RADIO COMOZERO

Ascolta la radio
con un click!

Foto da minimalwaste.ch
Attualità

Il negozio chiude, il gigante dei supermercati ritira i prodotti: la crisi dell’idea che doveva aiutare l’ambiente

Sembra davvero finita un’epoca (sostenibile) in Svizzera: quello degli acquisti di merce sfusa che anche a Como e in Italia, soprattutto qualche anno fa, aveva attecchito con negozio e punti vendita di questo tipo. Cioè dove acquistare prodotti privi di confezione, per non creare rifiuti ‘inutili’, in particolare per saponi e detersivi ma anche per prodotti alimentari come cerali, pasta, riso. Tutti senza imballaggi ma pesato e portato via dal cliente con propri contenitori.

La crisi dei negozi sfusi e ‘alla spina’

Eppure oggi l’idea dei negozi alla spina – almeno in Svizzera e, in quel contesto, anche nel vicino Canton Ticino – sembra decisamente in crisi. L’ultima chiusura che arriva oltreconfine riguarda il Bare Ware a Winterthur. Adriana Puente, comproprietaria da otto anni della bottega – riferisce tvsvizzera.it – è stata costretta a svendere la merce e abbassare definitivamente le serrande. Un segnale allarmante che conferma un trend di difficoltà, soprattutto nelle aree urbane, per un modello di commercio nato all’insegna della sostenibilità.

“Da tempo ormai le entrate non coprono i costi” ha dichiarato Adriana Puente ai microfoni di SEIDISERA, sottolineando una crisi iniziata con la pandemia. I consumatori, sempre più orientati a soluzioni a basso costo e alla comodità dell’online, sembrano aver abbandonato l’acquisto consapevole che caratterizzava questi esercizi.

Negozi sfusi in declino: un trend che preoccupa l’Associazione Unverpackt Schweiz

Il caso di Bare Ware non è isolato. L’associazione Unverpackt Schweiz ha registrato un calo significativo: dai 35 negozi membri di pochi anni fa nella Svizzera tedesca, oggi ne rimangono solo 26. Natalie Jacot, presidente dell’associazione, conferma che le chiusure hanno interessato soprattutto le città.

“Constatiamo che laddove la vita è frenetica, è più difficile proporre gli acquisti sfusi”, spiega Jacot. “Mentre nelle regioni un po’ più di campagna, dove non c’è un supermercato ad ogni angolo e dove c’è più consapevolezza dell’importanza di sostenere l’economia locale, funziona meglio.” Questo evidenzia una chiara dicotomia tra la mentalità urbana, orientata alla velocità, e quella rurale, più incline alla sostenibilità e al supporto delle realtà locali.

Fallimento dei giganti: anche Migros abbandona il bio sfuso

L’onda lunga di questo cambiamento ha toccato anche i grandi supermercati. Pochi mesi fa, Migros, uno dei colossi della distribuzione svizzera, ha deciso di interrompere il suo esperimento di vendita di prodotti sfusi. La domanda troppo bassa e l’impatto contenuto sull’ambiente hanno decretato la fine dell’iniziativa.

Per Natalie Jacot, la presenza dei supermercati nel settore non è mai stata una vera concorrenza per i negozi specializzati. “Siamo sempre stati favorevoli, perché contribuisce a rendere più normale la vendita di prodotti sfusi. Ma sapevamo che non avrebbe funzionato, non è la stessa clientela. Chi viene nei nostri negozi lo fa in modo consapevole, e spesso cerca di evitare i supermercati”, ha affermato Jacot. Questo sottolinea la specificità della clientela dei negozi sfusi, spesso alla ricerca di un’esperienza d’acquisto più etica e meno massificata.

Bare Ware chiude ma l’idea di sostenibilità sopravvive

A Winterthur, intanto, Adriana Puente ha liquidato gran parte della merce di Bare Ware. Ciò che rimane verrà trasferito a una cooperativa, dove i membri potranno continuare a ritirare prodotti regionali senza imballaggio. Un segno che, sebbene il negozio fisico non sopravviva, l’idea di un consumo più responsabile e sostenibile trova nuove forme per continuare a vivere. La sfida per i negozi sfusi e biologici rimane quella di adattarsi a un mercato in continua evoluzione, dove la convenienza e la praticità spesso prevalgono sulle buone intenzioni.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
TAG ARTICOLO:

Potrebbe interessarti:

Videolab
Turismo