Il mercato del lavoro in Ticino è caratterizzato da un forte paradosso: le imprese manifestano un’elevata volontà di assumere, ma al contempo riscontrano significative difficoltà nel reperire le figure professionali richieste. Questo fenomeno di “mismatch” (disallineamento) tra domanda e offerta è confermato dallo studio SkillMatchSurvey-Ticino 2024, condotto congiuntamente da SUPSI e dal DECS (Divisione della formazione professionale), che ha rilevato difficoltà di reclutamento in oltre il 50% delle assunzioni effettuate o programmate nell’ultimo anno.
L’indagine – riportata e analizzata dal Cdt – ha coinvolto oltre 1.400 aziende con almeno due dipendenti, attive nei settori secondario e terziario, evidenziando le criticità di reperimento, le competenze più richieste e le strategie aziendali adottate per colmare il divario.
Le maggiori criticità di reclutamento si concentrano nelle posizioni che richiedono personale qualificato. In dettaglio, le difficoltà si registrano in:
- Professioni tecniche intermedie: 72%
- Professioni intellettuali e scientifiche: 67%
- Conduttori di impianti e macchinari: 64%
Il problema si manifesta sia in termini quantitativi (il 27,2% delle nuove assunzioni non trova candidati sufficienti) sia in termini qualitativi (il 22,7% non trova le competenze adeguate).
Per ovviare a queste carenze, specialmente nei comparti dell’informatica e comunicazione, le aziende ricorrono al reclutamento oltre i confini cantonali, un fenomeno che riguarda oltre il 55,6% delle nuove assunzioni in questi due settori specifici.
Nonostante le difficoltà di reclutamento, le università ticinesi, USI e SUPSI, continuano a vantare percorsi formativi di punta nelle discipline a maggiore richiesta. Circa il 97% dei laureati presso i due istituti ticinesi trova impiego al termine del proprio percorso formativo.
L’indagine ha chiarito che le aziende ticinesi non cercano solo titoli di studio, ma soprattutto competenze concrete. Tra le più richieste figurano la comunicazione in italiano, le conoscenze digitali di base e le lingue straniere.
Tuttavia, il bisogno più pressante riguarda le abilità trasversali (soft skills): più della metà delle aziende intervistate ha riconosciuto la necessità di migliorare o acquisire soft skills tra i propri dipendenti, quali autonomia, flessibilità, capacità di lavorare in gruppo e problem solving.
Più in generale, il 42% delle aziende ha segnalato dipendenti con competenze da adeguare, indicando fra le cause principali l’introduzione di nuove tecnologie, pratiche e processi lavorativi e prodotti innovativi.
Il fabbisogno formativo in Ticino si rivela disomogeneo, evidenziando la segmentazione del mercato del lavoro:
- Formazione professionale di base (CFP, AFC, maturità professionale) è il titolo minimo richiesto nel 42% dei casi, con una prevalenza nelle piccole e medie imprese (PMI).
- I titoli universitari sono richiesti nel 20% dei casi, ma si concentrano fortemente nelle grandi aziende e in settori specifici come istruzione, informatica e quello finanziario.
- Curiosamente, la scuola dell’obbligo resta il titolo minimo per oltre un quarto delle nuove assunzioni, con picchi nel settore del turismo, nei trasporti e nell’industria metalmeccanica.
Per far fronte al disallineamento, le aziende ticinesi adottano strategie differenziate:
- Il 12% delle aziende assume personale fuori cantone o all’estero (PMI 13%, grandi aziende 10,1%).
- Altre strategie includono incentivi aziendali (11,1%), retribuzioni sopra la media e formazione interna.
- Le grandi aziende puntano maggiormente su incentivi (18,6% vs. 6,3% delle PMI) e stipendi elevati (16,1% vs. 7,2% delle PMI).
- Le PMI preferiscono formare internamente figure con competenze simili (12,3% vs. 7,8% delle grandi aziende).