In molti sicuramente la conoscono, a non tutti forse sanno che è una delle ultime tre, su dodici, rimaste in tutta Italia, vera e propria opera d’arte oltre che esempio più unico che raro di pubblicità che diventa anche dono per la collettività. Lei è la fontana Campari di Brunate finita, proprio in questi giorni, sulle pagine di Finestre sull’Arte (QUI l’articolo completo), rivista online che si occupa di arte antica e contemporanea, che racconta la genesi di questa idea illuminata di fare dell’arte appunto uno straordinario strumento pubblicitario. Erano i primissimi anni Trenta, infatti, quando l’azienda fondata a fine Ottocento a Novara da Gaspare Campari, creatore della bevanda simbolo dell’aperitivo per antonomasia, con una visione rara ancora oggi decise di raccontarsi attraverso le creazioni di artisti e designer dell’epoca. Nacquero così pubblicità ancora oggi insuperabili, ma nacque anche l’iconica bottiglietta del Campari Soda, creazione del futurista Fortunato Depero, e nacque anche l’idea di incaricare lo scultore fiorentino Giuseppe Gronchi di realizzare una serie di dodici fontane in graniglia di marmo, tutte uguali, in zone collinari o montuose tra Lombardia e Toscana caratterizzate dalla presenza di acqua di fonte: a Chiusi della Verna, all’Abetone, Barberino Val d’Elsa, Bormio, Cortona, Fiorenzuola, Montepiano, San Gimignano, Santa Lucia, Pistoia, Taviano e, naturalmente, a Brunate.
Fu così che nacque la fontana di Brunate, unica superstite insieme a quelle di Chiusi e di Pistoia, che ancora oggi possiamo ammirare a due passi da Como. Un monumento che è un vero e proprio manifesto pubblicitario tridimensionale che però, a differenze delle campagne tradizionali, nonostante il suo stile déco con richiami alla Secessione viennese, non certo tra i più semplici e alla portata di tutti soprattutto a un secolo di distanza, ha saputo superare il tempo e le mode senza perdere nulla della sua incisività e bellezza, anzi diventando un elemento familiare per brunatesi e comaschi, oltre che immortalato negli scatti dei tanti turisti che salgono fin qui.
“Ci troviamo quindi di fronte a un esempio di arte prestata alla pubblicità per darne il massimo compimento sfruttando l’effetto della pubblica utilità, come quello dell’acqua, bene primario per eccellenza”, si legge infatti nell’articolo. E per noi comaschi, da generazioni, uno dei simboli più amati delle gite fuori porta.
4 Commenti
Ma sbaglio o ne sono stati tolti dei pezzi inizialmente presenti ma non più graditi dopo la guerra?
Peccato che sia sempre spenta.
Pensa se usciva il campari che fila a Brunate…
È vero!