E’ vero, se leggete l’ultima riga c’è anche un “grazie” con punto esclamativo. Inoltre, qui e lì, troverete anche una doverosa invocazione alla collaborazione e riconoscimento dell’abnegazione di tutti gli operatori sanitari.
Ma se la lettera inviata due giorni fa dai medici lombardi (coordinati dal comasco Gianluigi Spata) all’assessore al Welfare di regione Lombardia, Giulio Gallera, è stata a tutti gli effetti un bombardamento sull’operato regionale nell’ambito della gestione Covid, ecco, la contraerea non è da meno.
Spata e i medici lombardi, lettera devastante a Gallera: “Confusione, colleghi morti perché senza protezioni, situazione disastrosa”
E’ una risposta molto lunga quella di Gallera, articolata sui sette punti (e non solo) contestati dagli Ordini regionali dei medici che denunciavano: “mancanza di dati sull’esatta diffusione del virus”, “incertezza nella chiusura di alcune aree a rischio”, “gestione confusa delle Rsa”, “mancata fornitura di protezioni individuali ai medici e al personale sanitario”, “totale assenza di igiene pubblica”, “mancati tamponi gli operatori sanitari”, “mancato governo del territorio che ha determinato la saturazione degli ospedali”.
Come nel primo caso pubblichiamo il documento integrale:
Egregio dott. Spata,
mi ha molto stupito, oltre che amareggiato, la nota del 6 aprile 2020 nella quale la Federazione degli Ordini dei Medici della Lombardia formula un vero e proprio atto d’accusa verso la Regione per la gestione dell’emergenza Covid.E’ davvero sorprendente che professionisti dai quali ci si attende la piena comprensione di quanto è accaduto, oltre che la fattiva collaborazione in un momento così difficile, si limitino ad elencare, in modo poco produttivo e accademico, presunte mancanze che sono totalmente smentite dai fatti.
E la sorpresa è ancora maggiore se le accuse provengono da chi, come giustamente ricordate, è un organo sussidiario dello Stato e non già una sigla sindacale.
E ciò, aggiungo, senza che sia stata espressa alcuna considerazione sull’ enorme lavoro che il sottoscritto e l’intera Direzione Generale Welfare hanno fatto e stanno ancora facendo dal primo istante di questa emergenza.
Senza dilungarmi e confermando il massimo apprezzamento per tutti gli operatori sanitari lombardi per l’abnegazione e l’umanità con cui stanno affrontando questo terribile momento, mi soffermo, di seguito, sugli elementi sollevati nella Vostra missiva, nella speranza che, d’ora in avanti, possiate abbandonare questo sterile atteggiamento accusatorio ed essere realmente al nostro
fianco.1) Ci si accusa, in primo luogo, di “mancanza di dati sull’esatta diffusione dell’epidemia, legata all’esecuzione di tamponi solo ai pazienti ricoverati e alla diagnosi di morte attribuita solo ai
deceduti in ospedale”. Al riguardo, posso assicurare che Regione ha raccolto tutti i dati possibili che hanno costituito la base per i provvedimenti man mano adottati (tra cui l’ordinanza per la zona rossa nel basso lodigiano e la proposta, non accolta, di analoga zona rossa nella bergamasca).I dati sono raccolti secondo l’impostazione indicata dalla Protezione civile nazionale e sono quotidianamente inviati alla stessa Protezione civile oltre che all’Istituto Superiore di Sanità.
Ai medesimi dati può accedere chiunque, collegandosi al sito lispa.maps.arcgis.com con una trasparenza che, probabilmente, è unica nel panorama mondiale.Aggiungo che la Direzione Generale Welfare, non paga della metodologia di raccolta dei dati indicata dalle Autorità nazionali, ha avviato, mediante l’Osservatorio Epidemiologico Regionale, una specifica indagine sui dati di mortalità di questo periodo, proprio al fine di cogliere la reale portata degli effetti del Covid sul territorio regionale.
Quanto, poi, alla “esecuzione dei tamponi ai soli pazienti ricoverati”, mi limito a ricordare che nelle fasi iniziali dell’epidemia i tamponi sono stati eseguiti anche ai contatti stretti di caso sintomatici. Successivamente la Direzione generale della Prevenzione Sanitaria del Ministero della Salute, con circolare n. 6337 del 27 febbraio 2020 ha modificato le linee guida raccomandando l’effettuazione del test ai soli sintomatici, proprio per la necessaria finalizzazione delle risorse in un contesto epidemiologico assai impegnativo.
