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Casnate: ecco l’agnello di Stefano. Mara, scarponi inzaccherati, e una storia che fa ancora Natale

Spesso riceviamo segnalazioni, foto, video e racconti dai lettori. Lo sapete bene, questo è il bello (il carino) di ComoZero. Anche e soprattutto.

Oggi, però, il contrappunto (bum!). Succede qualcosa di diverso, arriva qualcosa d’altro.

Una storia, una testimonianza rapace, un adesso che dice ‘c’è vita oltre un Piano Regolatore’. Chiamatelo come volete. Ci piace. Come un acufene, che obbliga al risveglio, come qualcosa di diverso dal solito PalazzoDelPotere.

Pecore e fango.

E’ il racconto di Natale, dopo Natale, di una lettrice: Mara Cattaneo (che non ringrazieremo mai abbastanza).

L’incontro nei campi di Casnate con un giovane pastore, diciottenne (!), che travolge e stravolge completamente la percezione, il senso, che spesso si prova a dare alla città, ai paesi, alle province, ai giganteschi, dopati, sentieri d’asfalto che portano a enormi, sterilizzate, isole commerciali piantate nel nulla o seminulla.

A un passo dalla ‘civiltà’ (ahah), fra radura e campo, quasi fosse un segreto, un segmento di memoria sbattuto al cestino del non comodo, c’è Stefano (bello e saggio e intelligente come lo stare stare nella piccola urbe pare non concedere davvero al cittadino Social 5.0, col Pm2.5 nell’alveolo e la tosse brutta) col suo gregge, il camper, un socio e qualcosa da raccontare.

Un racconto laico con la dignità profonda dello spirito, quasi religioso (cioè, nel senso dell’etimo: unisce, mette insieme). E tocca qualche corda, per forza stonata.

E allora, ecco la lettera di Mara (sue anche le foto, tutti i diritti riservati):

26 dicembre, 2019

Questa mattina, macchina fotografica a tracolla (è uno dei miei hobby), mi sono recata nei pressi di Casnate, dove c’è un pastore accampato con il suo gregge di pecore, ma non solo: ci sono anche asini, una mucca e capre.

Dopo aver chiesto il permesso di fotografare il gregge, abbiamo cominciato a chiacchierare e la vera sorpresa si è rivelato proprio lui: si chiama Stefano (“Oggi è il mio onomastico”) ed è chiaramente molto giovane, ma resto veramente stupita quando mi dice che ha 18 anni (18!!!).

Gli dico che è bello vedere un ragazzo giovane che sceglie di fare il pastore e la mia curiosità, che a questo punto è stata scatenata, mi spinge a chiedere come abbia iniziato.

Scopro che è nato e ha vissuto a Cantù fino a 2 anni fa, ma in Valdidentro aveva i nonni, lì andava in vacanza ogni estate e ha imparato ad amare gli animali, la natura e questo lavoro, che il fratello ha iniziato prima di lui.

Poi 2 anni fa anche i suoi genitori hanno deciso di trasferirsi lì, dove vivono tuttora e dove passa l’estate, vicino a Isolaccia.

Tra una foto e l’altra parliamo del cane che è intelligentissimo (ma si chiama Orso perché non fraternizza molto con gli esseri umani). In compenso, senza che alcun ordine venga impartito, corre come una saetta non appena le pecore escono dal limite ideale del pascolo o si avvicinano troppo al bordo strada.

Gli dico che vedo molti agnellini nel gregge e lui mi spiega che metà delle pecore deve ancora partorire. “E’ un gregge di agnellini” dice sorridendo.

Noto che poco distante c’è un piccolo camper, immagino dorma lì.  Me lo conferma e io gli racconto di quando ero bambina e ogni anno si fermava un gregge nel prato sotto casa, ma i pastori dormivano all’aperto riparati solo da teli cerati e riscaldati dai cani. “Eh, i tempi sono cambiati – dice lui – con la pioggia era terribile, una vitaccia”.

“Loro erano sempre in due”, dico io.  Lui mi spiega che di solito sono in due, ma in questi giorni il suo socio ha raggiunto la famiglia per festeggiare il Natale, “E tu resti qui da solo con le pecore?”, chiedo stupita. “Non sono solo, c’è il cane!” , è la risposta.

