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Lavoro, la Cgil: “A Como per gli under 35 una percentuale bassissima di contratti indeterminati”

“I dati Istat 2022 pubblicati in questi giorni nel “Rapporto annuale 2022” hanno rilevato una condizione di estrema difficoltà dei giovani in ambito lavorativo su tutto il territorio nazionale: la metà dei giovani tra i 18 e i 34 anni risulta vivere in condizioni di deprivazione sotto il profilo sociale, dell’istruzione, della salute o del lavoro e del benessere in generale”. Così la Cgil di Como in un’ampia riflessione che pubblichiamo integralmente:

Secondo il rapporto annuale sono 1.670.000 i Neet, i giovani tra i 15 e i 29 anni che non lavorano e non studiano. Il tasso italiano di occupazione giovanile è inferiore di oltre 15 punti della media dell’Unione Europea. Nella classe 30-34 anni, quindi coloro i quali hanno concluso i percorsi post laurea, il 12,1% dichiara di non aver mai lavorato. Inoltre, spesso quando i giovani trovano un’occupazione, si tratta di un lavoro precario e con medie retributive più basse rispetto ai colleghi più anziani che comunque hanno retribuzioni medie inferiori del 12% della media europea (che si attesta su una retribuzione media mensile di oltre 3.700 euro lordi all’anno).

Come ha evidenziato un’analisi della Corte dei Conti, tutti questi dati oltre che impattare sulle condizioni di vita attuali hanno una ripercussione diretta sulle future pensioni dei giovani. In provincia di Como nel 2021 su 73067 attivazioni di contratti di lavoro dipendente il 50% (36089) ha riguardato i giovani sotto i 35 anni ma di questi solo l’11,5% è stato assunto con contratto a tempo indeterminato.

Secondo il Segretario Generale della Cgil di Como, Sandro Estelli, “come sindacato ribadiamo che per noi parlare di giovani significa contrastare la precarietà e aumentare i salari, strada esattamente opposta a quella intrapresa con l’ultima legge di bilancio e con il decreto lavoro, che amplia l’utilizzo dei voucher e prevede la proroga dei contratti a termine. Le politiche che il Governo dovrebbe mettere in campo devono anche garantire l’equilibrio e la sostenibilità a lungo termine del sistema pensionistico, soprattutto in un sistema previdenziale a ripartizione come il nostro e a partire da un indispensabile allargamento della base contributiva. Se questa sfida non verrà colta, se non si daranno certezze ai giovani sulla loro futura pensione, incentivandoli a rimanere attivi nel mercato del lavoro e a versare i contributi, si rischia l’esclusione di intere fasce generazionali dal mondo del lavoro con il conseguente impoverimento del paese. Il risultato, in assenza di politiche mirate a recuperare il rapporto tra giovani e lavoro, sarà il crollo dell’attuale sistema di welfare e pensioni.

Come sindacato i chiediamo l’introduzione di una pensione contributiva di garanzia, inserendo elementi di solidarietà all’interno del sistema e agendo attraverso il mix tra anzianità ed età di uscita. Il che vuol dire che più crescono contribuzione ed età, più dovrebbe aumentare l’assegno di garanzia, valorizzando tutti i periodi di fragilità degni di tutela: disoccupazione, formazione, politiche attive, stage, tirocini, lavoro di cura, periodi di maternità fuori dal rapporto di lavoro, ecc.”.

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