Rischia di suscitare reazioni nette e contrastanti su più fronti il nuovo Decreto della Presidenza del consiglio dei ministri sulle tappe per la fine del lockdown.
E la prima voce ad alzarsi con forza è quella dei vescovi italiani, con una nota pesantissima diffusa appena è terminata la conferenza stampa del premier Giuseppe Conte. Chiarissima l’accusa al governo: “Si viola la libertà di culto”.
Covid – Fine lockdown. Negozi al dettaglio aperti dal 18 maggio. Bar, ristoranti, centri estetici e massaggi dal primo giugno
Alleghiamo la nota della Conferenza episcopale italiana in formato integrale.
“Sono allo studio del Governo nuove misure per consentire il più ampio esercizio della libertà di culto”. Le parole del ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, nell’intervista rilasciata lo scorso giovedì 23 aprile ad Avvenire arrivavano dopo un’interlocuzione continua e disponibile tra la Segreteria Generale della CEI, il Ministero e la stessa Presidenza del Consiglio.
Un’interlocuzione nella quale la Chiesa ha accettato, con sofferenza e senso di responsabilità, le limitazioni governative assunte per far fronte all’emergenza sanitaria. Un’interlocuzione nel corso della quale più volte si è sottolineato in maniera esplicita che – nel momento in cui vengano ridotte le limitazioni assunte per far fronte alla pandemia – la Chiesa esige di poter riprendere la sua azione pastorale.
Ora, dopo queste settimane di negoziato che hanno visto la CEI presentare Orientamenti e Protocolli con cui affrontare una fase transitoria nel pieno rispetto di tutte le norme sanitarie, il Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri varato questa sera esclude arbitrariamente la possibilità di celebrare la Messa con il popolo.
Alla Presidenza del Consiglio e al Comitato tecnico-scientifico si richiama il dovere di distinguere tra la loro responsabilità – dare indicazioni precise di carattere sanitario – e quella della Chiesa, chiamata a organizzare la vita della comunità cristiana, nel rispetto delle misure disposte, ma nella pienezza della propria autonomia.
I Vescovi italiani non possono accettare di vedere compromesso l’esercizio della libertà di culto. Dovrebbe essere chiaro a tutti che l’impegno al servizio verso i poveri, così significativo in questa emergenza, nasce da una fede che deve potersi nutrire alle sue sorgenti, in particolare la vita sacramentale.
Un commento
Nel mio piccolo, di questi chiari di luna e con questa terribile emergenza , non ho bisogno di andare a messa per coltivare la mia fede. Seguo le celebrazioni in streaming e prego per conto mio.
Capisco il “fondamentalismo” dei vescovi della CEI ma sinceramente spero che i fedeli siano meno fanatici.
Evocare una compromissione della “libertà di culto” mi sembra veramente esagerato.
Per non parlare della frase “Dovrebbe essere chiaro a tutti che l’impegno al servizio verso i poveri, così significativo in questa emergenza, nasce da una fede che deve potersi nutrire alle sue sorgenti, in particolare la vita sacramentale”.
Spero che non voglia dire che l’impegno delle varie organizzazioni di volontariato legate alla Chiesa potrebbe venir meno se non si riaprono le chiese…