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Street Parade a Como 2008 (Da Timelapses00 su YouTube)
Attualità

“Riprendiamoci questa Como di bar chic e grandi marchi solo per ricchi”. Arriva il corteo della Street Parade

A  Como la Street Parade ma questa volta l’evento si caratterizza per un manifesto politico dai toni decisamente forti. In alcuni casi, forse estreme in particolare rispetto alla descrizione della città stessa. L’appuntamento è per il 20 aprile all’Ippocastano. Ecco quanto scrivono nel manifesto gli organizzatori.

Sabato 20 aprile attraverseremo Como in corteo per riprenderci uno spazio che progressivamente, ormai da anni, ci viene sottratto in nome di gentrificazione, turistificazione e profitto.

“Reclaim the lake” diventa allora uno slogan di socialità e riappropriazione di spazi abitativi, contesti di divertimento e luoghi di scambio e condivisione. Una street parade che, contrariamente alla narrazione che le “autorità” (poliziesche o comunali che siano) cercano costantemente di far passare, è molto più che una festa, ma un momento politico che rivendichiamo con forza.

•Free party: Street parade, oggi, significa necessariamente opposizione alla criminalizzazione delle feste e della musica. 

Il recente aggiornamento dell’articolo 633 bis mostra come il governo attuale abbia in mente un progressivo restringimento delle libertà individuali, a partire da quella di vivere liberamente la propria vita sociale e di scegliere cosa fare dei propri corpi. A questa stretta biopolitica noi opponiamo una proposta di liberazione individuale e collettiva, fuori dai circuiti delle feste come forma di profitto ed annullamento dell’individuo.

Fare street parade significa dunque costruire uno spazio per sé e per lə altrə che sia libero da schemi, sicuro e di cura. Solo corpi liberi e musica: ne rivendichiamo la politicità.

•Gentrificazione: Milano, Monza, Como: il nostro territorio si riempie sempre di più di locali chic, bar-librerie, negozi di grandi marchi… Di certo, i turisti e i ricchi sono contenti, ma cosa resta per la cittadinanza? 

Dimentichiamo costantemente che Como è città di frontiera, eppure chiudiamo i dormitori e costruiamo cancelli per impedire alle persone a cui viene negato qualunque riparo di trovare soluzioni anche precarie e provvisorie.

Ci sarebbe un’università a Como, eppure non sembra che il sapere lì prodotto ricada sulla città: non esistono spazi di aggregazione per lə giovani, le aule studio sono inesistenti o subordinate alla Chiesa, gli unici luoghi offerti sono bar dai prezzi esorbitanti in cui la parola d’ordine è “consuma e vattene”. Per non parlare poi degli affitti: vivere a Como è ormai un lusso pressoché inaccessibile a chiunque non abbia ISEE stratosferici. Eppure, di strutture abitative ce ne sarebbero, ma sono abbandonate a sé stesse e sembrano destinate ad entrare nella storia novecentesca di una città che è stata operaia ma si è ormai trasformata in una vetrina turistica e di fatto inabitabile.

Dove pensa, il sindaco Rapinese, di collocare tutte le persone che sfratta e cerca di nascondere lontano dai portici e dalla città murata?

Infine, abbellire significa, nella retorica gentrificante, sorvegliare. Camionette, telecamere, forze armate a piedi sono allora diventate (e sempre più diventeranno) una presenza costante nello sfondo urbano. Ma cos’è la sicurezza? Chi è che effettivamente va protetto? Dove il controllo diventa abuso?

È con queste domande che rifiutiamo la Como della sorveglianza e proponiamo che la costruzione di una città sicura parta dal basso, dal reciproco rispetto e dalla proposta di un’etica del consenso che tuteli noi e lə altrə dalla violenza. I luoghi sicuri li fanno le soggettività che li attraversano.

•Socialità: Non sono solo i bar il problema di una città invivibile: anche i luoghi di cultura sono sotto attacco, ormai da decenni, da parte della politica locale. 

