Roberto Della Monica, comasco trapiantato a Hong Kong da ormai 11 anni, racconta a ComoZero Video Talk come la città sta vivendo la seconda quarantena arrivata, un po’ a sorpresa, quando l’emergenza sembrava quasi finita. Uno scenario che alcuni delineano anche per l’Europa, una volta conclusa questa prima fase di lockdown.
“Siamo purtroppo alle prese con una seconda ondata del Coronavirus, la situazione sembrava migliorare ma un paio di settimane fa le cose sono cambiate – racconta Roberto – stiamo raggiungendo il migliaio di casi, un numero ancora basso rispetto all’Italia ma molto più alto di un mese fa, quando abbiamo vissuto la prima quarantena”.
Una quarantena, però, molto diversa dalla nostra e basata principalmente sulla collaborazione spontanea da parte dei cittadini: “A parte le scuole, ancora chiuse da fine gennaio, non sono state fatte richieste ufficiali da parte del governo – spiega – solo da un paio di giorni sono stati chiusi alcuni locali e ridotte le corse dei mezzi pubblici ma per il resto sono i cittadini ad essersi auto imposti una quarantena volontaria. Da questo punto di vista c’è stata un’ottima risposta da parte di tutti, le aziende hanno promosso l’homeworking e in giro c’è pochissima gente, anche la sera o nel weekend”.
Un comportamento responsabile a cui ha di certo contribuito l’esperienza già vissuta con la Sars, nel 2003: “Dopo la Sars, c’è per tutti l’abitudine di indossare la mascherina nei luoghi pubblici, soprattutto con i sintomi di un banale raffreddore stagionale – spiega Roberto – fa parte della nostra vita giornaliera, la mettiamo al mattino e la togliamo alla sera”.
Unica eccezione, qualche tentativo di “fuga” dalla quarantena obbligatoria per chi rientra a Hong Kong dall’estero: “Chi rientra deve restare in quarantena a casa per 15 giorni con un braccialetto elettronico, ma qualcuno è riuscito a toglierlo e a uscire, ma è stato prontamente fermato”.
“Anche se la nostra quarantena è diversa da quella che si vive in Italia – conclude Roberto – non la viviamo con la stessa serenità che avevamo durante la prima, a febbraio. Vediamo i casi crescere in Europa e molti di noi hanno amici o parenti contagiati, soprattutto in Italia e il livello di allerta si è alzato. Quello che però ho visto è che tutti i cittadini si sino rimboccati le maniche fin dal primo giorno cercando di essere i più attenti possibile a evitare di diffondere il contagio”.