“Sono pronto a dare accoglienza, a formare e a trovare un’abitazione a tre persone in fuga dalla guerra in Ucraina. Non è buonismo. Ne ho bisogno e penso che potrei aiutarli mentre loro aiutano me”.
Luca Porro, 55 anni, imprenditore che con la moglie guida la società con marchio “Numerodue” (numerodue.it, tel. 031.780741), metalworking, di 35 dipendenti suddivisi tra i due stabilimenti di Carimate e Mariano Comense, è iscritto a Cdo Como e proprio all’associazione si è rivolto per lanciare il suo appello: tre posti di lavoro a rifugiati dell’Ucraina. L’idea gli è venuta pochi giorni fa mentre si stava recando per lavoro a Losanna con il capo officina.
“Avevo avuto nella mattinata una delusione da un mio giovane dipendente – spiega Luca Porro – e ho pensato che quelle persone che stanno lottando per la loro libertà e che stanno vivendo un’immane tragedia sarebbero certamente più responsabili anche nel lavoro. Ho necessità di assumere tre figure professionali e mi piacerebbe poter dare una mano a uomini che soffrono. Allora mi è venuto spontaneo telefonare a Marco Molinari, direttore di Cdo Como, (tel. 031. 558018), per comunicargli la mia decisione e per avere qualche possibilità, tramite Cdo, di far arrivare la proposta ad associazioni di volontariato e a chi si sta occupando dell’accoglienza a questi profughi nel nostro Paese”.
“Le persone in Ucraina stanno soffrendo tantissimo – aggiunge Luca Porro – Allora perché non aiutarli concretamente? Basta che siano volenterosi. Serve un po’ di manualità, la passione nella lavorazione dei metalli. Ne prenderei uno da affiancare al capo officina che gli insegnerà a saldare ottone, alluminio, acciaio; gli altri due magari, più appassionati di tecnologia e computer, li manderei a fare un corso di formazione di alto livello alla Trumpf per imparare i più avanzati sistemi per il taglio laser e la piegatrice, darei loro l’opportunità di imparare a usare macchine all’avanguardia, sempre che vogliano rimanere e sistemarsi in Italia. Certamente persone così potrebbero essere veramente motivate. Lo so perché non è la prima volta che mi capita. In passato l’ho fatto con un verniciatore pachistano. L’ho assunto, poi aveva bisogno di una casa e l’ho aiutato con la banca. Un’altra volta è successo con un ragazzo che era arrivato dall’Africa. Lo avevi assunto. Poi voleva portare qui la moglie, aveva problemi burocratici ed economici per sistemarsi. L’ho aiutato ed ancora è qui con me. Questi due sono bravissimi, risolvono sempre tanti problemi, siamo proprio affiatati”.
Nel gruppo umano Porro vede il cuore dell’impresa: “Nei collaboratori cerco aiuto e supporto – dice Luca Porro – Ho bisogno di loro. Sono le persone che fanno l’azienda. Un’impresa non ha la sua forza nei macchinari. Per averli basta avere i soldi. Il valore sono le persone. Purtroppo, il problema sono i nostri giovani di oggi. Molti non hanno l’atteggiamento giusto con il lavoro, sono un po’ superficiali, non sentono la responsabilità. Forse perché non hanno sofferto nella vita. Ero figlio di un imprenditore, stavamo bene. Ma quando avevo 23 anni abbiamo perso tutto, ma proprio tutto. Sono andato a cercare lavoro e sono stato assunto da un mio ex compagno di scuola che faceva liquori, poi sono riuscito a ricomprare parte dei capannoni di mio papà e ho ripreso il mio lavoro. Sono ripartito e oggi sono qua con tanti investimenti fatti. Le difficoltà sono cambiate. Il lavoro c’è. Non è difficile averlo. Il difficile è farlo bene. Lavoriamo per delle nicchie ma con clienti importanti come Gucci, Valentino, Yves Saint Laurent, facciamo gli alberghi, il casinò a Montreux, ora un ufficio a Losanna. Abbiamo lavorato anche in Russia. Ma ora è meglio non pensarci”.
Un commento
Bravo, fa bene visto che gli Italiani preferiscono il RdC al lavoro.