Gli chiedo quanto si fermeranno e se resteranno ancora nei dintorni e mi spiega che fino a aprile/maggio rimarranno ‘in pianura’ girando nei dintorni tra Fino, Senna e Cantù per poi avvicinarsi alle montagne.

“Per fortuna ci sono ancora prati con un po’ di boscaglia e acqua, da queste parti, speriamo che li lascino così”. “Speriamo!”, penso e dico io.

Già, perché dove le zone verdi sono state trasformate in aree protette, a loro non è permesso stare (!!!!) e se i guardiaparchi li trovano accampati li multano. Pare sostengano portino le zecche.

Contraddizioni della nostra società! Io ho un cane e quando in estate lo porto a spasso tra prati e boschi, le zecche le prende ugualmente, perché è lì che vivono, pare (d’inverno col freddo muoiono).

Mentre chiacchieriamo il cane sta nei dintorni, ma rassicurato dall’atmosfera cordiale, si mette a giocare (!!!) con le pecore: si fanno le coccole, si toccano i musi come per darsi dei bacini e poi lui si rotola a pancia in su, nascosto dal gregge che gli sta intorn. Uno spettacolo unico! Vero esempio di convivenza tra diversi.

GALLERY-SFOGLIA

 

Continuo a fotografare e a chiedere.

“Ma riuscite a vendere la lana?”.

“No, la regaliamo se ce la chiedono, perché ci costa di più smaltirla e le pecore hanno bisogno di essere tosate”

“E il latte?”

“Quello serve per gli agnellini. Sono pecore da carne, le alleviamo per quello”.

Poi mi mostra tutti gli agnellini di diverse età e mi spiega che alcuni li tengono per garantire il ricambio degli animali. Gli chiedo se le pecore hanno un nome. “Certo!” e me ne mostra con orgoglio una poco lontana che sta allattando un piccolo. “Quella lì è mia, si chiama Dolly. Mi piaceva e l’ho comprata, vedi che bel muso ha?”.

La guardo: è vero, ha un muso simpatico e osservo che, a guardarle, bene non sono tutte uguali come sembrerebbe. Così lui mi indica varie pecore e mi dice: “Quella ha il muso lungo, quella rotondo e l’altra ha la lana anche sulla testa” . E ride.

“La mia ha già partorito tre volte; questa è una femmina e voglio tenerla. Il prossimo anno voglio comprarne un po’ tutte mie, una cinquantina, magari”.

GALLERY-SFOGLIA

 

Gli agnellini sonnecchiano al sole, Stefano mi racconta che ieri (Natale), che era più caldo, ad un certo punto si sono scatenati e si sono messi a giocare e a correre facendo le gare, i più piccoli trascinati dai più grandi.  “Te li immagini cinquanta agnelli che corrono avanti e indietro?”, questa volta rido io: mi sarebbe proprio piaciuto vederli!

Mentre sono lì molte auto si fermano a bordo della strada per fotografare con i cellulari, c’è anche un papà con due bimbi.

Dopo quasi un’ora, lo saluto, salgo in auto e vado via.
Ho gli scarponcini inzaccherati, ma l’animo leggero.
Mi viene da pensare che se la Terra si salverà, sarà grazie a queste cose, a questa semplicità.
Che è facile stando nelle nostre città e nelle nostre case asettiche predicare di essere vegani o vegetariani, ma che non c’è nulla di più sostenibile e vero di questo tipo di allevamento, di questo amore verso gli animali e la natura, pur nel suo utilizzo, dove è l’uomo ad essere al suo servizio e non viceversa.
Mi viene da pensare che come sempre l’equilibrio è la risposta.
Che, forse, dovremmo aver cura di circondare ogni centro abitato di natura spontanea.
Così, un ragazzo di 18 anni che vuole fare il pastore potrà avere un futuro, e noi una speranza.
Forse dovremmo inzaccherarci gli scarponcini un po’ più spesso…

© RIPRODUZIONE RISERVATA

7 Commenti

  1. Grazie alla redazione di Comozero che ha raccolto e ci ha donato con l’aiuto della Signora Mara Cattaneo una storia di “altri tempi”
    È bello pensare che questi “vecchi mestieri” continueranno a riempirci il cuore di tanta gioia facendoci assaporare quello spirito genuino che un “giovane diciotenne” ci ha saputo regalare.

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