In ogni caso, è stata sempre tenuta alta l’attenzione sull’isolamento dei soggetti interessati, sia sintomatici, sia contatti stretti di caso: si richiama, in proposito, la nota della Direzione Generale Welfare del 3 marzo 2020, prot. G1.2020.0010079, che sottolinea anche il ruolo fondamentale del Medico di Medicina Generale per il monitoraggio delle condizioni dei soggetti in isolamento.
2) Il secondo rilievo, ancor più sorprendente, è quello di una asserita “incertezza nella chiusura di alcune aree a rischio”.
Forse avete dimenticato il rigore costantemente professato dalla Regione Lombardia e, in primis, dal Presidente Fontana che è stato accusato di aver isolato l’Italia e di aver creato un clima di terrore.
E Forse non ricordate che, proprio su proposta di Regione Lombardia, il Ministro della Salute adottò, d’intesa con il nostro Presidente, l’ordinanza del 23 febbraio 2020 che istituiva la “zona rossa” in dieci comuni del basso lodigiano. E ancora, probabilmente, vi è sfuggito che in data 3 marzo 2020, dopo aver sentito il sottoscritto e il dott. Cajazzo, il Comitato Tecnico Scientifico nazionale ha proposto al Governo l’istituzione di una zona rossa nei comuni di Alzano e Nembro, proposta che non è stata dal Governo accolta nella sua formulazione originaria.
Tuttavia, in data 8 marzo su forte ed esplicita insistenza della Regione Lombardia, il Governo ha imposto a tutte le persone fisiche di “evitare ogni spostamento” con apposito DPCM.
3) Quanto, poi, alla asserita “gestione confusa delle realtà delle RSA”, si tratta, con tutta evidenza, di una affermazione che cavalca l’onda mediatica di questi giorni e che, prima di tutto, confonde il ruolo di controllo e sorveglianza della Regione con i ruoli e le responsabilità organizzative e gestionale degli Enti gestori delle strutture stesse, e in secondo luogo evidenzia la mancanza di quel doveroso approfondimento che è lecito attendersi da un Ordine professionale come il Vostro.
Ebbene, sin da subito è stata posta la massima attenzione nei confronti dei soggetti anziani e delle strutture che li ospitano. A tal proposito, Vi invito a rileggere le disposizioni della DG Welfare
del 23.02.202, del 25.02.2020, del 2.03.2020, del 5.03.2020, nonché le Deliberazioni della Giunta regionale 2906 dell’8.03.2020 e 3018 del 30.03.2020.Filo conduttore di tutte le indicazioni emanate, sulle quali è stata svolta la vigilanza da parte delle ATS, è stata la protezione dei soggetti più fragili, attuata, innanzitutto, mediante il divieto di ingresso dei parenti (se non in caso di assoluta necessità e previa verifica delle condizioni di salute).
Inoltre, sono state sempre prescritte idonee misure di isolamento dei pazienti covid positivi, con l’ovvia ed espressa possibilità, per i soggetti gestori, di adottare ogni provvedimento utile ad arginare il contagio, comunicandolo alla ATS di riferimento.
4) Ancor più di “matrice mediatica” è l’accusa relativa alla mancanza di dispositivi di protezione individuale, accusa che, come organo sussidiario dello Stato, dovreste indirizzare altrove,
magari rileggendo l’art. 117 della Costituzione e la competenza, dallo stesso prevista, in materia di profilassi internazionale. In ogni caso, mi piace ricordare che Regione Lombardia, che non ha titolo (né giuridico né finanziario) per dotazioni straordinarie di dispositivi, ha ordinato oltre 300 milioni di mascherine di varia tipologia delle quali 15 milioni già acquisite e distribuite; mentre dalla Protezione civile nazionale sono giunte circa 7 milioni di mascherine delle quali la metà è risultata priva dei requisiti di conformità.Aggiungo che Regione ha anche affiancato e agevolato la conversione della produzione di alcune aziende del nostro territorio, che adesso assicurano una disponibilità di 900.000 pezzi al giorno .
Tralascio, poi, gli acquisti di tutto ciò che è servito a raddoppiare i posti di terapia intensiva negli ospedali e a decuplicare i posti di subintensiva e, da ultimo, ad assicurare una adeguata sorveglianza territoriale mediante telemonitoraggio.Insomma, anche in tal caso, Regione Lombardia ha fatto e sta facendo la sua parte!
5) Del pari incomprensibile è la contestazione circa la “pressoché totale assenza delle attività di igiene pubblica (isolamenti dei contatti, tamponi sul territorio a malati e contatti, ecc…)”.
