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Fabrizio, l’avvocato-direttore del Bassone: “Lotta all’ozio. Aziende, cerchiamo lavoro”

Dopo una lunga chiacchierata con Fabrizio Rinaldi, direttore della Casa Circondariale di Como da febbraio 2019, si ha l’impressione che il suo ruolo sia più quello di un tuttofare.

Rinaldi, originario di Napoli ma adottato dal Nord Italia da 23 anni, quando ricevette il suo primo incarico come vicedirettore del San Vittore di Milano, era già stato direttore del Bassone tra il 2006 e il 2007.

“E’ una sede che ho chiesto esplicitamente al Ministero, ci ero già stato, conoscevo l’istituto e volevo tornare. Così l’anno scorso ho ricevuto l’incarico”.

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Non che sia un ruolo semplice quello che si è scelto. “Ho avuto una formazione giuridica, poi ho ottenuto l’abilitazione da avvocato e ho anche praticato per qualche anno – spiega Rinaldi – ma il mio profilo mi ha aperto le porte a una serie di professioni possibili e alla fine ho scelto questa. Di certo mentre ero studente non mi prefiguravo questo lavoro, più che altro perché non è una figura molto conosciuta”.

Essere direttore di un carcere non è solamente gestire i detenuti, far scontare la pena e proporre attività per un reintegro positivo nella società civile al termine della detenzione, ma anche gestione del personale (sempre in numero minore rispetto alle reali necessità), manutenzione di una struttura vetusta senza personale qualificato.

“La struttura risale agli anni Ottanta e ha diversi problemi, soprattutto di infiltrazioni ma nella struttura non abbiamo personale tecnico che possa far fronte a queste situazioni. Abbiamo solo una squadra formata da alcuni agenti di Polizia Penitenziaria e detenuti che fa fronte alle piccole manutenzioni. In caso di emergenza possiamo rivolgersi a dei tecnici regionali ma nulla di più”.

Poi ci sono le pubbliche relazioni per far dialogare la realtà del carcere con il territorio. “La difficoltà più grande di questo lavoro è senza dubbio la complessità gestionale – spiega il direttore Rinaldi – Si passa dall’esecuzione della pena, che richiede attenzione agli aspetti giuridici del mio lavoro, a tutta la parte azienda. Quindi il controllo della contabilità del carcere, la gestione delle esigenze dei detenuti, il rispetto della sicurezza sul lavoro degli agenti”.

Tra le problematiche più rilevanti del carcere Bassone di Como – dove ci sono detenuti che devono scontare un massimo di 5 anni di pena, c’è senza dubbio quella del sovraffollamento. I dati di inizio 2020 parlano di 430 detenuti (di cui 222 stranieri e 50 donne) malgrado la capienza massima della struttura penitenziaria comasca sia 231. Meno della metà, 200, gli agenti di Polizia Penitenziaria in forze.

“Un altro dato significativo è 300, ovvero il numero di ‘definitivi’, i detenuti che hanno già terminato l’iter processuale, sono stati ritenuti colpevoli e che quindi stanno effettivamente scontando la pena detentiva – aggiunge Rinaldi – Nel caso del Bassone, una casa circondariale, si tratta di detenuti che hanno compiuto reati per un massimo di 5 anni di pena. Con loro bisognerebbe lavorare di più in termini di trattamento, per un rientro positivo nella società a fine pena, ma per farlo ci servirebbero molti più funzionari giuridico-pedagogici, ovvero educatori, che purtroppo al momento sono inferiori alle nostre esigenze”.

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Il direttore aggiunge infatti: “Per me è importante offrire opportunità affinché il periodo che i detenuti trascorrono in carcere venga impegnato in qualcosa di utile. Attraverso il lavoro durante il periodo di detenzione si avvia infatti anche un percorso di responsabilizzazione, evitando una pericolosa tendenza all’ozio”.

E proprio su questo tema il direttore sta lavorando da quando è tornato a Como: obiettivo far dialogare la struttura penitenziaria con il territorio.

“In questi mesi mi sono confrontato con diverse realtà e ho cercato di testare le disponibilità che mi sono giunte per organizzare nuove attività all’interno del carcere ma anche di stimolarne di nuove. Ad esempio sto cercando di implementare il numero delle aziende che offrono lavoro ai detenuti (fuori o dentro il carcere, Ndr) e che possono godere della Legge Smuraglia che concede loro sgravi fiscali”.

Diversi, ad ogni modo, sono i corsi attivi per i detenuti. Tra i più celebri sicuramente “Sperart”, un laboratorio artistico tenuto da Angiola Tremonti, ma anche “Cucinare al Fresco” di Arianna Augustoni in cui i detenuti organizzano delle ricette che poi vengono pubblicate nell’omonima rivista. Inoltre il CPIA 1 (Centro Provinciale per l’Istruzione degli Adulti) di Como organizza corsi di formazione scolastica all’interno della struttura carceraria e non mancano letture condivise con autori di libri.

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Guardando invece ai laboratori, Ersaf (Ente Regionale per i Servizi all’Agricoltura e alle Foreste) tiene un corso di lavorazione e intaglio di bastoni da passeggio in legno mentre la cooperativa Omofaber affida piccoli lavori di grafica al computer ai detenuti che hanno seguito il corso.

Molto però c’è ancora da fare calcolando che l’associazione Antigone, autorizzata dal Ministero della Giustizia a visitare i quasi 200 istituti penitenziari italiani per valutarne le condizioni, nel rapporto 2019 indicava che solo il 5,7% dei detenuti del Bassone frequenta un corso di formazione professionale (rispetto alla media nazionale del 64,3%), il 28,8% quelli scolastici ( 74,0% è il dato nazionale) e che il numero di detenuti per ogni educatore è 227,5 (contro la media del 77,8%).

Il suo sogno? “Riuscire a creare migliori condizioni di vita per i detenuti ma anche di lavoro per il personale di guardia” ha concluso Rinaldi.

L’articolo che avete appena letto è stato pubblicato su ComoZero settimanale, in distribuzione ogni venerdì e sabato in tutta la città: qui la mappa dei totem.

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