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Como, quella maxi iguana non si poteva tenere: la multa al proprietario è davvero da record

Un metro e venti di squame smeraldo, dita uncinate e uno sguardo antico come le foreste tropicali: l’Iguana iguana finita al centro di una vicenda giudiziaria a Como ha finalmente cambiato il proprio destino. Confiscata dal Tribunale lariano poiché detenuta in violazione della normativa sulla fauna protetta (CITES) e priva della documentazione idonea a comprovarne l’origine lecita, l’esemplare è stato trasferito in via definitiva presso il Reparto Carabinieri per la Biodiversità di Punta Marina (Ravenna), struttura specializzata nella gestione della fauna sequestrata.

Il blitz: come i Carabinieri del Nucleo CITES di Ponte Chiasso hanno scovato l’iguana

La scintilla è partita da una segnalazione arrivata ai militari del Nucleo Carabinieri CITES di Ponte Chiasso, un controllo amministrativo nell’abitazione di un privato incrociato con verifiche documentali, ha fatto emergere come l’esemplare in questione fosse sprovvisto della documentazione necessaria a dimostrarne l’origine. Non risultavano infatti agli atti registrazioni, marcature conformi, tantomeno attestazioni di nascita in cattività riconosciute.

Conclusosi l’iter processuale il Tribunale di Como ha riconosciuto la responsabilità del proprietario per la detenzione illecita dell’esemplare tutelato dalla convenzione di Washington e detenuto in assenza di prove in grado di comprovarne l’origine lecita. Il giudice ha disposto la confisca definitiva dell’iguana ed ha inflitto al detentore un’ammenda di 40.000 euro. Una stangata economica che richiama la severità con cui l’ordinamento italiano tratta le violazioni in materia di commercio e possesso di fauna protetta. La confisca apre la strada alla riassegnazione dell’animale. Dopo il nulla osta degli organi competenti, la scelta è caduta sul Reparto Carabinieri per la Biodiversità di Punta Marina a Ravenna che già ospita e gestisce fauna sottoposta a sequestro e confisca. L’obiettivo: garantire condizioni di benessere e, se possibile, inserirla in programmi educativi rivolti alle scuole per spiegare perché acquistare animali esotici senza documenti alimenta traffici illegali.

Perché bastano dei documenti a cambiare tutto

Nel mercato legale degli animali esotici la parola chiave è tracciabilità. Senza certificati CITES validi (o, per alcuni allegati, attestazioni di nascita in cattività e regolari fatture di cessione), un esemplare può essere considerato di origine sospetta: prelevato in natura, importato clandestinamente o movimentato fuori dai canali autorizzati. L’onere di comprovare la liceità dell’acquisizione ricade sul detentore. Quando la prova manca, scattano sequestro, confisca e sanzioni che possono arrivare ad ammende pesanti ed a responsabilità penali. Nel caso comasco, il proprietario non è stato in grado di fornire alcun titolo idoneo. Da qui la condanna e la perdita dell’animale.

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