La sorveglianza epidemiologica, meglio detta contact tracing, è stata, invece, effettuata sin dai primi contagi, su direttiva della Direzione Generale Welfare, da parte dei Dipartimenti di Igiene e Prevenzione Sanitaria delle ATS , che, a seguito di comunicazione di caso sospetto da parte del medico e di conferma del test positivo, hanno proceduto – e procedono tutt’ora – alla ricerca dei “contatti stretti” mediante interviste mirate; i contatti vengono poi a loro volta intervistati, così da ottenere informazioni circa il loro stato di salute, nonché per prescrivere, ove necessario, il regime di quarantena e le relative modalità di svolgimento (cfr. note della DG Welfare n. 3279 del 28 gennaio 2020 , n. 5384 del 7 febbraio 2020, mail del 25 febbraio 2020, avente ad oggetto “Aggiornamento delle indicazioni relative alla presa in carico dei sospetti infetti e per la gestione dei contatti di caso” nonché nota prot. n.11439 del 13 marzo 2020, avente ad oggetto: “Indicazioni in merito alla sorveglianza Covid19”).
Tale attività, molto precisa e particolareggiata quando i numeri dei casi sono contenuti, diviene ovviamente più difficoltosa quando raggiungono i livelli attuali di epidemia, specie in alcuni territori. Nonostante ciò, da un monitoraggio effettuato il 26 marzo u.s. l’attività degli operatori della prevenzione era la seguente:
Regione Lombardia dispone, infatti, di un sistema di registrazione delle segnalazioni che, nonostante lo stress-test legato al numero altissimo di segnalazioni ricevute, proprio di una epidemia, ha
sostanzialmente retto, consentendo di raccogliere dati precisi sull’andamento dei contagi, tanto da avere prodotto i primi dati occidentali utilizzabili dagli altri paesi europei.6) La Vostra nota indica, poi, quale grave mancanza, la mancata effettuazione del tampone agli operatori sanitari. Al riguardo, rammento che:
a) il Ministero della Salute, inizialmente, non ha mai indicato il tampone per gli operatori sanitari asintomatici, anche, probabilmente, in ragione della inutilità di un test il cui esito potrebbe variare di giorno in giorno, con la conseguente necessità di una ripetizione con cadenze temporali ravvicinate;
b) Regione Lombardia dispone, ad oggi, di 30 laboratori (dai tre iniziali) , con una capacità di circa 8000/10000 test al giorno. E si sta lavorando per incrementare ulteriormente il numero e la capacità produttiva dei laboratori. Va da sé che l’effettuazione del test ai 500.000 operatori della sanità pubblica, privata e del settore sociosanitario richiederebbe tempi non coerenti con le finalità del test.
c) la Direzione Generale Welfare ha costantemente impartito disposizioni volte a tutelare gli operatori sanitari, disposizioni che probabilmente non sono a Voi note e che di seguito si elencano:
● Istruzioni operative per la dotazione dei dispositivi di protezione individuale e la sorveglianza sanitaria degli operatori nel settore sanitario e socio-sanitario – mail inviata il 23.02.2020,
● Indicazioni per un utilizzo delle protezioni per infezione da SARS-CoV-2 nelle attività sanitarie e sociosanitarie (assistenza a soggetti affetti da COVID-19) – mail inviata il 03.03.2020;
● indicazioni in merito a emergenza COVID-19 – mail inviata il 10.03.2020;
● indicazioni per l’attuazione della sorveglianza sanitaria degli operatori sanitari e strutture sociosanitarie nella contingente fase emergenziale COVID-19 – Protocollo G1.2020.0011464 del 13.03.2020;
● Trasmissione Rapporto ISS COVID-19, n.2/2020 – Protocollo G1.2020.0011979 del 18.03.2020; ● DGR 2986 del 23.03.2020 avente ad oggetto: ULTERIORI DETERMINAZIONI IN ORDINE ALL’EMERGENZA EPIDEMIOLOGICA DA COVID – 19 – AREA TERRITORIALE;
● Protocollo G1.2020.0014502 del 29.03.2020- DGR 2986 del 23/03/2020 ULTERIORI DETERMINAZIONI IN ORDINE ALL’EMERGENZA EPIDEMIOLOGICA DA COVID-19 – AREA TERRITORIALE – indicazioni per l’attuazione relativamente alla sorveglianza sanitaria degli operatori sanitari;
d) Solo recentemente, con circolare n. 11715 del 3.4.2020, il Ministero della Salute, Direzione Generale della Prevenzione, ha dato indicazioni su un più intenso monitoraggio degli operatori sanitari; indicazioni che Regione Lombardia si apprest ad attuare, anche in considerazione di prossimi sviluppi relativi ai test sierologici che saranno comunque effettuati solo dopo aver acquisito elementi certi di qualità e affidabilità.
