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Mister X e la coppa del leggendario Como ’49. “E’ in salvo. La ridarò a una società seria”

“Pacta sunt servanda”. I patti sono da rispettare, dicevano con estrema saggezza i latini. Ed è quello che anche noi faremo in maniera tassativa, inderogabile. Perché capita, a volte, di avere storie uniche ma che, per essere scritte, necessitano di un grado di riservatezza molto maggiore del consueto.

Uno di questi casi è certamente quello che riguarda una tra le più antiche e prestigiose coppe conquistate dal Como, coppa che riemerge oggi da un buco della sua storia ultracentenaria dopo un tempo di oblio e misteri. E riemerge qui, quella coppa, grazie a chi il trofeo l’ha “salvato”, come tiene orgogliosamente e puntigliosamente a sottolineare il nostro interlocutore.

E’ lui, “mister x”, che chiede – e ottiene – la richiesta di un anonimato inscalfibile. D’altronde, è stato inevitabile il balzo sulla sedia dopo aver letto l’articolo pubblicato ieri sulla denuncia di Marco Hefti circa il destino di altre coppe lariane. Un colpo al cuore per il nostro interlocutore, il quale, unicamente perché pungolato nel cuore e nell’orgoglio dalla lettera a Comozero di Hefti, ha deciso di svelare per qualche minuto il “gioiello segreto”. Esposto eccezionalmente nel luogo (inaccessibile) dove da qualche anno – siamo attorno all’epoca del fallimento del Calcio Como post Preziosi (dicembre 2004) – riposa e aspetta “di tornare a casa, perché il Como è la sua casa”.

Anni vertiginosi, quelli a cavallo dei due decenni, per i biancoblù. Tra il 1997 e il 2002 – prima della catastrofe sportiva e giudiziaria – il Como fu protagonista di cavalcate memorabili con tanto di Serie A raggiunta nel 2002 (e persa già nel 2003). Ne seguì il noto calvario, con una società completamente da ricostruire e che, in seguito, rimase spogliata anche di una serie di cimeli. Restano, però, le gesta sportive, epiche quasi come quelle – ancora in bianco e nero – degli anni subito dopo la Seconda Guerra Mondiale.

Siamo nella parabola finale degli anni ’40, l’Associazione Calcio Comense – detta già “il Como” – è in Serie B, dove per un triennio si gioca alla morte la possibilità di sconfinare in Paradiso: la A. Alla fine, il miracolo accade nel 1949, dopo un fantastico campionato tra i cadetti. Prima di toccare il cielo, però, c’è da alzare il trofeo per il meritato successo. Ed ecco apparire in scena la magnifica coppa, presumibilmente in argento, con tanto di incisione: “Figc Lega Nazionale alla A.C. Como”. Sigillo evaporato ai tempi nostri ma ora tornato a mostrarsi in metallo e gloria.

“Mister x” precisa subito che se ne è in possesso è perché tutto è avvenuto in maniera assolutamente regolare, legale, trasparente. Il punto, volendo, potrebbe riguardare come il trofeo arrivò nell’avamposto di contatto – presumibilmente un negozio specializzato in articoli del genere e antiquariato. Ma gli anni turbolenti e fallimentari di metà anni 2000 furono pieni di bizzarrìe legate al crollo della società. E pure le coppe – secondo la leggenda – in quei tumultuosi e decadenti mesi, divennero una merce di scambio qualunque. Qualcun sussurra persino come contropartita per monili, oggetti d’arredo e d’arte o qualche pugno di euro. Vox populi.

“Eppure quando mi imbattei nel trofeo del trionfo in B del 1948-49 decisi subito di toglierla dal mercato – dice ancora “mister x” – Potete credermi: lo feci unicamente perché amo il Como, sono un suo tifoso da sempre, ne ho seguito le gioie e i dolori. Mai e poi mai avrei tollerato che un trofeo così prestigioso, uno dei più belli e antichi della nostra gloriosa società, finisse nelle mani sbagliate o diventasse un oggetto come un altro destinato al puro commercio, magari per essere venduto e rivenduto al fine di ricavare qualche soldo. Quella coppa significa amore per il Calcio Como, non c’è nient’altro”.

Facile intuire le possibili ironie: e allora perché mai tenersela? Perché non ridarla brevi manu a una delle varie società che si sono alternate in questi anni al timone di via Sinigaglia? “Domanda legittima, immagino che molti se la staranno ponendo. Lo farei anche io. Ma secondo lei, con le figure che si sono succedute ai vertici del Como in questi anni tra progetti senza fondamento, fallimenti, gestioni slegate dalla città, dalla maglia e dalla storia, avrei mai potuto ridare quel trofeo al primo che passava, dopo averlo salvato? Sarei stato un pazzo”.

“Così – aggiunge “mister x” – ho messo la coppa al sicuro. E credo che i fatti anche recenti mi abbiano dato ragione. Sto solo aspettando una proprietà di cui mi possa fidare ciecamente, che dimostri l’amore incondizionato che abbiamo noi tifosi verso i colori e verso la loro storia, che venga a Como per restare, per fare grande ancora la squadra, che ci creda. Quel giorno, quando toccherò con mano garanzie e certezze, busserò alla porta della società e dirò: eccola, è vostra”.

Se quel giorno – il giorno in cui nella bacheca biancoblù tornerà a rifulgere la coppa che significò Serie A per il Como – sia vicino o lontano, resta per ora un interrogativo senza risposta. Uno dei tanti nell’avventura ultracentenaria del Como.

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