La mancanza di personale qualificato, a partire dal settore dell’informatica (ne parlavamo qui) è una costante degli ultimi anni a cavallo del confine. I numeri dei frontalieri in continuo aumento confermano come oltre il confine ci sia la necessità di trovare figure professionali mancanti in Ticino così come in Svizzera. E il numero in costante crescita dei frontalieri conferma questa tendenza.
Non la pensano così gli esponenti della Lega dei Ticinesi che, periodicamente si lanciano all’attacco dei lavoratori in arrivo da altri paesi, in primis dall’Italia. E così puntuale scatta il nuovo attacco. “L’assalto tricolore alla diligenza rossoblù veniva sdoganato dalla casta proprio con la storiella della necessità di reperire la manodopera specializzata di cui l’economia – ticinese e svizzera – avrebbe bisogno. Adesso sappiamo che è una sfacciata, colossale, monumentale balla. Se dopo vent’anni di frontiere spalancate ancora sentiamo la manfrina del personale specializzato mancante, anzi addirittura si viene a blaterare che la “penuria” si sarebbe aggravata, vuol dire che negli ultimi due decenni sono immigrate le persone sbagliate: quelle che non rispondono ad alcuna esigenza dell’economia, né del paese. Col risultato che adesso siamo qui in troppi. Con tutte le conseguenze del caso: occupazionali, sociali, energetiche, ambientali, infrastrutturali, abitative, viarie, di sicurezza, eccetera eccetera”.
Un’accusa violenta anche perché viene ritenuta inutile anche la cosiddetta preferenza indigena light” che così viene spiegata. “Prima dell’entrata in vigore della devastante libera circolazione delle persone voluta dalla partitocrazia, per poter assumere un frontaliere il datore di lavoro doveva dimostrare di non aver trovato dei residenti. Adesso non è più necessario: la cosiddetta “preferenza indigena light” è un’inutile ciofeca. Di conseguenza, chiunque può andare in giro a raccontare le panzane che vuole a giustificazione di politiche d’assunzione riprovevoli”, si legge.
Chiara la conclusione. “Fa poi specie che si continui a rimenarla con una presunta mancanza di personale informatico, quando di questi profili ne è piena l’aria. La domanda, evidentemente, “nasce spontanea”: ma c’è davvero “penuria” di lavoratori specializzati svizzeri o invece il personale ci sarebbe, ma certi datori di lavoro preferiscono reclutare frontalieri per risparmiare sugli stipendi, e di conseguenza snobbano e lasciano a casa gli indigeni? A maggior ragione quando questi ultimi non sono più giovanissimi (maggiori costi in oneri sociali)?”.
2 Commenti
Ogni nord ha il suo sud e la sua “lega” di metallo duro e puro.
Il confine è un problema e un’opportunità da diversi punti di vista. Di certo è una realtà.
Se andate sul sito del Canton Ticino (area economia e lavoro) leggete che la disoccupazione è al 2,8% e vedrete che sono riportate anche le attività di un servizio per il lavoro molto attivo ed efficace. Ciò significa che l’economia ticinese ha bisogno di risorse esterne.
Ma guardate che il problema vale anche per l’Italia e, soprattutto, varrà sempre di più per una provincia di confine come quella di Como.
Il bilancio è tutto a favore del più ricco Canton Ticino per la retribuzione.
Eppure i costi della formazione sono italiani e il beneficio pubblico è ticinese. La scarsità di personale nella sanità e cura è legata a questo. Ma vale anche per sicurezza informatica, progettazione… (dalle figure non qualificate a quelle specializzatissime).
La trasparenza dei numeri pubblicati rende evidente questa fame che ha la Svizzera di capitale umano italiano ma qual è il “ristorno” per ripagarci di questo impoverimento e come faremo a far fronte nei prossimi anni se non con una immigrazione di qualità.
Le leghe (e fratelli e sorelle varie) vedono il dito davanti alla luna e non sanno trovare soluzioni, anzi aumentano i problemi.
La soluzione è alleggerire i confini e creare ponti per un mercato del lavoro aperto transnazionale. Un vero sistema di incontro domanda e offerta di lavoro.
Il resto sono solo chiacchiere e distintivo.
Concordo in toto e grazie per il Suo interessantissimo commento che dà molti spunti di riflessione.