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Covid, l’abisso più nero del sub Luigi Bello: “Il buio, la paralisi, le paure di Flavia. Poi la festa degli amici”

Vale sempre la pena raccontare una storia a lieto fine, e se poi le storie sono due in una, allora è ancora più bello. E allora eccola la storia di Luigi Bello e di sua moglie Flavia Balzarotti e di come sono riusciti a uscire da un buco più nero dei fondali a cui lui, divemaster e vicepresidente del Centro Sub Nettuno di Lora, è abituato.

“Subito dopo Pasqua ho iniziato ad avere una febbre molto alta, che non passava nonostante le cure – racconta Luigi – così il mio medico di famiglia mi ha fatto portare in ospedale. Ho salutato la mia famiglia, sono salito sull’ambulanza e non li ho più visti fino a ieri”.

Trasportato al Sant’Anna, Luigi è risultato positivo al tampone per il Coronavirus e le sue condizioni hanno portato a decidere di intubarlo: “Non ricordo nulla di quei giorni, il buio totale – dice – so solo che sono stato sedato, intubato e portato in Terapia Intensiva. Quando il peggio è passato mi hanno fatto svegliare: avevo tre flebo, 11 chili in meno e il casco per l’ossigeno da indossare tutte le notti. Ma la cosa peggiore è stata accorgermi di essere paralizzato: riuscivo a muovere solo la testa, dovevano lavarmi, cambiarmi, imboccarmi e, anche se mi hanno detto che era tutto normale, era impossibile non avere paura”.

Una paura aumentata anche dal dubbio che i suoi figli gli stessero nascondendo qualcosa, anche se per il suo bene: “Quando sono uscito dalla Terapia Intensiva mi hanno permesso di fare una videochiamata con la mia famiglia, ho parlato con i miei figli ma quando ho chiesto di passarmi la mamma mi hanno detto che era uscita – racconta – e lo stesso quando, tre giorni dopo, sono riuscito a muovere un po’ le mani e le braccia e a telefonare di nuovo”.

In realtà Flavia si trovava nello stesso ospedale, pochi piani sotto quello dove si trovava lui, a combattere contro il Covid ma, soprattutto, contro il terrore di averlo perso.

“Il giorno dopo avermi visto andare via in ambulanza ha iniziato ad avere attacchi di panico, non dormiva più, stava cadendo in depressione – spiega Luigi – così, visto che anche lei era risultata positiva al tampone, è stata ricoverata in ospedale e sedata leggermente in modo che fosse più tranquilla. Proprio per questo, però, non poteva usare il telefono e non sapeva che fossi vivo e che stessi meglio”.

Saputo che la moglie era a pochi metri da lui Luigi, forte del tampone ormai negativo, ha chiesto di poter fare uno strappo alla regola e di poterla vedere: “Con l’aiuto dei medici e della caposala, Flavia è stata accompagnata nel mio reparto e quando mi ha visto la sua espressione è cambiata completamente”, ricorda.

Da lì, guarire è stato un attimo e da pochi giorni Luigi e Flavia sono finalmente tornati a casa ma la loro storia ha un altro ingrediente senza il quale tutto sarebbe stato più difficile: “I nostri amici sono stati meravigliosi – dice Luigi – non solo hanno fatto a gara per portare da mangiare ai nostri ragazzi, ma non ci hanno mai lasciati soli. Vincenzo De Girolamo (vicepresidente insieme a lui del Centro Sub Nettuno) mi ha scritto messaggi anche quando ero sedato e, quando sono migliorato, ogni sera mi faceva una videochiamata insieme a un amico diverso spronandomi a non mollare. E quando sono tornato a casa ho trovato sotto il mio balcone tutti i compagni della squadra con cui gioco a calcio arrivati per festeggiarmi”.

La famiglia, i medici, l’amore, gli amici e un pizzico di fortuna. Poteva non finire bene una storia così?

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