E alla fine, le ceneri dell’orrore che si stanno materialmente sollevando dal forno crematorio di Biella cadono su chi governa Como, almeno dal 4 giugno 2016.
La “lugubre catena di montaggio della morte”, come è stata definita dal pm che conduce l’inchiesta sulle potenziali bestialità consumate nella struttura piemontese, farà certamente sentire i suoi sinistri rumori anche dalle parti di Palazzo Cernezzi.
La vicenda, probabilmente, è già nota ai più anche sul Lario: testimonianze, telecamere nascoste, indagini dei carabinieri, ispezioni notturne aa forno crematorio di Biella avrebbero portato a galla atrocità indicibili. Tra queste: ossa frantumate a colpi di pala, ceneri umane gettate nell’immondizia, cadaveri estratti dalle bare e ammucchiati in scatole di cartone per essere bruciati a due a due così da “risparmiare” e nel caso velocizzare le operazioni, parti di corpi rinvenute in scatoloni.
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E fin qui, potrebbe essere una storia dell’orrore di risonanza nazionale come altre. Invece no.
Perché qual è il motivo – oltre all’indicibile abisso in cui a volte sprofonda l’animo umano – per cui la società che gestisce il forno di Biella sarebbe arrivata a tanto? La risposta è raggelante, anche per i comaschi: un ’aumento del 441% delle richieste di cremazioni (con relativi introiti), in gran parte provenienti da fuori provincia.
E quindi con certezza pressoché assoluta anche da Como, dove – come abbiamo documentato decine di volte – il forno crematorio al Cimitero Monumentale è completamente spento dal 4 giugno 2016. E in 2 anni e mezzo né la giunta precedente né quella attuale hanno saputo muovere un passo in avanti.
Siamo – a oggi – a nulla più che un’ipotetica individuazione dell’area per un impianto da costruire ex novo nel cimitero di Camerlata. Nulla più, nulla di certo, nessun tempo definito, nessun progetto individuato. E se emergesse che anche solo un comasco fosse toccato o sfiorato dalla disgrazia biellese, l’onta per i ritardi, le incertezze, le inefficienze dell’amministrazione comasca sarebbe indelebile per chi (non) non ha trovato una soluzione o anche solo un’ipotesi concreta di soluzione.
Intanto, da due anni i comaschi che perdono un proprio caro e scelgono la cremazione si rivolgono altrove: Varese, Trecate, Busto Arsizio e altre località ancora. Tra cui – e vengono i brividi a pensarci – anche Biella. Dove qualche famiglia potrebbe aver appreso in queste ore di un padre, una madre, un fratello, un’amica le cui ceneri sono state gettate nell’immondizia, il cui corpo è stato buttato tra i rifiuti oppure estratto dalla bara e bruciato assieme ad altri 2 o 3 (e chissà cos’è finito nell’urna, poi).
Una vergogna indicibile. Tanto che – giusto per citare un esempio – un’azienda comasca, “Onoranze Funebri Lariane”, si è sentita in dovere di esprimere innanzitutto “vicinanza ai famigliari delle vittime di questo scandalo”, ma poi anche di aggiungere di “non aver mai effettuato alcuna cremazione” nell’impianto di Biella “poiché il sistema di raccolta delle salme mediante trasporto a carico di costoro, noi non l’abbiamo mai considerato dignitoso, né forse totalmente consentito dai regolamenti”.
“Spero che i comaschi – ha aggiunto il titolare, Diego Luisetti – ai quali Biella è stata imposta, non offerta, facciano le giuste considerazioni sulle persone che hanno gestito i loro servizi e chiedano le giuste spiegazioni”.
AGGIORNAMENTO:
L’orrore del forno crematorio, NewsBiella e ComoZero uniti per la class action (e per le nostre mamme). Ecco come fare
3 Commenti
Vorrei trovare le parole giuste per sollevarla un po’ dal dolore che prova sapendo che suo padre sia finito in un tale luogo. Posso solo dirle, se le è di qualche conforto: Pensi per un momento se non avesse saputo niente? La sua conoscenza di questa barbara vicenda ha già riscattato in parte l’offesa fatta, forse, al corpo di suo padre. Dico “forse”, perché, fra le 3.600 vittime, avrebbe potuto anche non essere stato toccato il suo corpo. L’altra parte dell’offesa, sarà compito della legge. Coraggio, signora Manuela, e mi raccomando, si goda la sua casa sopra le colline del lago di Viverone e la sua vita!
Hai descritto alla perfezione lo scenario macabro, sei stato in grado di farmi venire la pelle d’oca. Mentre leggevo ho immaginato mio papà tra le mani di esseri che non meritano rispetto e dignità. Fa tanto male e non riesco a dormire da quando sono venuta a conoscenza. Io e la mia famiglia siamo di Torino, siamo finiti a Biella perché mio padre ha scelto di vivere gli anni della sua pensione a Zimone, un piccolo paese carino che si trova sopra sulla collina che abbraccia il lago di Viverone. Si pensa che vivere in una piccola provincia, i servizi sono piu efficienti delle metropoli, invece ci siamo trovati ad essere considerati come bestie pronte per entrare nel macello del grande paese che si chiama Biella.
“Fatti non foste per seguir virtute e conoscenza, ma a viver come bruti e demoni.”
Cosa dire, come iniziare, cos’altro aggiungere a questo brutal orrore biellese? Non mi vengono le parole. Dante mi ha già dato una mano, ma non basta. Insomma, come si può arrivare a tanto? E poi, pensare che è stato tutto così premeditato, eseguito a sangue freddo, ogni cosa programmata nei minimi dettagli e, infine, tutto diabolicamente messo in opera. Profanare le casse da morto, tirare fuori i defunti e poi tagliarli, farli a pezzi, cremarli arrostirli, bruciarli, tritarli, ridurre a fette i cadaveri, i cadaveri! Non è bastata la morte per questi infelici, il loro addio alla vita è stato ancora più barbaro e violento.
Uomo, cosa sei? Per quanto tempo ancora ci ostiniamo a definire l’essere umano un essere umano? Perché, in realtà, è un mostro! E poi, tutto questo abominio, per cosa? Per i soldi, per la pancia, per i vermi: per i vermi!
Biella è sconvolta, scrive l’autore dell’articolo “Il forno crematorio della vergogna e dell’orrore”, Fulvio Feraboli. È deve esserlo! Forse gli autori principali di questo schiaffo alla dignità umana non sono nati a Biella, non sono andati a scuola a Biella, non sono stati nutriti dalla mammella biellese? Come, come, come, questa piccola graziosa e operosa città di provincia, tutta ancorata alle prealpi, ha potuto sgravare una tale mostruosità? E cos’altro nasconde nel suo cuore? Quali saranno le sue future macabre azioni? I suicidi? Qual è, insomma, la cultura che nutre e produce queste creature? Ecco le domande che ogni Biellese si dovrebbe porre.
Cos’altro dire di questa dolorosa storia? Solo questo. Leggetevi l’articolo e pensate che fra quelle 3600 vittime avrebbe potuto esserci anche un vostro caro, una vostra cara, se non voi stessi!