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L’architetto Beretta: “Lo stadio sia un isolato vivo, non un drive in. Anche un’Ikea ci starebbe a quel punto”

Un dialogo – vero o immaginario, ognuno potrà stabilirlo da sé – sul futuro dello stadio. Visto, con uno slancio di fantasia inedito rispetto alle centinaia che si sono susseguiti negli anni, come il grande cortile di una casa o di un condominio e dunque trattato come tale. Ossia come il cuore di un’isola vivente all’interno della città, capace di alimentare sia la vita al proprio interno, sia quella all’esterno, grazie a un mix di funzioni, attività ed eventi che non lascino mai nel vuoto e nel silenzio spazi e luoghi. Il tutto, creando le condizioni perché quel nuovo centro vitale ben oltre la singola partita della domenica sia raggiungibile nel maggioranza dei casi lasciando l’auto altrove, creando le condizioni per una fruibilità a piedi (o tramite trasporto pubblico).

È il contributo al dibattito dell’architetto comasco Sergio Beretta, che volentieri pubblichiamo, con tanto di forma del testo inusuale – un dialogo immaginato con l’utilizzo delle domande più ricorrenti – qui di seguito. In appendice, anche l’ultima posizione espressa dal sindaco Alessandro Rapinese sulla questione Sinigaglia.

Ciao.

Hej, come va?

Bene. Ma tu, uno stadio, dove lo metteresti in una città?

Sai cosa dico da sempre: una mega-struttura, come lo stadio, può benissimo stare in centro a una città. L’importante che non sia un luogo che ha i fronti chiusi, ma aperti per lo più fruibili 24/7 (o per il maggior numero di ore possibili durante il giorno indipendentemente dal funzionamento dello stadio). In questo modo le persone frequenteranno quella zona, a prescindere da una partita, sarà un luogo vivo e non uno spot che si accende, se va bene, per il 2% del monte ore annuo. L’importante è che la gerarchia sia chiara. Mi spiego meglio: se la funzione ‘più importante’ è raggiungibile solo a piedi, è lei che comanda, quindi anche quelle di contorno dovranno essere raggiungibili nello stesso modo. Se ci metti, per assurdo, un drive-in, questo sballerà l’equilibrio in maniera irrimediabile.

Tutto chiaro, ma se ci volessi mettere una grande distribuzione tipo supermercato o Ikea?

Basta che non sia l’unico a contorno dello stadio e che sia possibile che si possa andare, scegliere e che la merce acquistata sia consegnata a domicilio; devi eliminare la necessità, o la scusa, di arrivarci in auto. Come ti ho detto, ci devono essere più realtà che coprano più bisogni. Pensa allo stadio come a un isolato. L’isolato funziona bene quando si affaccia sulle strade con il piano terra con varietà di funzioni: bar, ristoranti, negozi, piccoli atelier, palestre, ambulatori… L’unica cosa che cambia è che il cortile interno non è a disposizione di chi abita al di sopra del piano terra, ma di chi lo fa solo per le partite.

Tutto chiaro, ma io avevo in mente Como e il Sinigaglia.

Ah! Beh, non vedo quale sia il problema, quello che ti ho detto prima è perfettamente applicabile anche lì.

Il problema è che quando ci sono le partite, per ragioni di sicurezza, tutta l’area rende impossibile il collegamento con Villa Olmo, per non parlare del traffico.

Allora è un problema di software, non di hardware. È come voler far girare l’ultimo sistema operativo su un pc 286 degli anni ’90. Semplicemente non ce la fai, la macchina non lo regge.

Ma se lo stadio lo porto da un’altra parte, cosa ci faccio del Sinigaglia che è pure tutelato?

Quello che ti ho detto prima: anziché le partite, le persone andranno a vedere un concerto, ad esempio. Non c’era per caso una pista di atletica e un velodromo? Riportale in uso! Trasforma la corte dell’isolato Sinigaglia in un cortile per tutta la città. Di sicuro non chiudono l’area se c’è un concerto o una gara di atletica o l’arrivo del Giro di Lombardia o, semplicemente, la gente ci va per allenarsi.

Tanto l’area sarà viva per la presenza di tutte le altre attività dell’isolato…

Esatto!

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Il sindaco: “Cosa vuole fare il Como 1907? Va domandato a loro”

Nell’ultima settimana di novembre il tema del futuro dello stadio si è riacceso (per l’ennesima volta) soprattutto dopo i tafferugli nel post-gara di Como-Bari. Ma a oggi, tra dichiarazioni della società biancoblu sulla ferma intenzione di investire sul rilancio dell’impianto (in città, si presume, anche se non è mancato qualche gossip su fantasiosi traslochi) e impegno del Comune ad assecondare i privati, come stanno le cose?

