Il comandante della polizia provinciale Marco Testa a Villa Saporiti è una sorta di istituzione, è entrato in Provincia di Como quasi 30 anni fa, a fine 1985. Laurea in architettura con lode, 63 anni da compiere a fine mese, ha tenuto a battesimo la polizia provinciale, che oggi conta su 21 agenti, anche se gli operativi sono 19. Uno degli uomini di Testa, in particolare, ha subito una brutta ferita causata dal palco delle corna di un cervo, che stavano soccorrendo sui Monti di Colonno. “Questo tipo di incidenti sono purtroppo all’ordine del giorno. Una volta eravamo in 35 e con meno compiti – spiega il comandante – Oggi davvero ci si deve fare in quattro per coprire il territorio, anche se dal nostro lavoro arrivano anche incredibili soddisfazioni, come il recupero del cucciolo di muflone l’altro giorno nella zona di Sant’Agostino”.
Recuperato e poi liberato nuovamente nella zona del Faro Voltiano.
Per adesso non è più tornato a valle, speriamo sia riuscito a richiamare durante la notte la mamma tipico dei mufloni, era ancora in fase di svezzamento. Forse era sceso perché spaventato da un cane o da un altro animale – spiega Testa – I recuperi di animali selvatici sono all’ordine del giorno. Anche nella zona di via Torno. Ricorderà quel muflone finito nel campetto di calcio dell’oratorio di Sant’Agostino. Purtroppo sono frequenti anche gli incidenti automobilistici causati dagli ungulati, 4 solo negli ultimi tempi.
Le va se parliamo un po’ di pesca oggi? Com’è la situazione sul Lago di Como?
C’è una bella collaborazione con i pescatori, dilettanti e professionisti, ma purtroppo, come per il codice della strada non tutti stanno alle regole, così dall’inizio dell’anno abbiamo elevato circa 110 contravvenzioni.
C’è stato qualche caso emblematico?
Una delle ultime sanzioni riguarda un pescatore che prendeva trote iridea di notte, con una fonte luminosa nel torrente Telo, tra Argegno e Dizzasco. Ne aveva prese diverse, ma è assolutamente vietato pescare di notte, attirando i pesci con la luce. Lo stesso per un pescatore di origini cinesi, già noto per simili infrazioni. Era sulla diga foranea, zona vietata, pure lui di notte, con una fonte luminosa per cacciare il luccioperca, che ricordiamo deve avere la misura minima di 40 centimetri, e pure con esche vietate.
Che tipo di multe hanno preso?
Si tratta di sanzioni amministrative che partono da 150 euro, ai quali si aggiungono ad esempio 50 euro per le esche, poi le aggravanti dell’orario, dell’ambito, diciamo almeno qualche centinaia di euro. Poi abbiamo sorpreso anche un pescatore professionista mentre metteva delle reti con maglie vietate e qui si parla di 2mila euro di multa. Sono tutti reati commessi nelle ultime settimane, dal Primo Bacino ai torrenti e ai laghetti della provincia, abbiamo un raggio d’azione molto ampio e si devono coprire tutte le 24 ore.
Senta, ma quella storia del pescatore pensionato multato per due alborelle… con il giudice che ha archiviato per esiguità del danno è finito su tutti i giornali.
Anche lei con questa storia? A parte che l’archiviazione del giudice non è equiparabile a un’assoluzione e non esclude l’iscrizione del reato sul casellario giudiziale. Poi, mi perdoni, ma noi dobbiamo applicare la legge, che sulle specie protette è estremamente rigida. Per i pesci come per la caccia. Si tratta di reati penali che non si possono gestire chiudendo un occhio. Agiamo come polizia giudiziaria che applica il Codice. Attualmente la pesca all’alborella è vietata, si tratta di fauna ittica protetta.
Possiamo ricordare quali altri pesci non si possono pescare nel Lago di Como e nei corsi d’acqua provinciali?
Certo: alborella, anguilla, cobite mascherato, lampreda padana, spinarello, barbo canino, cagnetta, panzarolo, storione comune, cobite comune, ghiozzo padano, scazzone, storione cobice, cobite barbatello, lasca, savetta e storione ladan. Si tratta della legge 154, articolo 40 del 2016, una legge nazionale, poi ci possono essere anche regolamenti locali.
Grazie comandante, quindi non dipende dal quantitativo, sono vietati.
Non voglio entrare nel caso specifico perché c’erano anche altre infrazioni. Noi abbiamo accertato il reato, il giudice non si è pronunciato con un’assoluzione per insufficienza di prove o perché il fatto non sussiste, ha archiviato per tenuità del fatto. In ogni caso se dovesse accadere di nuovo, noi ci comporteremo ancora di conseguenza. Non si deve neppure indurre in errore il pescatore, la comunicazione deve essere corretta. La legge indica l’alborella tra le specie ittiche protette, che non si possono pescare.
Un commento
Quando dice che un ufficiale di polizia giudiziaria preposto al controllo “ha il dovere di applicare la legge, che sulle specie protette è estremamente rigida”, il comandante Testa ha perfettamente ragione.
Proprio per questo è ingenuo (e intrinsecamente sbagliato) auspicare che le guardie mantengano un approccio orientato al “buon senso” di fronte alla presunta “buona fede” del trasgressore. Questo perché buon senso e buona fede investirebbero l’operatore di polizia di una discrezionalità che non compete al ruolo. Lo obbligherebbe a ricollocare l’asticella del lecito ben oltre rispetto a dove è collocata ad oggi in virtù della normativa vigente.
Ma è proprio questo il motivo per cui, a dover cambiare, deve essere la legge.
Saper distinguere piccoli ciprinidi allo stadio giovanile non è cosa comune a tutti. Pensiamo ad esempio all’ipotesi di dover mettere a confronto e distinguere piccoli esemplari di pigo (pesce protetta), gardon, magari ancora poco pigmentato, e il loro ibrido; queste ultime specie alloctone per cui vige l’obbligo di soppressione. Un’eventualità che i pescatori sanno essere diffusissima sul Lario.
Ma pensiamo anche al caso in cui un pescatore che pesca col vivo, una volta recuperati i pesci esca con il quadrato e depositati gli stessi nel secchiello del vivo, in mezzo alla minutaglia abbia accidentalmente catturato anche qualche alborella.
Entrambi questi casi condannerebbero il pescatore a sanzione certa, anche se la volontà di trasgredire è del tutto improbabile.
In sostanza, per quanto riguarda la pesca col vivo, andrebbe riformulata la legge affinché ad essere garantito, tutelato e protetto, sia il soggetto debole di tutto il sistema.
Soggetto che – paradossale a dirsi – è proprio il pescatore.