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Etnopasti in via Milano Alta. Minireportage tra colazione, pranzo, merenda e cena

Via Milano alta è quel luogo in cui pezzi di Africa e Medio Oriente sono stati incastonati a forza tra la fine della Napoleona e il burg drizz. Qui, i popoli lontani hanno portato il più elementare antidoto alla mancanza di casa: il proprio cibo. Abbiamo quindi deciso di esplorare la strada e scoprire il potenziale gastronomico – colazione, pranzo e cena – che via Milano alta può offrire al comasco che nulla teme.

9.30
È uno dei primi giorni di Ramadan, il mese di preghiera digiuno per i Musulmani e i marciapiedi sono più vuoti del normale. Timidamente proviamo a declinare il concetto di colazione in versione via Milano alta da Ahmad, il barbuto proprietario pakistano del K2, un kebab shop che fa anche da caffetteria. Tentiamo un primo esperimento con il baklava, un dessert dolcissimo tipico del vicino oriente tra Libano, Siria e Palestina popolare anche in Turchia e Caucaso, servito in piccoli quadratini di pasta fillo, tenuto insieme da sciroppo al miele e ripieno di mandorle e pistacchi tritati. Tanto zucchero accompagnato da un caffè forte e siamo pronti per continuare il nostro viaggio.

11.00
Via Milano alta è un tutt’uno con i suoi minimarket etnici senza insegna. Ci infiliamo in uno di questi uscii stretti per trovarci a curiosare tra scaffali e congelatori. Una donna dell’Africa subsahariana chiede al gestore arabo quanto viene una scatola di datteri, il pasto simbolico con cui si inizia l’iftar, la rottura del digiuno. Qui la lingua franca è l’Italiano che riconcilia idiomi troppo diversi. Incappiamo in un ammasso di spaghetti gelatinosi arancioni. Si chiama Jalebi ed è un dolce popolare in Afghanistan, Bangladesh e India. È una pasta fritta nell’olio, annodata a forma di pretzel e imbevuto di sciroppo colorato che si attacca alle dita. Al palato non abituato è però ostico da deglutire e quindi decidiamo di bere una lattina di Fayrouz, una miscela gasata di acqua e succo di mela e tanto zucchero, popolare in Egitto.

12.30
Un locale dal nome iconico – Taj Mahal – sembra promettente per pranzo. Alcuni italiani provano a ordinare piatti dal nome dimenticato, mimando il contenuto, aiutati dai due camerieri. Ordiniamo un Biryani – riso alle spezie e coscette di pollo – e una Aloo Tikki – una polpetta piccante di patate e piselli. Al cibo poco importa dei confini.

Dire da dove venga la Tikki è infatti difficile, visto che è popolare in India, Pakistan e Bangladesh. Il Biryani, poi, pare sia stato portato dai mercanti arabi che si spinsero fino all’India, secoli fa.

15.00
Con curiosità ci avviciniamo al banco di un fruttivendolo e un commesso con un accento arabo sorride mentre scrutiamo frutti bitorzoluti con l’espressione degli esploratori spagnoli davanti a un pomodoro. “Scommetto che questo non ce l’hai a casa eh” dice, ridendo. Ci fissiamo su una cassetta di manghi gialli maturi e profumati del sud-america e ne prendiamo due per uno spuntino del pomeriggio.

17.30
È il momento di Chicken Hut. La friggitoria è stretta e affollata. Un murales bianco e blu in entrata ricorda i chicken shop del sud degli Stati Uniti ma la vicina sala da pranzo sul retro è piena di accenti dell’Africa occidentale che si sommano allo sfrigolare d’olio e qualche chiacchiera in Urdu scambiata tra i cuochi pakistani. Lingue e storie migratorie completamente diverse unite, ancora una volta, dal cibo e dal samosa che ordiniamo. Un tortino di patate e verdure triangolare, che pur essendo di origine indo-pakistana si è diffuso anche in Africa.

19.30
Cena in via Milano alta significa Namastè, il ristorante indiano di Como o “l’India accanto a uno dei più bei laghi del mondo” come legge la descrizione sul sito del locale che quando entriamo è immerso in una soffusa penombra, musica indiana e incenso. Il proprietario del locale Indra Pal, austero ma cortese, ci porta un Chicken Korma, tranci di pollo in una salsa cremosa al curry e latte di cocco, accompagnato da del naan, il pane indiano, e del tè alle spezie. Infine, usciamo su una poco esotica piazza San Rocco all’imbrunire, che non lascia intuire che Namastè sia da 12 anni nella Guida Michelin a Como, e rincasiamo dal nostro viaggio attraverso Asia e Medio Oriente.

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3 Commenti

  1. Caro Comino, al degrado della via Milano Alta ha contribuito la giunta precedente che si è sempre disisnteressata di quello che succedeva, lasciando allo sbando totale le molteplici attività che si stavano insediando, al contrario la presente ha da qualche tempo iniziato una politica di puntuale controllo su tutte le attività presenti, riscontrando in aluni casi gravi mancanze amministrative e igeniche, questo sta contribuendo in modo positivo ad eliminare quanti inadatti a svolgere attività di somministrazione e a controllare che quelli sono in regola mantengano uno standar qalitativo adeguato, questo, fattorre indispensabile per favorire quella integrazione di cui si parla.

  2. Propongo: giornata etnica. Strada chiusa al traffico, negozi aperti e cibo in strada. Ci avvicineremmo volentieri a questo mondo per scoprirlo e magari apprezzarlo. Per poi integrarlo o quantomeno non emarginarlo. Ovviamente con la prossima giunta. Non so se vincerebbe la xenofobia o l’immobilismo.

  3. Un piccola Belleville ai piedi del Baradello. Con poca spesa trovi spezie di tutti i generi, tè, succhi di frutta esotica, ma anche il latte che ti sei dimenticato di prendere al supermercato.

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