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Coronavirus, i sindacati al prefetto: “Temperatura senza consenso ai lavoratori: no al caos nelle aziende”

Dopo l’incontro di ieri, i tre segretari genrali di CGIL Como, CISL dei Laghi e UIL del Lario, rispettivamente Giacomo Licata, Francesco Diomaiuta e Salvatore Monteduro, hanno inviato una lettera riassuntiva di alcune proposte al prefetto di Como.

Ne pubblichiamo ampi stralci, con un’attenzione particolare al monito lanciato dalle organizzazioni sindacali rispetto al proliferare di decisioni e direttive autonome delle aziende. In particolare – sempre stando alla versione di Cgil, Cisl e Uil – si contesta la prassi di misurare la temperatura corporea ad alcuni dipendenti, senza consenso, al momento dell’ingresso in azienda, salvo rispedire a casa gli stessi in caso di valori ritenuti anomali.

[…]

Chiediamo al Governo di rendere disponibili su tutto il territorio lombardo uguali tutele per le lavoratrici e i lavoratori, indipendentemente da settore, dimensione d’impresa, tipologia contrattuale di appartenenza.

Rappresenta senz’altro una criticità del nostro territorio la grave crisi del settore turistico. Le informazioni che abbiamo contano un alto numero di disdette nel breve periodo e, attualmente, una mancanza di prenotazioni per il periodo estivo, che rappresenta il fulcro dell’intera stagione. A pagarne le conseguenze, oltre a tutto il sistema economico, saranno i lavoratori del settore.

Il rischio è una pesante ripercussione a livello occupazionale sia in termini di addetti, che in termini di reddito. Inoltre, il sistema di calcolo del periodo di disoccupazione, che prevede il diritto alla Naspi per una durata pari alla metà di quanto si è lavorato, comporta una ulteriore grave penalizzazione.

Ci saranno persone che rimarranno scoperte da reddito e contributi a causa del posticipo dell’assunzione, e che verranno ulteriormente penalizzate l’anno prossimo quando la maturazione della Naspi non sarà sufficiente a garantire la copertura di tutto il periodo, tra la fine della stagione 2020 e l’inizio della successiva. Chiediamo per questi lavoratori misure specifiche che intervengano sul calcolo della Naspi.

Si manifestano sul nostro territorio iniziative unilaterali da parte di alcune aziende di rilevazione della temperatura corporea dei lavoratori prima di entrare in servizio, senza che quest’ultimi abbiano rilasciato il consenso a fare ciò.

A nostro avviso, non esiste un provvedimento di emergenza adottato dal Governo che legittimi i datori di lavoro a svolgere controlli di tale natura e men che meno ci sono indicazioni da parte delle autorità competenti in ambito sanitario-scientifico che abbiamo dato indicazioni a tale procedura per la prevenzione dal contagio da coronavirus.

Inoltre, ci risulta che a seguito di un aumento della rilevazione della temperatura corporea si obblighi i lavoratori a stare a casa, anche questa valutazione è formulata senza il coinvolgimento del medico competente e conseguentemente in assenza di valutazione di professionista idoneo all’accertamento medico-clinico.

L’obbligo da parte del datore di lavoro dall’assenza dal servizio del lavoratore e in carenza di certificazione medica pone la problematica della giustificazione della stessa. Sarebbe opportuno che sulle problematiche succitate ci sia un atto di indirizzo e di interpretazione da parte dell’ATS e ITL sui temi di rispettiva competenza da trasmettere alle Aziende ed Associazioni Datoriali.

Con la presente le chiediamo di monitorare la situazione e di farsi carico delle nostre istanze, affinché si possa in tempi celeri avere chiarezza e univocità nei comportamenti in essere. In attesa di un riscontro, con l’occasione le porgiamo i nostri più sentiti cordiali saluti.

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2 Commenti

  1. È’ corretto fare prevenzione e se anche la rilevazione della temperatura non è un dato significativo( il 50% dei contagiati non ha la febbre) è’ comunque un valido sistema per preservare la salute dei dipendenti.
    Si spieghi come può’ il datore di lavoro preservare il diffondersi del virus all’interno della sua azienda. Il documento del sindacato è’ demenziale in quanto contraddittorio a quanto espresso nella circolare sopra citata.
    Stiamo parlando di salute pubblica, più screening si fanno maggiore è’ la possibilità di evitare l’espandersi del contagio.

  2. In realtà l’indicazione dell’ATS cè stata ieri sotto forma di FAQ che al punto 5 recita 5. CASO DI UN LAVORATORE CON SINTOMATOLOGIA POTENZIALMENTE RICONDUCIBILE, ALMENO PER SIMILITUDINE, AD UN CONTAGIO DA COVID-19 E SENZA CORRELAZIONE CON ZONE A RISCHIO EPIDEMIOLOGICO. IL DATORE DI LAVORO COSA DEVE FARE?
    Il Datore di lavoro invita il lavoratore a stare a casa e a contattare telefonicamente il proprio medico di Medicina Generale che provvederà, se del caso, ad inoltrare la segnalazione ad ATS secondo i protocolli stabiliti.

    Bisogna capire se questa sintomatologia può essere ricercata attivamente (misurazione febbre) e se invitare equivale a imporre l’astensione dal lavoro. Infine il medico competente non viene coinvolta ma è una valutazione che fa il datore di lavoro (visita la facilità con cui rilevare i sintomi respiratori)

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