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Covid, il dolore di Marina: “Mia mamma e quei vecchietti prigionieri nelle Rsa. Il potere di aprire le porte in mano a sfuggenti direttori”

Quello della signora Fabiano non è uno sterile attacco alle Rsa. Non vuole lanciare accuse o cercare per forza dei colpevoli ma, in una situazione quale è quella pandemica mai vissuta prima nel mondo, vuole evidenziare una vera emergenza nell’emergenza: la difficile vita delle persone anziane isolate, causa virus, nelle diverse strutture spesso chiuse alle visite dei parenti.

Il racconto è tanto semplice e lineare quanto dirompente. “Mia mamma è in una Rsa di Canzo da ormai 8 mesi e nel corso del tempo è peggiorata. Questo perché le visite avvengono purtroppo a singhiozzo. Gli anziani dall’inizio della pandemia hanno attraversato periodi più o meno angoscianti, sempre meno liberi di frequentare i propri cari. A ogni picco dei contagi la soluzione unica sembra essere la clausura, anche se poi spesso le varianti entrano nelle strutture. Eppure gli anziani delle Rsa sono stati i primi ad essere vaccinati, i primi con le terze dosi. Nonostante ciò continuano ad essere segregati, in tremulo contatto attraverso le videochiamata (che, diciamocelo, spesso è inefficace perché non sentono, vedono poco, capiscono a tratti). Pure le visite separati da un vetro, di recente, sono state sospese, come se il virus avesse il potere di perforarlo”.

Amarezza e delusione che si spingono alla ricerca di una motivo per tutto ciò. “Siamo stanchi e ovviamente preoccupati. Inoltre adesso vista la presenza di alcuni casi tutti gli ospiti rimangono chiusi nelle loro stanze e non si fanno neanche più attività in comune. In tutto questo tempo non si potevano approntare sistemi alternativi di visite in presenza? Dobbiamo rassegnarci a perdere i contatti affettivi dei nostri cari anziani o qualche coraggioso direttore sanitario saprà indicare soluzioni percorribili per poterci frequentare che non siano prigionia e distacco totale?”.

Tanta amarezza alla quale cerca di dare un senso, anche se la situazione che stiamo vivendo ha stravolto tutto, Barbara Tomanin la coordinatrice del personale infermieristico della residenza sanitaria assistenziale don Pozzoli di Canzo dove si trova la mamma della signora che ha parlato con ComoZero. “Dobbiamo ormai da tempo convivere con la pandemia e con tutte le limitazioni imposte proprio per tutelare i nostri ospiti. Comprendiamo la frustrazione dei parenti ma tutto è fatto per i loro cari – dice Barbara Tomanin – Finché si poteva le visite erano in presenza, poi con il peggiorare della situazione abbiamo organizzato visite a distanza, attraverso il vetro per fare in modo che si potessero vedere e comunicare. Poi abbiamo avuto dei casi positivi e da gennaio abbiamo dovuto chiudere totalmente gli accessi. Anche solo spostare le persone dalle stanze fino a dove abbiamo allestito la zona per comunicare era rischioso. Ma siamo sempre attenti. Ogni settimana il personale si sottopone a tampone e ogni sette giorni il nostro comitato interno si riunisce per valutare la realtà e capire cosa fare. Spiace se a volte si creano situazione di disagio ma noi siamo sempre impegnati e operativi per soddisfare le richieste dei parenti, nei limiti delle regole di sicurezza”.

ECCO IL TESTO INTEGRALE DELLA LETTERA INVIATA A COMOZERO:

I vecchietti abbandonati.

Permane l’indifferenza per gli anziani che vivono in strutture protette (Rsa). Dall’inizio della pandemia hanno attraversato periodi più o meno angoscianti, sempre meno liberi di frequentare i propri cari. A ogni picco dei contagi la soluzione unica sembra essere la clausura, anche se poi il personale entra ed esce portando le varianti del virus all’interno. Eppure gli anziani delle RSA sono stati i primi ad essere vaccinati, i primi con le terze dosi. Nonostante ciò continuano ad essere segregati, in tremulo contatto via videochiamata (che, diciamocelo, spesso è inefficace perché non sentono, vedono poco, capiscono a tratti). Pure le visite separati da un vetro sono state sospese, come se il virus avesse il potere di perforarlo. In tutto questo tempo le Rsa, come le scuole, hanno fatto ben poco per approntare sistemi alternativi di visite in presenza, come se non sapessero che il Covid accompagnerà a lungo le nostre esistenze. Dobbiamo rassegnarci a perdere i contatti affettivi dei nostri cari anziani o qualche coraggioso direttore sanitario saprà indicare soluzioni percorribili per poterci frequentare che non siano prigionia e distacco totale?
Sembra poi che il potere di aprire o chiudere sia tutto nelle mani di sfuggenti direttori sanitari, che poco raccontano e molto si impermaliscono di fronte alle legittime richieste dei familiari.

Grazie, se vorrete segnalare il problema

Marina Fabiano
Figlia di una signora prigioniera in una RSA di Canzo

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