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Flat tax, stipendi più alti e bonus di 500 euro per frenare la fuga in Svizzera di infermieri, medici e specializzandi

Una misura per incentivare gli infermieri a lavorare di più (di fatto tappando le tante falle di organico nella sanità pubblica) e, almeno nelle zone di confine come Como, magari a ‘resistere’ un po’ di più alla tentazione di andare a lavorare in Svizzera. Si possono leggere anche così le misure contenute negli emendamenti del Governo alla manovra 2025, di cui si discute animatamente in queste ore.

Nel dettaglio la si prevederebbero una flat tax del 5% sugli straordinari degli infermieri del Servizio Sanitario Nazionale, sia un contributo di 500 euro mensili per gli specializzandi veterinari, odontoiatri, farmacisti, biologi, chimici, fisici, psicologi. Gli specializzandi in medicina potranno poi assumere incarichi libero-professionali, anche di collaborazione coordinata e continuativa, presso i servizi sanitari del Ssn o anche delle strutture sanitarie private o libero professionale, per un massimo di 8 ore settimanali.

Va poi aggiunto – almeno per la Lombardia – che a questi provvedimenti potrebbe aggiungersi nel 2025 anche la famosa/famigerata tassa sulla salute applicata sui frontalieri (calcolata tra il 3 e il 6% del reddito netto annuo), sempre con l’obiettivo di ricavare le risorse per aumentare gli stipendi di medici e infermieri delle zone di confine, trattenerli sul territorio e contenere la sempre crescente fuga verso la Svizzera.

“Le proposte di emendamento del Governo alla manovra 2025 che prevedrebbero una flat tax del 5% sugli straordinari degli infermieri del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) e un contributo mensile di 500 euro per gli specializzandi sanitari non medici, rappresentano certamente un segnale di attenzione verso due categorie professionali fondamentali per il SSN – ha commentato Nino Cartabellotta della Fondazione Gimbe – Tuttavia, analizzandole più a fondo, emergono evidenti limiti”.

Il presidente Fondazione Gimbe sottolinea che “la flat tax del 5% sugli straordinari degli infermieri è un riconoscimento economico che potrebbe incentivare l’impegno di questi professionisti, già sottoposti a carichi di lavoro insostenibili Tuttavia c’è il rischio concreto che questa misura venga percepita come una spinta a “lavorare di più”, ignorando la radice del problema: la cronica carenza di personale. Questo circolo vizioso – aggiunge – non fa che aumentare il burnout e peggiorare le condizioni di lavoro. Per essere realmente efficace, questa iniziativa deve essere accompagnata da un piano straordinario di assunzioni, indispensabile per garantire organici adeguati e qualità delle cure”.

“Quanto al contributo di 500 euro per gli specializzandi sanitari non medici, come odontoiatri, psicologi e veterinari, – continua Cartabellotta – si tratta di un gesto che riconosce il ruolo strategico di queste figure. Rischia però di suonare più come un intervento di facciata che come un reale supporto. In assenza di un piano equo e continuativo, che coinvolga tutti gli specializzandi in modo strutturale, questa misura rischia di essere percepita come una promessa temporanea, limitata a pochi beneficiari, incapace di risolvere le difficoltà economiche che molti di loro affrontano quotidianamente”.

“È positivo che ci sia la volontà di valorizzare il personale sanitario – conclude il presidente della Fondazione Gimbe – ma queste proposte non rispondono affatto alle urgenze strutturali del sistema. Non bastano soluzioni tampone per affrontare le criticità che minacciano la sostenibilità e l’equità del nostro Ssn. È indispensabile un approccio più coraggioso e lungimirante, capace di garantire risorse, stabilità e dignità per chi opera in prima linea nella sanità, per tutelare la salute di tutte le persone”.

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