L’unico documento ufficiale recente è la risposta data dal sindaco Alessandro Rapinese a un’interrogazione del consigliere di “Svolta Civica”, Vittorio Nessi. Quest’ultimo, assieme a tutto il gruppo consiliare, chiedeva due cose: se corrispondesse a verità l’ipotesi che la società Como 1907 stesse valutando la possibilità di realizzare un nuovo impianto all’esterno della città; e poi a che punto fossero giunte le trattative con i dirigenti del Como in relazione al progetto di riqualificazione dello stadio, chiedendo conto di eventuali passaggi tecnici e dell’orientamento su una possibile coprogettazione per impianto e quartiere.

Alla prima domanda, Rapinese si è limitato a rispondere testualmente così: “Le intenzioni del Como 1907 vanno chieste a Como 1907”.

Sul secondo punto, quello relativo alle trattative con la società lariana per l’eventuale riqualificazione del Sinigaglia, il sindaco ha ribadito di aver “incontrato più volte la società Como 1907 per confrontarmi sia in merito alla possibilità di aumentare la capienza dello stesso (cosa decisa lunedì dalla Commissione di vigilanza, Ndr), sia in merito al progetto di riqualificazione dello stesso, fermo restando che l’attivazione della procedura, compresa la progettazione, è di competenza della società e che tutti gli atti eventualmente depositati in futuro saranno a lei accessibili”. Insomma, contatti sì. Ma piste concrete, almeno ufficialmente, per ora no.

L’ARTICOLO CHE HAI APPENA LETTO E’ USCITO SU COMOZERO SETTIMANALE: ECCO DOVE PUOI TROVARLO

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10 Commenti

  1. FINALMENTE!!! FINALMENTE!!! qualuno che pensa, come me e tutti coloro che VIVONO IL QUARTIERE STADIO, che lo stadio sia un’incredibile risorsa per tutti…ma che oggi sia soltanto uno spreco assoluto e incredibile di opportunità …una partita ogni quindici giorni, con tutti i disagi che comporta…un aspetto quasi fatiscente dall’esterno (e potrei pensare anche all’interno)…una posizione invidiata da tutti.
    Una potenzialità così va sfruttata in maniera CIVILE e INTELLIGENTE, lasciando il calcio, con tutti i suoi civilissimi seguaci, al di fuori del centro abitato ( Lazzago? con autostrada + ferrovie e capolinea bus) ed eventi civili e inclusivi da effettuarsi frequentemente in centro città panoramico…

  2. Fino agli anni attorno al 1960, c’erano il velodromo e la pista d’atletica, attorniata dalle pedane per i salti e i lanci; c’era (e c’è tuttora, quando non è chiusa) la piscina per il nuoto e i tuffi; c’erano palestre per diverse specialità sportive: ricordo, per esempio, di avervi assistito a incontri di lotta greco-romana; c’era una squadra di calcio che militava con una certa continuità in serie A e che non causava la chiusura di strade, quartieri e comuni confinanti durante le partite; c’erano i tifosi che arrivavano da fuori senza essere scortati dalla polizia (ma questo è un altro discorso, che sembra non abbia diritto alla dignità di un dibattito serio e approfondito). Era (potrebbe essere) davvero – insieme ai vicini circoli di canottieri, velisti e motonautici – il luogo dello sport comasco.

    1. Caro Gelindo,
      La mia vorrebbe essere una considerazione a prescindere da incarichi, nata da un’analisi degli stati di fatto e dall’esperienza maturata in giro per il mondo. Di città ne ho viste molte e, fortuna vuole, ho collaborato con chi ha svoltato, letteralmente, il destino di alcune di esse. La ricetta è quella esposta. La differenza è essere in grado di accettarla o no (e finire agli ultimi posti tra le città vivibili nel mondo)

  3. Oh, finalmente uno che ragiona e ha idee fattibili e condivisibili. In sostanza ha lasciato intendere che lo Stadio, per le partite di Calcio, va costruito fuori città, mentre l’attuale Stadio Sinigaglia potrebbe essere sfruttato per ben altri eventi.

  4. Oh, finalmente qualcuno che dice che un’area strategica che vive un’ora e mezza ogni due settimane, è un’area mezza sprecata. E che se quando vive crea quel disastro che crea, alla fine è sprecata del tutto.

  5. Vivo è vivo… infatti è una gran rottura di palle per chi ci vive intorno e per chi una domenica si è una no si trova il lungolago bloccato e le vie circostanti anche!

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