“Non è possibile per il momento determinare se il contributo di compartecipazione alla spesa sanitaria che l’Italia potrebbe imporre ai “vecchi” frontalieri possa essere definito una tassa o un’imposta. Qualora fosse una ‘tassa causale’, non violerebbe l’Accordo del 2020 sulla fiscalità dei frontalieri firmato fra Roma e Berna“.
Tassa sulla salute, doccia gelata per i frontalieri e buste paga a rischio ‘dimagrimento’: come noto, infatti, a oggi il balzello potrebbe incidere sugli stipendi tra il 3% e il 6% del reddito netto annuo, con importo massimo di 200 euro al mese.
È quanto scrive il Consiglio federale rispondendo a un’interpellanza del Consigliere agli Stati Fabio Regazzi (Centro).
Il Governo inoltre dice che l’eventuale consegna all’Italia di liste di “vecchi frontalieri” dovrebbe “poggiare su una base legale ad hoc, al momento inesistente, da presentare in Parlamento”.
“Se l’Italia dovesse avanzare una simile richiesta di scambio di dati, il Consiglio federale analizzerebbe attentamente la situazione tutelando gli interessi della Svizzera, in particolare dei Cantoni di confine interessati”, indica l’esecutivo.
E sulla tassa sanitaria il Consiglio federale precisa che “al momento, mancano ancora numerosi dettagli in merito alla sua applicazione. Di conseguenza attualmente non è possibile effettuare un’analisi esaustiva per determinare se si tratta di un’imposta o di una tassa causale“. Qualora ricadesse nella seconda fattispecie, però, sarebbe con ogni probabilità applicabile.
“Se la cosiddetta tassa sanitaria dovesse essere impostata come una tassa causale, non rappresenterebbe una violazione dell’Accordo del 2020 sui frontalieri”, prosegue. In ogni caso il Governo, la Segreteria di Stato per le questioni finanziarie internazionali “continuerà a seguire attivamente gli sviluppi in questo ambito e interverrà nel caso in cui l’impostazione concreta della misura lo dovesse richiedere.
E pensare che soltanto sabato scorso, nella maxi manifestazione dei frontalieri, i sindacati avevano apertamente parlato dell’intenzione di porre la questione di incostituzionalità in tribunale.