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Le Idi Di Febo. Sonata con frusta di Roberta: “Cultura a Como? Fazioni che bloccano la città”

Per qualche settimana, al momento dell’addio alla poltrona di assessore alla Cultura del Comune di Como di Simona Rossotti, che sarebbe diventata di Carola Gentilini, era il suo il nome in cima alla lista dei papabili sostituti.

Roberta Di Febo, 47 anni, laureata in pianoforte e direttrice del Liceo Musicale e Coreutico Giuditta Pasta, dell’Accademia Palazzo Valli Bruni e dell’Accademia Universitaria di Musica e Danza Giuditta Pasta (la prima in Italia) per un totale di circa 300 studenti, nonché capo delegazione del Fai – Fondo Ambiente Italiano di Como. Donna Fidapa 2018, recentemente ha ricevuto l’AssoSinderesi Awards, premio nazionale dedicato a chi divulga cultura etica nel business e nelle arti.

Insomma una donna che ha dedicato la vita alla formazione di giovani talenti in ambito culturale ma che nel 2017 aveva deciso di scendere in campo anche per la città di Como. Alle elezioni che hanno visto diventare sindaco Mario Landriscina, Di Febo era candidata con Forza Italia ma non venne eletta.

A due anni di distanza il mancato assessore parla dello stato in cui versa la cultura a Como.

Come vede la situazione culturale della città?
Non credo di dire niente di nuovo, i professionisti del settore conoscono bene la realtà. Como è determinata a livello culturale da una situazione che si compone di diverse piccole fazioni che in realtà non collaborano tra di loro. Manca una sinergia completa di tutte le istituzioni che rappresentano la cultura, manca una progettualità comune. Eppure sul territorio ci sono tante realtà che sarebbero perfettamente compatibili tra di loro. Quindi lancio un appello: credo che la sinergia non solo sia importante, ma che sia doverosa. Quella vera però non quella fatta solo a parole.

Insomma bisogna fare rete.

Purtroppo manca progettualità perché è chiaro che ognuno ha la propria formazione e magari ha anche voglia di progettare nel suo campo. Quindi si creano delle attività ottime, perché credo che sul territorio abbiamo realtà che fanno cose fantastiche. Il problema è che rimangono lì, isolate una dall’altra con poca contaminazione reciproca. Con la mancanza di un tema comune, quello che ne viene fuori è la città che conosciamo, che dal punto di vista culturale è abbastanza immobile.

Dal suo ruolo che rapporto ha con il Comune di Como?

Ho il massimo rispetto per questa amministrazione e per la giunta ma in realtà non c’è mai stata occasione di fare qualcosa insieme. E questo mi dispiace perché, avendo io preso una posizione molto esplicita durante la campagna elettorale, sicuramente mi sarebbe piaciuto che, anche senza di me, si fosse fatto qualcosa di più. Questo non lo posso negare. Se il Comune dovesse decidere di portare avanti un progetto che coinvolga le tante realtà culturali comasche, anche la mia ma non solo perché i personalismi sono l’anticultura, sarò a disposizione.


Come Fai organizzate tante attività, l’Accademia ha recentemente ospitato Raffaele Paganini. Cosa vorrebbe fare per la città?

La mia volontà è di essere contaminata da persone di spessore del mondo culturale comasco con cui scambio spesso ore di chiacchierate e da cui ne esco sempre arricchita. Mi piacerebbe che questi incontri potessero concretizzarsi in qualcosa per la città. Ad ogni modo ho sempre fatto formazione e voglio eccellere in questo campo. Potremmo davvero diventare un punto di riferimento per il settore.

Le aperture straordinarie per le Serate d’Estate e le Giornate di Primavera sono sempre un successo: qual è il segreto?

Sicuramente il merito è del Fai nazionale per aver creato un format che funziona. A Como c’è una piccola delegazione ma formata da volontari preparatissimi. Il Fai è importante perché è la ricerca del bello. In queste occasioni si vedono code infinite di persone per ammirare le nostre belle ville del lago e non solo; sono disposte a passare ore sotto il sole pur di vedere qualcosa di bello, vuol dire che la speranza di contaminare c’è ancora.



Fiore all’occhiello della provincia è Villa del Balbianello, bene Fai più visitato in Italia da diversi anni.

La cultura ha bisogno di essere seguita anche a livello manageriale, altrimenti le idee sono buone ma la concretezza o i conti fanno fatica a tornare e allora si va incontro a sconfitte. Villa del Balbianello è un chiaro esempio di ottima gestione: Giuliano Galli sa far conciliare il manager con l’uomo di cultura.

Visto lo stato in cui versano molti monumenti in Italia, pensa sia il momento di una gestione da parte dei privati?

A livello teorico sarebbe una bruttissima sconfitta dello Stato, di tutti noi. Se devo ragionare a livello pratico credo di sì perché esistono logiche che non permettono, malgrado la volontà e la presenza di persone competenti, di fare le cose. Sono una persona che crede nello Stato, quindi spero che tutto questo lo possa fare chi ci governa. Anche perché bisogna essere sicuri che i privati lo facciano per prendersi realmente cura del bene. Un esempio è la nostra sede, Palazzo Valli Bruni. E’ del 1500, completamente ristrutturato con tre anni di lavori da parte dell’Opera Sant’Abbondio che ne è proprietario. Qui è stato creato un posto meraviglioso, spesso trovo turisti fuori dal cancello che mi chiedono di visitarlo.

L’articolo che avete appena letto è stato pubblicato su ComoZero settimanale, in distribuzione ogni venerdì e sabato in tutta la città: qui la mappa dei totem.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

3 Commenti

  1. Carissimo Prof. Leoni.

    Nel garantirLe la qualità ottima dei miei docenti, mi sento di rassicurarLa che il suo CV più volte inviatomi non è stato in alcun modo considerato meno meritevole.
    Semplicemente per determinate materie ho già le classi coperte.
    La ringrazio di cuore per il Suo commento.
    Roberta Di Febo

  2. Oh, che donna e mecenate meravigliosa… ma come si fa a ignorare cotanta virtù? Chissà se ella d’altro canto abbia sempre prescelto tra i suoi collaboratori i più meritevoli? Spesso chi più vale viene lasciato nell’ombra.

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