quegli anni superò i 10mila abitanti, una città. Mi sono trovato sicuramente bene, anche se il personale era davvero limitato, eravamo in servizio in 7, 8 insieme a Bulgarograsso. Non si poteva neppure garantire il servizio la domenica. Così poi ho chiesto di rientrare a Como.

E adesso, darà ancora una mano ai colleghi con cui ha vissuto tanti anni?
Ecco, della mia generazione ne sono rimasti due o tre. Io ho dato disponibilità, da volontario, se serve qualcosa per le pratiche che ho avviato, sanno che sono disponibile. Però ognuno è figlio del suo tempo. Le racconto un ultimo aneddoto. Io ho avuto per 23 anni Vincenzo Graziani come comandante. Ci siamo visti l’altro giorno. Mi ha detto che l’avevano appena fermato mentre era in moto due giovani vigili, nei pressi di piazza Cavour. Graziani aveva spiegato agli agenti che da lì si poteva passare e che lui aveva vestito la loro stessa divisa e comandato la polizia locale. A questo punto, uno dei due agenti, verificato il codice e la correttezza del transito, ha detto che forse si ricordava di avere visto la foto del motociclista sul libro della storia del comando. Il libro, in realtà, è quello che ho scritto io e tra qualche tempo anch’io forse diventerò il ricordo sbiadito su qualche fotografia. Questo per i colleghi in divisa, ma non per la città e i tanti amici che continuo e frequentare.

VIDEO Emozione a Como: le sirene della Polizia locale per il vicecomandante Campagnoli in pensione dopo 43 anni

L’ARTICOLO CHE HAI APPENA LETTO E’ USCITO SU COMOZERO SETTIMANALE

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3 Commenti

  1. Un grande GRAZIE a Luciano Campagnoli per la sua dedizione, la sua precisione, il suo senso pratico e la sua simpatia e gentilezza nei quasi 15 anni nei quali ho avuto il piacere di collaborare con lui.

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