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Gli invisibili del Covid. Marco, Anna (filippini) e una bimba di 4 mesi: “Obbligati al lavoro nero, ora senza soldi. Qualche aiuto, molta vergogna”

“Abbiamo provato a informarci, sappiamo che non ci spetta niente e non chiediamo niente ma, quando leggiamo i commenti di chi pensa che chi lavora in nero abbia scelto di fregare lo Stato e ora si meriti di non avere i soldi per fare la spesa, mi viene da piangere dalla rabbia”.

Inizia così il racconto di Marco (il nome è di fantasia), ragazzo filippino in Italia da 8 anni e neo papà di una bimba di 4 mesi che ha voluto chiamare con un nome italiano, “anche se la mia famiglia nelle Filippine ci è rimasta male. Ma l’Italia ha fatto tanto per me, è la mia casa”.

Marco, come tanti suoi connazionali, lavora come collaboratore domestico per due famiglie italiane che, però, non lo hanno mai messo in regola: “Non è stata una mia scelta – spiega – nessuno sceglie di non avere tutele, malattia, ferie, liquidazione per 10 € all’ora. Quando mi hanno assunto sono stati chiari: o così o avrebbero trovato un’altra persona. E io avevo bisogno di lavorare”.

Nella stessa situazione c’è anche sua moglie Anna (nome di fantasia), rimasta a casa in maternità senza alcun contributo: “Ha smesso di lavorare al settimo mese perché era diventato troppo faticoso – racconta – la famiglia è stata molto gentile, le ha detto che l’avrebbe aspettata dopo la nascita di nostra figlia ma anche lei lavorava in nero quindi l’unico stipendio in questi mesi è stato il mio”.

Fino all’arrivo del Coronavirus. “I miei datori di lavoro mi hanno detto che ci saremmo rivisti a fine emergenza ma l’altro giorno mi hanno avvisato che riprenderanno a lavorare da casa quindi una non avrà bisogno di me chissà per quanto mentre l’altra mi ha chiesto di andare una volta alla settimana. Troppo poco per mantenerci”.

Senza stipendio né risparmi, Marco si è ritrovato a chiedere aiuto alla sua famiglia nelle Filippine: “Mi vergogno a raccontarlo ma l’ho fatto – dice con fatica – in questi anni, quando riuscivo a mettere da parte qualcosa, la mandavo ai miei, per aiutarli. Oggi invece sono io ad aver chiesto aiuto: le nostre famiglie e i nostri amici hanno fatto una colletta e ci hanno inviato un po’ di soldi. Non molto ma ce lo faremo bastare. Per fortuna il nostro padrone di casa ha capito la situazione e ha sospeso l’affitto. In cambio ci porta qualcosa da stirare: abbiamo insistito noi perché siamo abituati a guadagnarci le cose”.

“Non chiedo aiuto, non mi spetta e lo so – conclude – però quando si parla di lavoratori in nero bisognerebbe ricordarsi che non sempre è una scelta per non pagare le tasse e comprarsi la barca. Io non ho avuto scelta e ora ne pago da solo le conseguenze”.

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6 Commenti

  1. Certo che un commento cosi’ inqualificabile…Il problema e’ proprio fare un figlio. Non che i benestanti e benpensanti comaschini non solo obblighino al nero,ma in questa situazione si rifiutino poi di aiutare,magari pagandolo lo stesso qualcosa. No. Il problema e’ il figlio. In effetti tutti quelli a basso reddito dovremmo sterilizzarli,cosi’ risolviamo il problema,giusto cara la mia signora?

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