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Como assente all’evento internazionale della moda sostenibile, l’amarezza dell’imprenditore: “Solo noi presenti”

Un padiglione che pullula di idee, innovazioni, giovani menti, materiali futuristici e soprattutto – parola d’ordine tassativa – sostenibili: dalla fibra di palma a quella d’ortica, dai coloranti ottenuti dai resti di banane fino ai tessuti antibatterici derivati dal caffè. È questo lo scenario che si è aperto nei giorni scorsi a Londra, in occasione della quindicesima edizione della fiera internazionale sulla sostenibilità nella moda “Future Fabrics Expo”, il più importante showcase europeo dedicato ai tessuti sostenibili e appuntamento ormai consolidato che unisce ricerca, artigianato e industria sotto il segno dell’eco-innovazione.

Eppure, in questa vetrina globale dove il mondo guarda al futuro del fashion system, una sola azienda comasca ha fatto sentire la propria voce: Seterie Argenti di Tavernerio. A rappresentarla, il titolare Michele Viganò, che con orgoglio ma anche con una punta di amarezza ha sottolineato: “Siamo l’unica realtà comasca presente. E lo dico anche un po’ a mio sfavore. In un territorio con un Dna creativo e innovativo come il nostro, siamo totalmente assenti da questi eventi cruciali”.

“Chi non tiene il passo rischia di essere tagliato fuori dal mercato”

La manifestazione londinese ospita decine di start up e progetti sperimentali. Qui si parla di tinture naturali, riciclo, risparmio energetico, tracciabilità, ma anche di tecnologie applicate al settore medicale e sportivo. “Si va dal tessuto fatto con le erbe alpine a quello realizzato con l’indaco naturale – ha raccontato Viganò – Ci sono anche filati che entrano nel campo sanitario grazie a proprietà antibatteriche. È un mondo in completa evoluzione”.

Seterie Argenti si presenta come portabandiera del tessuto classico sostenibile, con un bagaglio importante di certificazioni a garantire la tracciabilità e il basso impatto ambientale della propria produzione. “Rispetto a chi propone fibre alternative e materiali innovativi, possiamo sembrare indietro – ha ammesso Viganò – ma il nostro prodotto è certificato e tracciabile. In questo contesto è importante rimanere aggiornati, perché chi non tiene il passo rischia di essere tagliato fuori dal mercato”. 

E infatti, la direzione sembra ormai tracciata. La grande distribuzione e i marchi del lusso, da Zara ai colossi francesi, richiedono forniture sostenibili e controllate, in vista anche delle future normative europee, come quella del 2029 che mira a ridurre le emissioni di gas serra. “Fino a pochi anni fa le certificazioni riconosciute nel settore erano quattro o cinque – ha raccontato Viganò – Oggi invece siamo arrivati a circa quaranta tipologie diverse di certificazioni. È un segnale chiaro di quanto il settore si stia evolvendo rapidamente. Ogni certificazione risponde a criteri specifici: c’è chi certifica l’impatto ambientale, chi la tracciabilità della filiera, chi la biodegradabilità o l’etica del lavoro. È un sistema sempre più complesso da gestire, ma al tempo stesso necessario per rispondere a una clientela che sempre più si interessa della trasparenza e sostenibilità”.

 

“Alcune soluzioni sono ancora sperimentali, ma mostrano la strada”

Ma perché Como, storica culla del tessile italiano, resta ai margini di questo cambiamento? “Molte aziende non hanno creduto nella sostenibilità – ha riflettuto ViganòLe crisi economiche hanno frenato gli investimenti. Solo poche realtà stanno sperimentando nuove tecniche, come quelle di tintura che permettono un risparmio idrico. Ma sono costose, e quindi in pochi le affrontano“.

Nel frattempo, la sensibilità dei giovani consumatori cresce: aumenta l’interesse per il vintage, l’usato, l’acquisto consapevole. Piattaforme come Vinted e i negozi second-hand prosperano, segno che le nuove generazioni chiedono un cambio di passo concreto.

“Questa fiera è la dimostrazione che la moda può essere rivoluzionata – ha concluso Viganò – Certo, alcune soluzioni sono ancora sperimentali, non sempre industrializzabili. Ma mostrano la strada. E noi, con i nostri tessuti classici e sostenibili, vogliamo esserci. Ma serve uno sforzo collettivo, non possiamo restare soli”.

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