Scoppia la polemica sulla decisione del Comune di Como di sfrattare il gruppo di solidarietà per la raccolta di beni essenziali (anche con la collaborazione di supermercati) per 72 famiglie comasche che ricevono pacchi di prima necessità.
A sollevare la questione l’Arci di Como, che ha diffuso anche la comunicazione ufficiale dell’amministrazione risalente al 24 giugno scorso in cui Palazzo Cernezzi afferma che “la concessione era stata assentita in via straordinaria” e che non può essere garantita a uso esclusivo bensì soltanto a rotazione come per tutti i centri civici, e che “sono state riscontrate attività non consentite e, in particolare, l’installazione di due frigoriferi senza alcuna autorizzazione”,
“Giancluca Pozzoni, uno degli animatori del gruppo, ci ha confermato che il Comune di Como ha deciso di negare l’utilizzo di un piccolo locale nel Centro Civico di Sagnino essenziale per lo stoccaggio dei beni da distribuire – scrive l’Arci – Le ragioni della decisione ci appaiono pretestuose, tra esse spicca il riferimento all’evoluzione della pandemia che giustificherebbe la non necessarietà del servizio. Tale valutazione ci appare segno della non consapevolezza della realtà sanitaria del territorio comasco e è in asoluto contrasto con tutte le analisi che evidenziano come la crisi sociale e le necessità di solidarietà vitale sono crescenti e lo saranno per anni anche se (e così non è) la pandemia fosse finita”.
“L’Arci di Como agirà il tutte le sedi perché la decisione sbagliata del Comune di Como venga annullata, sarà insieme a tutte e tutti coloro vorranno manifestare contro decisoni che richiamano alla memoria l’incredibile divieto di dare la colazione ai migranti e la volontà di spostare i poveri fuori dal salotto della città – prosegue l’associazione dichiarandosi anche pronta a mettere a disposizione un proprio spazio – Riteniamo che le iniziative di solidarietà debbano trovare aiuto e non ostacolo da parte delle istituzioni pubbliche ed è convinta che la mobilitazione di tutte le forze democratiche dentro e fuori il Consiglio comunale di Como possano evitare alla città un’altra vergognosa affermazione di insensibilità e disumanità”.