7) I punti che precedono valgono a confutare anche il presunto “mancato governo del territorio” a cui sarebbe da ricondurre la saturazione dei posti letto ospedalieri. Risulta di tutta evidenza che la pressione creatasi sugli ospedali è solo la conseguenza delle gravi condizioni cliniche dei tanti pazienti ai quali è stata sempre offerta assistenza, modificando, in pochi giorni, l’assetto degli ospedali e moltiplicando i posti disponibili, sia di degenza che di terapia intensiva e subintensiva.
Un vero e proprio miracolo, reso possibile grazie al lavoro dell’Unità di crisi regionale, delle Direzioni strategiche e dei tanti operatori sanitari che hanno addirittura accettato di svolgere attività diverse da quelle di stretta competenza per fare ciò di cui vi era e vi è ancora bisogno.
Stante il quadro descritto, risulta davvero difficile capire come si possa paragonare la situazione lombarda a quella di altre realtà: paragone che denota, ancora una volta, la incapacità, si spera
solo colposa, di leggere e interpretare i dati e di comprendere le azioni intraprese. Azioni che – mi preme evidenziare – sono state oggetto di apprezzamento da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che ha chiesto alla Direzione Generale Welfare di redigere un apposito compendio che possa essere di ausilio ad altri Paesi.Quanto, poi, alla lamentata carenza di protocolli di terapia sul territorio, è sufficiente leggere la nota della Direzione Generale Welfare protocollo G1.2020.0015695 del 3.04.2020, che, oltre a fornire indicazioni ai medici di medicina generale per l’assistenza dei pazienti Covid in collaborazione con le USCA, contiene specifiche disposizioni, nell’allegato 3, anche sui protocolli prescrivibili sul territorio dal MMG/PLS. Tale nota consegue alla DGR 2986 del 23.03.2020 che, come noto, delinea il ruolo fondamentale del Medico Medicina generale nella sorveglianza e nella presa in cura territoriale.
Infine, sull’unica proposta contenuta nella Vostra missiva, relativa alla effettuazione diffusa di test rapidi immunologici, ribadisco che l’argomento è da tempo all’attenzione della Direzione che, d’intesa con alcuni esperti del nostro sistema ospedaliero e universitario, sta valutando l’affidabilità di vari kit diagnostici.
Mi auguro che, d’ora in avanti, si possa davvero lavorare insieme e che le accuse gratuite lascino il passo ad una collaborazione vera, costruttiva e propositiva, che è quanto ci si attende da chi rappresenta migliaia di medici ai quali va, ancora una volta, il nostro “Grazie!”.
Cordiali saluti.
Avv. Giulio Gallera
8 Commenti
Elisa Orlandi, chieda al Suo medico informazioni e vedrà che dai suoi racconti CAMBIERà idea sull’avv. Gallera…
TL; DR
Concordo con Gallera!
Penso che non ci va mai bene nulla… Questa è la realtà.
Spata non ha torto, ma che le politiche che hanno distrutto la sanità pubblica Lombarda sono state quelle del Celeste e dei suoi amici, con la sanità privata praticamente parificata alla pubblica che faceva soldi a palate.
Senza pandemia probabilmente gallera avrebbe vivacchiato per 5 anni, chissà se è completamente all’altezza
Non ci sono parole. La Lombardia è la regione che non riesce a rallentare significativamente la curva. Chi non ha chiuso Alzano? Chi ha negato l’evidenza all’inizio? Chi ha invitato le RSA a prendere gli anziani dimessi a forza dagli ospedali senza tampone? I risultati di oggi sono il frutto delle politiche lombarde di 14 gg fa. Mentre gli altri scendono, noi dovremmo prendere atto che così ci vorranno mesi per riaprire. E Spata deve stare zitto? Ma è il modo di rispondere?
Condivido. Anche se, a ben vedere, i problemi che abbiamo in Lombardia, rispetto a Veneto ed Emilia, non sono solo dovuti alle scelte delle precedenti settimane ma alla politica degli ultimi anni che ha privilegiato le strutture private a quelle pubbliche e ha impoverito l’assistenza sul territorio. Gallera si è solo trovato il cerino in mano!
Concordo con tutto ed aggiungo , chi ha ridotto in questo stato la sanità pubblica lombarda a solo vantaggio dei privati ?