I cinema indipendenti sono costantemente in pericolo, i luoghi di aggregazione controculturale ricevono periodicamente minacce di sfratto… L’intero sistema culturale locale è in pugno a una rete, ben rappresentata nei luoghi decisionali, che monitora e mette i propri tentacoli ovunque, salvo poi stritolare le realtà non allineate sottraendo loro spazi e risorse e lasciando poco margine alle realtà che provano ad organizzare cultura indipendentemente da questo circuito.

In compenso, fioccano le fiere, le giostre e i mercatini, armi di distrazione di massa con cui far risplendere la vetrina comasca e rimpinguare le casse comunali.

Ora che anche le vicende calcistiche sembrano sorridere alla “Perla del lago”, ci sarà ancora più spinta a costruire bar e parcheggi dove in un passato non troppo lontano ma già sideralmente inaccessibile sembravano poterci essere momenti di incontro, cultura e divertimento informali.

•Ecomostri ed ecologismo: Le paratie prima, il Libeskind poi, la Battery ora…e poi la Ticosa e chissà 

Como e il suo lago sembrano in paradossale conflitto; dopo la siccità del 2022/2023, che ha visibilmente provato il verde del Lario, il Comune ha pensato bene di distruggere i Giardini a Lago per costruire l’ennesima “struttura ricettiva” per il turismo.

Non solo ciò toglie un luogo fondamentale di ritrovo per i giovani, oltre che uno dei pochi spazi in cui la (numerosa) popolazione anziana della città trovava ristoro dall’effetto-forno del cemento urbano; il danno ambientale e sociale arrecato da questo cantiere, che sappiamo quando è iniziato ma non abbiamo idea di quando verrà concluso, rischia di essere ben maggiore di quanto le pochə ambientalistə che se ne sono finora preoccupatə hanno calcolato.

Una città a misura di cittadino, secondo noi, è invece uno spazio urbano che pensi all’ambiente oltre che alle proprie casse e che offra aree verdi e trasporti pubblici accessibili a tuttə, anziché fomentare l’uso di veicoli privati o, peggio, la competizione per i trasporti che ogni estate vediamo insorgere tra turisti e cittadinə.

•Antiproibizionismo: La società in cui viviamo risulta sempre più polarizzata sulla dicotomia decoro/non decoro

Da una parte stanno i ricchi, la gentrificazione, un’estetica del sé apparentemente perfetta ma con ampie zone d’ombra; dall’altra sono marginalizzate tutte le soggettività alternative, non conformi, razzializzate, reiette della società. La street parade di Como rifiuta questa divisione e tutti i suoi dispositivi che, particolarmente restrittivi in città, includono la criminalizzazione delle sostanze ricreative. Pensiamo che il loro utilizzo vada demandato al libero arbitrio individuale e, nella città che multa chi si permette anche solo di bere alcolici fuori dai locali, sia importante che l’opinione pubblica riveda le proprie categorie, uscendo dall’idea che l’utilizzo di determinate sostanze renda scarti sociali e riflettendo sul fatto che in un narco-sistema come quello globale (di cui le infiltrazioni mafiose in Lombardia sono esemplari), gridare all’abuso di sostanze leggere è come guardare il dito che indica la luna.

•Transfemminismo, antifascismo, antirazzismo: La street parade comasca vuole essere uno spazio sicuro per tuttə. 

Ci rifacciamo ai valori del transfemminismo, dell’antifascismo e dell’antirazzismo non solo in opposizione a una città che vediamo insicura, ammiccante alla destra più radicale, razzista; vogliamo che le lotte che portiamo in piazza si riflettano nel nostro quotidiano, nelle nostre prassi e nei contesti che creiamo. Per questo, come in tutti i momenti di socialità in cui vogliamo sentirci sicurə, ribadiamo con forza no fasci, no machi, no sbirri, no omofobia, no hard drugs.

SABATO 20 APRILE

H 14:00 PARCHEGGIO IPPOCASTANO

ASSEMBLEA STREET PARADE 

RECLAIM THE LAKE – RECLAIM THE STREET

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