Ci si prova.
Ogni giorno, su queste pagine, cerchiamo di raccontare mettendo attenzione, pudore, delicatezza in ogni vicenda. Magari con mezzo passo indietro (a lato) che segni una piccola distanza, mai indifferenza: giusto quello che serve per non essere travolti.
Oggi è un po’ più complicato. Oggi è davvero difficile.
Di questa storia abbiamo scritto in passato: “Un amore lungo 27 anni, poi il rogo: storia e dramma dei 2 senzatetto di Monte Olimpino”.
Il racconto degli sviluppi, purtroppo drammatici, è di un residente della zona che segue da tempo la vicenda ma chiede – per la delicatezza della vicenda – di mantenere la riservatezza. Di seguito, la testimonianza.
Cari Emanuele e Davide, vi riscrivo per aggiungere un pezzo, un triste pezzo alla storia di Ursula e Mustafa.
Dallo scorso 12 ottobre Ursula non c’è più, silenziosamente, nell’indifferenza di molti, se n’è andata, il suo corpo ormai troppo malato e stanco non ce l’ha fatta.Non ho voluto dirvi nulla prima perché mi sembra sempre di far propaganda sulla vita di altre persone, meno fortunate di me.
Dopo l’attenzione mediatica che era stata data al caso di Ursula e Mustafa abbiamo dato loro una piccola tenda dove potessero ripararsi dalle piogge. Ma era ancora caldo, estate e andava “bene”.
Ma Ursula già si lamentava che le medicine le facevano male, diceva: “Queste medicine mi ammazzano, non vanno bene per il mio stomaco”. Non erano le medicine che non andavano, era la malattia, quella brutta malattia, che si stava mangiando il suo corpo, che già è difficile sconfiggerla quando si è persone “normali” con cure mediche adeguate e continuative, figuriamoci per chi non ha nemmeno una casa in cui vivere, una stufa con cui potersi scaldare.
Così agli inizi di ottobre è stata proprio male ed è stata ricoverata in ospedale al Valduce, dopo ogni cura possibile il 12 ottobre ha smesso di lottare.E da quel 12 ottobre è stata “nel frigorifero” come dice Mustafa.
Siccome Mustafa non riusciva a spiegarsi bene, mi diceva: “Il Comune vuole i soldi per il funerale ma io non li ho”.Ho chiamato in Comune ma nessuno sapeva nulla, perché non erano a carico dei Servizi Sociali (anche se è bruttissimo dicono così: essere a carico, che già sembra un peso senza magari averli mai visti. Ma questo sarebbe un discorso molto più ampio da fare).
Quindi visto che dal Comune non sapevano nulla, ho chiesto all’ospedale che, per fortuna, è stato più chiarificatore. Siccome Ursula prima di venire in Italia, nel suo Paese, era sposata e aveva dei figli, la pratica (anche qui, parli di una persona morta e loro ti parlano di una pratica burocratica) è passata in mano alla Questura per le ricerche del caso. Così è arrivata la parola fine a questa lunga, triste storia.
Lunedì mattina (oggi) alle 9 nella chiesa di San Bartolomeo diamo l’ultimo saluto a Ursula.
Ora Mustafa è rimasto solo, ha perso la sua compagna di viaggio, ha perso la voglia di tutto; non va più a lavarsi, non si fa nemmeno la doccia settimanale. Dei due amici chi “portava i pantaloni” era Ursula: lei diceva quando si dovevano lavare, quando dovevano andare a prendere i vestiti puliti (a volte, quelli che le piacevano, li custodiva gelosamente). Ursula scandiva il passare del tempo.
Ho cercato di convincere Mustafa più volte a andare a Como. Soprattutto in vista dell’apertura del servizio Emergenza Freddo. Non so se accetterà, spero di riuscire a portarlo almeno nei giorni in cui farò il mio turno: con qualcuno che conosce magari si sentirà più al sicuro e si convincerà a ripararsi dalle gelide notti invernali.
A proposito, il funerale di Ursula è a carico di Caritas perché come si dice nel gergo, era una loro assistita.
Fine primo tempo di una storia triste
Un commento
Quanta compassione per questa penosa storia. E quante c’è ne sono di analoghe! Grazie a coloro che le rendono pubbliche. Vorremmo fare di più sia come comunità sia come istituzioni. Entrambi faremo il mea culpa per la superficialità, il disinteresse, l’egoismo, il populismo che ci impediscono di non vedete (per la maggior parte di noi ).