Alzi la mano chi non ha mai pensato, almeno una volta, di mollare tutto e cambiare vita. Magari non necessariamente in qualche paradiso tropicale ma, perché no, anche solo riscoprendo i mestieri che facevano i nostri nonni in campagna fino a qualche decennio fa. Pochi però hanno il coraggio di farlo davvero e tra loro c’è sicuramente Matteo Giumelli, olgiatese trentaseienne che una decina di anni fa ha deciso di voltare pagina e di buttarsi in un’avventura che è un mix di coraggio e inventiva.
“Fino a dieci anni fa facevo una vita come tanti e lavoravo come elettricista – racconta – poi un brutto giorno ho avuto un grave incidente che, come conseguenza, mi ha impedito di tornare a fare quello che facevo prima”.
E così, invece di piangersi addosso, ecco l’idea di tornare a fare quello che facevano i suoi bisnonni quando ancora, in campagna, tutti avevano un pezzo di terra e qualche animale da cortile: “Una volta praticamente tutti qui erano piccoli contadini e lo erano anche i miei bisnonni anche se poi, anche nella mia famiglia questa tradizione si è persa preferendo altri lavori come quello di muratore o operaio in tessitura – spiega – l’idea di recuperare quel mondo, però, mi piaceva, ci ho pensato e ripensato, poi mi sono detto ‘Perché no?’ e mi sono buttato, all’inizio solo con un appezzamento in cui fare fieno e coltivare le patate e poi provando ad allevare qualche gallina. E, visto che le cose andavano bene, non mi sono più fermato”.
Così oggi, quella che all’inizio sembrava un’idea un po’ folle, è diventata una vera e propria azienda agricola che porta il suo nome: “In questo momento ho 210 ovaiole e 50 tra galli, capponi e galline da carne tutti allevati rigorosamente a terra in spazi ampi – spiega – inoltre coltivo mais con cui produco una polenta macinata a pietra di grana grossa, come quella di una volta. Ho anche comprato un mulino per poterla macinare direttamente senza rivolgermi a terzi ma il Covid ha rallentato le consegne e non so quando potrò riceverlo”.
E siccome la fantasia e la voglia di sperimentare sicuramente non gli mancano, Matteo si è inventato anche una nuova idea che unisce il guizzo dell’imprenditore all’attenzione per il riutilizzo di materiali di scarto in quella che, senza timore di esagerare, si potrebbe definire economia circolare ma che invece lui, con tutta la sua spontaneità, chiama semplicemente “un’idea venuta così, bevendo una birra tra amici”.
“Una volta alla settimana ho l’abitudine di andare a pranzo con alcuni amici al birrificio Bi-Du di Olgiate dove capita spesso di assistere alla cotta della birra (il processo di preparazione tradizionale di questa bevanda, Ndr) – ricorda Matteo – un giorno il mastro birraio Beppe Vento mi ha raccontato che parte degli scarti, che di solito vengono buttati via, veniva invece ritirato da un allevatore che li usava come mangime per le mucche che, così facendo, producevano più latte. Così mi è venuta l’idea di provare a darlo anche alle mie galline”.
E il risultato è stato al di sopra delle aspettative: “Lo scarto della lavorazione della birra, la trebbia d’orzo, è praticamente il residuo dell’estrazione a caldo dell’orzo germinato ed è estremamente ricco di amido e di proteine e fibre e, se dato alle ovaiole, permette loro di produrre più uova anche nel periodo invernale durante il quale normalmente la produzione rallenta – spiega – mentre per le galline da carne ingrassano più rapidamente. Per compensare la scarsità di zuccheri della trebbia, però, l’ideale è aggiungere una certa percentuale di farina di mais e la mia scelta è stata, ancora una volta, quella di ricorrere a uno scarto che altrimenti andrebbe buttato via, cioè quello della macinazione del mio mais rosso per polenta”.
“Ovviamente, si tratta di un’integrazione che non può sostituire il mangime tradizionale – conclude Matteo – però, oltre a essere totalmente naturale, questo mi sembra un bel modo per contribuire nel mio piccolo a non sprecare risorse preziose che altrimenti dovrebbero essere buttate via”.
2 Commenti
Ammirevole e che serva da monito a coloro che se ne stanno seduti ad aspettare il miracolo… Matteo fa capire che ci si deve inventare ogni giorno,senza mollare mai . Bravo!
Bravissimo e fortissimo. Ovviamente in tutto questo meraviglioso percorso il benché minimo aiuto dello stato è stato nullo. Nulla di cui stupirsi purtroppo.