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Attualità

La bevanda lombarda doc per l’aperitivo più famoso del mondo: sequestrati 1,2 miliardi alla holding

Terremoto nel mondo della finanza e dei grandi gruppi industriali italiani. La Guardia di Finanza di Milano, su disposizione della Procura di Monza, ha eseguito un imponente sequestro preventivo del valore di oltre 1,2 miliardi di euro nei confronti di Lagfin Sca, la holding lussemburghese che detiene la quota di controllo del colosso delle bevande, il Gruppo Campari (Davide Campari Milano N.V.).

L’inchiesta, coordinata dal GIP del Tribunale di Monza, ipotizza una presunta maxi-evasione fiscale legata a una complessa operazione di riorganizzazione societaria avvenuta nel 2018.

Il cuore dell’indagine: l’Exit Tax non versata

L’oggetto del contendere non riguarda l’ordinaria tassazione sugli utili correnti, ma una specifica imposta nota come “Exit Tax” (o tassa d’uscita).

Cos’è l’Exit Tax?

L’Exit Tax è l’imposta che uno Stato richiede nel momento in cui una società o i suoi asset (come pacchetti azionari) trasferiscono la loro residenza fiscale fuori dai confini nazionali. Il suo scopo è quello di tassare le plusvalenze latenti — ovvero l’aumento di valore che gli asset hanno maturato (capital gain) nel periodo in cui erano soggetti alla giurisdizione fiscale italiana, ma che non sono ancora state realizzate tramite vendita. Si tratta di un meccanismo cruciale per prevenire la delocalizzazione mirata a evadere la tassazione sul guadagno di valore degli asset stessi.

La contestazione a Lagfin: 5,3 miliardi di base imponibile

Secondo la ricostruzione della Procura di Monza, Lagfin avrebbe omesso di versare l’imposta dovuta al Fisco italiano in seguito a un’operazione di fusione per incorporazione risalente al 2018. In tale circostanza, la holding lussemburghese assorbì la sua controllata italiana, che deteneva la maggioranza delle azioni Campari, realizzando di fatto il trasferimento della residenza fiscale di tali importanti asset all’estero.

La Finanza contesta il mancato pagamento dell’Exit Tax su una base imponibile stimata in circa 5,3 miliardi di euro, calcolando un’imposta non versata pari all’ammontare sequestrato: circa 1,2 miliardi di euro.

I reati ipotizzati nell’indagine sono la “dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici” e la “responsabilità amministrativa delle persone giuridiche”.

Il sequestro preventivo è stato eseguito bloccando le azioni ordinarie di Campari detenute da Lagfin fino al raggiungimento della cifra contestata.

L’Impatto in Borsa e la posizione del gruppo

Nonostante la cifra colossale del provvedimento, l’impatto sul titolo Campari (CPR.MI) in Borsa è risultato contenuto, con una lieve flessione (-0,1%) nella giornata di diffusione della notizia, dopo che il titolo aveva registrato forti guadagni nelle sedute precedenti in scia ai risultati trimestrali.

Il Gruppo Campari e la holding Lagfin non hanno tardato a rilasciare dichiarazioni, affermando di aver sempre operato nel rispetto delle normative e che il sequestro e il contenzioso fiscale non intaccano la partecipazione di controllo di Lagfin in Campari, detenendo essa oltre l’80% dei diritti di voto.

I chiarimenti di Lagfin

Lagfin Sca ha immediatamente diramato una nota per rassicurare il mercato, precisando che il provvedimento “non riguarda la società italiana Davide Campari-Milano N.V. né alcuna delle sue controllate o il Gruppo Campari. Ergo, non vi è alcuna conseguenza per Davide Campari-Milano né per il Gruppo Campari.”

La holding ha sottolineato di detenere oltre l’80% dei diritti di voto della Campari, rendendo la misura del sequestro assolutamente inidonea a intaccare la partecipazione di controllo sulla società. Lagfin ha inoltre affermato di aver agito correttamente in tutte le sue operazioni e di essere pronta a difendersi vigorosamente nel contenzioso legale e tributario. L’indagine riaccende il dibattito sulla delocalizzazione delle holding di controllo di grandi aziende italiane e sul ruolo dell’exit tax nella difesa del gettito fiscale nazionale.

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